L'ex sindaco di Torino in conferenza stampa commenta il risultato e si rivolge al suo successore: "C'è tanta strada da fare per imparare ad amministrare. Difficile conciliarsi, è lei ad aver diviso la città". E poi accusa lo staff grillino di girare per gli uffici con i nomi da promuovere e quelli da estromettere
“C’è tanta strada da fare per essere capaci di fare il sindaco”. Con toni dimessi, ma senza usare mezze parole, Piero Fassino attacca la nuova sindaca di Torino, Chiara Appendino. La accusa di aver spaccato la città facendo leva sull’invidia sociale e di aver già fatto dei passi indietro sulle proposte elettorali. Poi attacca Paolo Giordana, funzionario del Comune di Torino, portavoce della Appendino e suo stratega elettorale. “Sarebbe utile che il presunto prossimo capo di gabinetto evitasse di girare per gli uffici con l’elenco di dirigenti da promuovere e quelli da estromettere”. Una notizia questa, spiegano dallo staff dell’ex sindaco, che gira, anche se nessuno avrebbe visto l’elenco.
Intanto difficile riconciliarsi dopo lo scontro. Le sue critiche sono una riflessione maturata lunedì 20 giugno con il suo staff dopo aver letto le prime dichiarazioni dell’eletta a cinque stelle. “Risulta formale dire che si vuole essere sindaci di tutta la città e fare appelli alla riconciliazione quando ha condotto una campagna elettorale facendo leva emotivamente sull’invidia sociale”, spiega Fassino. Ad esempio “il tema delle periferie è stato usato come una clava secondo lo schema ‘Quelli in centro hanno quello che voi non avete qui’. Una falsità”. Perché, continua l’ex sindaco, questi quartieri “non sono la Calcutta dipinta durante la campagna elettorale”. Secondo lui, che per cinque anni ha guidato il capoluogo piemontese colpito dalla crisi industriale e occupazionale e ha sempre minimizzato il malcontento delle periferie, “con l’invidia sociale si spacca e si divide. E ne erano una buona rappresentazione gli scalmanati sotto il palazzo di città”, quelli che a risultato ormai certo si sono accalcati ai cancelli del municipio gridando “Onestà, onestà” e “Fuori la mafia dallo Stato”.
Per questa ragione Fassino dice alla sua rivale che “forse è necessario un cambio di passo”, con maggiore rispetto nei confronti della città intera, delle regole e delle funzioni: “Si deve parlare con tutti quelli che in questa città hanno dei ruoli”, come i rettori delle università, i presidenti della Camera di commercio o dell’Unione industriali e via dicendo. E qui arriva un’altra frecciata: “Quello che lei ha chiamato ‘Sistema Torino’ è il gioco di squadra che si è costruito tra i differenti stakeholder della città”. Non gli è piaciuto l’invito alle dimissioni rivolto da Chiara Appendino al presidente della Compagnia di San Paolo Francesco Profumo: “In tema di meritocrazia, voglio capire da lei se il professore non ha le capacità”, ha detto per poi spiegarle le regole dello statuto della fondazione bancaria sulle nomine. Non solo: “Ha messo a rischio il valore in borsa di Iren perché il presidente (Paolo Peveraro, ex assessore al bilancio cittadino con Sergio Chiamparino, ndr) è nominato dal consiglio di amministrazione”.
La speranza dell’ex sindaco sconfitto è che non venga compromesso quanto lui ha fatto per rendere la città “più moderna, attrattiva e solidale”. “Per farlo Appendino deve cambiare il programma con cui ha fatto le elezioni, non un programma di governo ma di opposizione, fatto solo di “no”. Con quelli non si governa la città”. Intanto ha già notato qualche variazione: “Sono passate poche ore per registrare il cambiamento” sulla Tav, sul reddito di cittadinanza. Ieri la neo-sindaca ha infatti spiegato che non sono materie su cui un sindaco non ha grossi poteri. “In nome della trasparenza deve spiegare”, la incalza. Insomma, tra polemiche e presunte liste dei cacciati, mentre alcuni aggiornano i cv e si preparano a lasciare gli uffici, Fassino si prepara a fare il consigliere comunale d’opposizione. Si preannunciano consigli comunali infuocati tra lui e Appendino, ma a parti invertite.