Il testo, che passa ora al Senato per il via libera definitivo, manda in soffitta la legge di Stabilità che sarà unificata nella legge di Bilancio. C'è anche uno stop alle mance per singoli comparti o categorie, che rientrano però dalla finestra: il governo potrà disporre l'impegno di risorse per misure che finiranno in una "legge mancia" collegata alla manovra
Stop alle “misure microsettoriali”, altrimenti dette mance. Informazioni su quanto lo Stato spende per i contratti derivati. Accanto al Pil, alcuni indicatori di benessere equo e sostenibile forniti dall’Istat, con l’obiettivo di quantificare tra l’altro lo stato di salute della popolazione, il livello di istruzione, la percezione relativa alla sicurezza e l’efficacia della tutela del patrimonio culturale. E l’eliminazione delle famigerate “clausole di salvaguardia“, cioè gli aumenti automatici di imposte inseriti nelle ultime leggi di Stabilità per garantire alla Ue il raggiungimento degli obiettivi di bilancio. Vietato, poi, usare come copertura le risorse del 5 e dell’8 per mille. Sono alcuni dei punti principali della legge di riforma del bilancio dello Stato, approvata mercoledì dalla Camera con 304 sì, 71 no e 25 astenuti. Il testo passa ora al Senato dove dovrebbe essere approvato senza modifiche. Il risultato sarà che a ottobre il governo presenterà un unico documento finanziario, la “legge di Bilancio“, che sostituirà la Stabilità e il ddl Bilancio.
La nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza dovrà essere presentata entro il 27 settembre (invece del 20) per tenere conto anche della seconda notifica Istat sul debito delle amministrazioni pubbliche. Si sposta poi dal 15 al 20 di ottobre la data entro la quale dovrà essere presentato il ddl bilancio. Nel merito, poi, la riforma elimina la previsione delle clausole di salvaguardia oggi comunemente utilizzate. Il Tesoro dovrà tenere sotto controllo gli eventuali oneri determinati dalle misure inserite nella legge. Se prevede scostamenti, dovrà recuperare le risorse mancanti tagliandole dagli stanziamenti del ministero competente. Se non dovesse ancora bastare, interverrà Palazzo Chigi emanando un decreto da approvare in Consiglio dei ministri e inviare alle Camere per provvedere alla “riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa”.
Stop alle mance (ma rientrano dalla finestra) – La prossima legge di bilancio non dovrà contenere norme di delega, di “carattere ordinamentale o organizzatorio”, né “interventi di natura localistica o microsettoriale”, ovvero norme che dispongono la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa contenute nella seconda sezione del predetto disegno di legge. Peccato che all’interno della legge di Bilancio il governo potrà continuare a disporre l’impegno di risorse per quelle misure, che potranno essere poi effettivamente attuate con un ddl collegato alla manovra finanziaria, una sorta di ‘legge mancia‘.
Le risorse del 5 e dell’8 per mille diventano intoccabili – Viene escluso per legge l’utilizzo, a finalità di copertura finanziaria di leggi di spesa, di risorse destinate dai cittadini alla quota statale dell’8 per mille e di quelle derivanti dall’autorizzazione di spesa della quota del 5 per mille che risultino effettivamente utilizzate sulla base delle scelte dei contribuenti.
Trasparenza sulla spesa per i derivati – La seconda sezione del Def dovrà contenere, almeno per il triennio successivo, le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, compreso anche l’ammontare della spesa per interessi nel bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati. Viene poi disposto che l’apertura di conti presso il sistema bancario e postale da parte di amministrazioni dello Stato sia consentita solo se prevista per legge o autorizzata dalla Ragioneria dello Stato su richiesta dell’amministrazione competente, motivata e documentata. Gli interessi realizzati saranno versati all’entrata del bilancio dello Stato e sono previste sanzioni in caso di apertura di conti bancari o postali in assenza di apposita previsione normativa o autorizzazione ministeriale.
Indicatori del benessere – In un apposito allegato al Def, predisposto dal ministro dell’Economia sulla base dei dati forniti dall’Istat, sarà riportato l’andamento, nell’ultimo triennio, degli indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes) selezionati dal Comitato ad hoc istituito presso l’istituto, nonché le previsioni sulla loro evoluzione. Una relazione del Tesoro da presentare alle Camere entro il 15 febbraio dovrà evidenziare l’andamento degli indicatori di Bes sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso. Quando la legge di Bilancio sarà approvata dal Parlamento, il ministero dell’Economia dovrà inviare alle Camera una relazione sull’impatto delle misure adottate sulle politiche di genere.