Il prossimo ottobre compirà 82 anni. Ma nonostante la sua veneranda età, Benito Benedini non ha alcuna intenzione di rinunciare al ruolo di presidente di Fondazione Fiera, l’ente che è il maggior azionista di Fiera Milano spa, ovvero la società di gestione del sito espositivo di Rho. Anzi, è da settimane che Benedini scalpita perché la carica in scadenza gli venga rinnovata. E ora la palla è in mano al governatore della Lombardia Roberto Maroni, che dovrà scegliere un nome sul quale ottenere il consenso del neo sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Tra i papabili non c’è solo lui, ma anche l’ex sindaco di Varese e leghista doc Attilio Fontana, mentre tra i curriculum arrivati sulla scrivania di Maroni c’è anche quello dell’ex presidente di Fiera Milano, Michele Perini. Ma Benedini, che da poco ha lasciato la presidenza del Sole 24 ore, parte con il favore dei pronostici, se è vero come scrive il Corriere della sera che su di lui hanno raggiunto una convergenza Camera di commercio, Assolombarda, Confcommercio e Confartigianato, tutti organismi che entrano in gioco quando si tratta di scegliere i vertici della fondazione.
Una convergenza arrivata nonostante le figuracce che Benedini ha disseminato qua e là negli ultimi tempi. A partire dall’ultima, fresca di campagna elettorale appena conclusa. Perché mentre il presidente di Fondazione Fiera rivolgeva un occhio a Roma, partecipando al pranzo di finanziamento per Giorgia Meloni organizzato a casa Santanchè, l’altro occhio lo teneva ben puntato su Milano. Così da donare 30mila euro per la campagna di Sala e 30mila per quella del rivale Stefano Parisi. Quando l’esito è incerto, verrebbe da dire, meglio prepararsi a qualsiasi risultato elettorale. Dal canto suo, Sala, quando si è saputo dei soldi regalati, ha annunciato che li avrebbe restituiti: “Preferisco che chi fa un versamento per la mia campagna sia dalla mia parte”. Ora è da vedere se Sala sarà dalla parte di Benedini nella partita Fondazione Fiera. Ma le indiscrezioni dicono che l’attuale presidente abbia già ottenuto la non contrarietà di Gianni Confalonieri, che ha seguito tutta la partita dell’Expo per Giuliano Pisapia, tanto da essere stato nominato pochi giorni fa dal governo commissario unico, in sostituzione proprio di Sala. E il suo via libera non è da poco, se si pensa quanto Fondazione Fiera sia legata a doppio filo a quel che rimane dell’esposizione universale. Perché è azionista di Arexpo, la società oggi proprietaria delle aree. E perché è la vecchia proprietaria di parte di quelle aree, e come tale rischia di dovere affrontare le cause che Arexpo ha annunciato per recuperare gli extra costi sostenuti dalle casse pubbliche per le bonifiche.
Tra le figuracce di Benedini ci sono anche i 4 milioni di euro depositati in banche di San Marino e poi scudati. E l’inchiesta della procura di Milano che ha portato alla luce una strana consulenza da 500mila euro, poi finita nel nulla, su cui il grande fornitore Manutencoop si era accordato con la semisconosciuta House Tech, qualora avesse avuto riconfermato da Fiera Milano l’appalto per la manutenzione del sito. Una consulenza che, a seguito dell’esposto dell’ex amministratore delegato di Fiera Milano Enrico Pazzali, ha fatto drizzare le orecchie dei pm, in quanto House Tech, società senza dipendenti, ha come proprietario Carlo Brigada, vecchio amico di Benedini e socio con suo figlio Riccardo e sua moglie Graziella nella Itd srl, presieduta da Benito stesso.
Il quale dall’inchiesta è uscito pulito per quanto riguarda l’induzione indebita (la vecchia concussione), visto che le indagini, portate avanti senza intercettazioni, non hanno consentito – scrive il gip nell’ordinanza di archiviazione dello scorso dicembre – di ricavare “elementi idonei anche solo a delineare le ipotetiche modalità di condotta con cui Benedini stesso avrebbe indotto Manutencoop a dare o a promettere il cospicuo compenso”. E non hanno consentito di “escludere ragionevolmente che nelle intenzioni degli artefici dell’operazione Benedini dovesse essere beneficiario del tutto inconsapevole ed indiretto”. Ma il gip non manca di sottolineare che “il ruolo assunto da Benedini nella vicenda non può dirsi esente da sospetti”, mentre la consulenza ad House Tech viene definita caratterizzata da “elementi di anomalia plurimi e indiscutibili” tali da rendere ipotizzabile la corruzione tra privati, per la quale si può però procedere solo se c’è la querela del danneggiato, e cioè Manutencoop. Che però si è ben guardata dal presentarla.
Tutte figuracce che, secondo l’ex presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo, rendono improponibile la riconferma di Benedini alla presidenza della Fondazione: “Aspetto che il sindaco faccia sapere forte e chiaro che questa candidatura non trova il consenso del comune di Milano. Non voglio pensare che il sindaco voglia ‘steccare’ alla prima apparizione. E si consigli con il Comitato Colombo – Nespor – D’Andrea prima di decidere”.