Lui, un ex terrorista protagonista degli anni di piombo, scontata la sua pena si era rivolto a Google per ottenere la disindicizzazione di dodici pagine web che raccontavano dei suoi trascorsi ma il motore di ricerca gliela aveva negata, costringendolo a rivolgersi al Garante per la privacy.
Lo scorso 31 marzo – ma il provvedimento è stato appena pubblicato nella Newsletter dell’Authority della privacy – è arrivata la decisione del Garante per la protezione dei dati personali che dà ragione a Google e nega all’ex terrorista – le cui generalità sono state mantenute nascoste – l’azionato diritto all’oblio.
“I fatti narrati negli articoli rinvenibili attraverso tali Url – scrive il Garante nel proprio provvedimento – riguardano crimini di particolare gravità (reati di stampo terroristico ed eversivo dell’ordine democratico) per i quali il ricorrente è stato condannato” e “tali informazioni riguardano una delle pagine più buie della storia italiana, della quale il ricorrente non è stato un comprimario, ma un vero e proprio protagonista di spicco ed hanno ormai assunto una valenza storica avendo segnato la memoria collettiva”.
“Nel caso di specie”, pertanto – conclude il Garante – deve “ritenersi prevalente l’interesse del pubblico ad accedere alle notizie in questione e…dichiararsi infondata la richiesta di rimozione degli Url indicati dal ricorrente e tuttora indicizzati da Google.”.
E’ così che il Garante per la privacy si ritrova a difendere anche il diritto di cronaca e quello alla storia a conferma che tra la prima e le seconde non c’è necessariamente quella stridente e, talvolta, urlata conflittualità che spesso si propone come insanabile ed irrisolvibile.
Privacy, oblio, cronaca e storia possono condividere come facce delle stesse medaglie è sempre e solo una questione di equilibrio e di saggia applicazione di principi e diritti che affondano le loro radici nella storia ultrasecolare della nostra civiltà.
Ed è bello osservare come Google – il gigante del web al quale la Corte di Giustizia ha, forse inopportunamente affidato il compito di arbitro dell’oblio e della memoria collettiva – ed il nostro Garante per la privacy, si ritrovino allineati e d’accordo nel decidere ciò che merita di essere dimenticato a tutela dell’identità personale del singolo e ciò che, al contrario, non può essere condannato all’oblio e sottratto alla memoria collettiva perché ne rappresenta parte integrante.
Non può bastare lo scorrere del tempo a cancellare il diritto degli uomini e dei cittadini di conoscere il loro passato e quello di chi, con le sue azioni ed i suoi comportamenti, ha tanto profondamente segnato la storia del nostro Paese.
“La storia non si cancella”, riassume così, nel migliore dei modi possibili, la vicenda l’ufficio stampa del Garante per la privacy, nel proprio comunicato.
E, però, per una vicenda a lieto fine nella quale Google e l’Authority per la privacy si ritrovano dalla stessa parte nel difendere la storia da una minaccia di immeritato oblio, chissà quante ce ne sono – delle quali non sappiamo e non sapremo mai nulla – nelle quali l’oblio prevale sulla storia e la nostra storia si ritrova forgiata, trasformata, modificata per una decisione assunta nel chiuso dell’ufficio di una corporation, davanti ad una qualsiasi delle centinaia di migliaia di richieste di disindicizzazione che arrivano ed arriveranno ogni anno a Google ed agli motori di ricerca.
Cosa sarebbe successo se, in assoluta buona fede ma per errore o, magari, semplicemente per colpa di una scusabile – specie da parte di una corporation americana – ignoranza di una delle pagine più buie del nostro Paese, Google avesse accolto le richieste di disindicizzazione dell’ex terrorista?
Non ci si può non domandarselo, accontentandosi del fatto che, in questo caso, la storia abbia prevalso sull’oblio. E non si può accettare l’idea che la tutela di beni democraticamente tanto preziosi come il diritto all’informazione ed alla storia sia affidata solo ed esclusivamente alle regole ed alle dinamiche di una corporation, non importa con quanta determinazione autenticamente impegnata nella difesa dei diritti e delle libertà dei più.