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Europei Francia 2016, Galles: due o tre cose che so di te

di Matteo Moca per Crampi Sportivi

Il Galles non c’è quasi mai ma nelle sue due partecipazioni a tornei internazionali, quando c’è si è fatto sentire. La prima volta è stata nel lontano 1958 quando, in terra svedese per i Mondiali, il Galles del gigante buono, John Charles, arrivò fino ai quarti di finale, dove però dovette cedere il posto al Brasile dello strabordante Pelé. La seconda partecipazione è invece quella attuale all’Europeo francese, ed anche qui, la nazionale di Chris Coleman, sta facendo male un po’ a tutti, in primis ai propri cugini inglesi, che seppur vincenti nello scontro diretto, hanno perso il primo posto e un cammino relativamente più semplice.

Dopo lo scialbo pareggio con la Slovacchia, in Inghilterra i giornali hanno scritto che i loro leoni sono abbacchiati e poco feroci; se vogliamo fare un paragone zoologico, tutt’altro che rinunciatari sono i dragoni gallesi, forti di un primo posto in cui non sfigurano affatto. Nel suo Manuale di zoologia fantastica, Borges descrivendo il drago dice che c’è qualcosa nella sua immagine, che s’accorda con l’immaginazione degli uomini, e così esso sorge in epoche e latitudini diverse. Il rendimento del Galles dà proprio questa idea, quella di una presenza che nasce e muore continuamente in ogni parte del mondo e che quest’anno ha deciso di presentarsi in terra gallese, di riappropiarsi della sua figura mitica e di spingere i suoi giocatori.

Non è forse elegante da dire, né tantomeno rispettoso nei confronti degli altri giocatori in rosa, ma sin dalla vigilia di questo Europeo (e dal girone di qualificazione, 6 goal su 11, e da ogni partita quando c’è lui), le aspettative della nazionale gallese si sarebbero misurate sul rendimento di Gareth Bale, uno che nel Real Madrid può fare il suo grande lavoro senza prendersi sulle spalle l’intero peso della squadra, cosa che Cristiano Ronaldo fa con molto più piacere. In nazionale invece toccava a lui, e non sta tradendo le pesanti aspettative, con tre goal (anche se due con discrete complicità dei portieri, con pace di un Di Canio stranamente ipovedente su Sky) in tre partite, come Ruud Van Nistelrooy nel 2004. Inutile dire che l’esistenza di questa relazione biunivoca sarà probabilmente l’unico paradigma capace di portare avanti la squadra di Coleman.

In una sua lettera, il poeta e drammaturgo gallese Dylan Thomas scrisse: «Contengo in me una bestia, un angelo e un pazzo». Questa massima potrebbe essere utilizzata anche dal selezionatore Coleman, che nella sua squadra ha un personaggio di ognuna di queste categorie, che sono poi i pilastri su cui si regge il gioco della sua nazionale. La bestia è il capitano Ashley Williams, centrale di difesa arcigno e potente, giocatore dello Swansea di cui è anche capitano, nato in Inghilterra ma poi grazie all’origine del nonno, di nazionale gallese; e quando si fa una scelta del genere tra due mondi rivali come Inghilterra e Galles, coraggiosi lo si è senza dubbio (anche se in campo Williams talvolta esagera nella sua “bestialità”, come nel famoso episodio con Van Persie). L’angelo, si sa, è Gareth Bale, «la creatura bella / biancovestito e ne la facce quale / par tremolando mattutina stella» (Dante non l’ha scritta per lui, ma i tifosi gallesi probabilmente lo vedono così). Il terzo, il pazzo, è Ramsey, che per fortuna non lo è diventato clinicamente dopo la “maledizione” legata alle sue reti, il giocatore che tra le linee può creare fuoco e fiamme, che sembra anche rinvigorito dai suoi nuovi capelli.

Festeggiare per un passaggio storico è più che lecito, la scarica dell’adrenalina, il sorprendente primo posto e il gran gioco fatto vedere contro la Russia, di cui però, senza togliere nulla ai gallesi, nulla si può salvare, sono tutti ottimi motivi. Se poi per festeggiare, il barbuto Joe Ledley, in forza al Crystal Palace, si esibisce in quello che su Youtube è già stata definita come una “sexy dance”, tutto è ancora più genuino.

C’è stato nella storia recente della nazionale gallese, un lutto molto pesante. Si tratta del precedente allenatore Gary Speed, personaggio importante anche come giocatore, secondo per numero di presenze in Premier League dopo Giggs. Speed si suicidò nella sua casa di Chester nel 2011, a soli 42 anni, poche settimane dopo l’ultima amichevole vinta per 4 a 1 contro la Norvegia. Non saranno i sentimenti a far vincere una squadra, ma poiché molti giocatori sono stati allenati anche da Speed, un desiderio di ricordare vincendo il loro precedente allenatore è impossibile non sia presente.

Nel Regno Unito, si sa, si può scommettere su qualunque cosa, e forse più di ogni altra si scommette sul calcio, anche in maniera folle (il recente caso Leicester è abbastanza esemplificativo). E così la nazionale di Bale e soci, oltre ad aver dato un forte scossone al proprio girone, si sono presi anche la briga di dover far lavorare le agenzie di scommesse che hanno dovuto, per forza di cose, rivedere le quote. Si è passati così dalla quota di 80,00 ad inizio europeo per una improbabile vittoria a un 46, 00, altrettanto alto e improbabile, ma tant’è, Ranieri ha fatto vincere tanti soldi.

In Galles, ma non solo, tanto si parla della futura realizzazione di un tracciato per la MotoGp, che già dalla prossima stagione dovrebbe essere attivo. Il primo circuito ad alta velocità del Galles. Ma la velocità, e la corsa più in generale, sono anche le caratteristiche di questa nazionale, che trova in Bale e Ramsey due eccellenti corridori, velocissimo il primo, strenuamente instancabile il secondo. Contro la Russia ieri sera, il neo-biondo aveva corso alla fine del primo tempo, 1 km in più rispetto ai compagni. Se il Galles andrà avanti, sarà proprio grazie a una difesa fisica e chiusa su se stessa e all’appoggio ai due corridori per ripartenze letali (e se Ramsey diventa anche più preciso l’ensemble si farà ancora più pericoloso).

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