Il programma Bela Negara («Difendi la Nazione») era stato lanciato lo scorso anno dalle forze armate per far fronte all'erosione dei valori nazionalisti e inglobare milioni di dipendenti pubblici, medici e studenti in un corpo di difesa civile. Sull'isola più frequentata dal turismo internazionale il training prevede addestramento fisico e introduzione al maneggiamento di armi con il fine di rendere gli elementi più depravati della società "bravi cittadini"
L’Indonesia armerà gangster e disoccupati di Bali contro le “influenze straniere”. È quanto stabilito dal programma Bela Negara (“Difendi la Nazione”) lanciato lo scorso anno dalle forze armate indonesiane – estromesse dal governo con la fine politica del dittatore Suharto nel 1998 – per far fronte all’erosione dei valori nazionalisti e inglobare milioni di dipendenti pubblici, medici e studenti in un corpo di difesa civile. Come spiega Reuters, il nemico da sconfiggere sono le “influenze straniere” intese come comunismo, estremismo religioso e omosessualità. Non a caso il programma ha ricevuto una nuova spinta da quando il presidente Joko Widodo ha avviato un’indagine contro le purghe anti-comuniste del 1965, inimicandosi parte dell’ex giunta militare, fermamente convinta che le purghe fossero giustificate. Negli scorsi giorni oltre 2000 persone, tra adepti del Bela Negara e membri di gruppi islamici, hanno sfilato da una moschea fin sotto al palazzo presidenziale per protestare contro una presunta rinascita comunista. Nel corso della manifestazione bandiere con la falce e il martello sono state date alle fiamme.
Mentre il Bela Negara ha portata nazionale e vanta 1,8 milioni di volontari iscritti, per il momento il training sull’isola di Bali è l’unico a coinvolgere teppisti di strada nell’addestramento fisico e nel maneggiamento delle armi con il fine conclamato di rendere gli elementi più depravati della società “bravi cittadini”. “L’introduzione delle armi ha lo scopo di non annoiare i partecipanti, che così potranno sperimentare cosa vuol dire servire nell’esercito”, ha spiegato Hotman Hutahaean, portavoce del comando militare di Bali. “Sono previsti inoltre la marcia e l’allenamento fisico, almeno così la gente capirà quali sono i diritti e i doveri, specialmente i teppisti che devono essere preparati a diventare bravi cittadini”. Stando a quanto rivelato da Hotman, il piano di formazione per i gangster dovrebbe cominciare ad agosto con una partecipazione di circa 100 nuove leve. Non è, tuttavia, ben chiaro che cosa si intenda per “gangster” dal momento che il reclutamento non può essere esteso a chi ha precedenti penali.
Va da sé che l’iniziativa ha già suscitato diverse alzate di sopracciglio. Per Yohanes Sulaiman, esperto di affari militari, si finirà per dare la possibilità “a giovani con torbidi precedenti di giocare a fare i soldati”. “Armare civili o persino addestrarli in questo modo non è una buona idea, a meno che non lo si faccia in maniera appropriata e nel rispetto di apposite normative, ” ha dichiarato a Reuters l’analista.
Resta inoltre da vedere se la stretta sulle “contaminazioni d’oltreconfine” prevista dal programma avrà qualche ricaduta sull’economia dell’isola indonesiana, una delle mete turistiche asiatiche più gettonate per via delle sue spiagge molto amate dai surfisti e non solo. Lo scorso febbraio, la reazione scomposta delle autorità locali alla notizia delle nozze tra un cittadino americano e uno indonesiano nel lussuoso resort della catena Four Seasons aveva sollevato molti dubbi sul futuro del turismo gay dell’isola, dove l’omosessualità – almeno ufficialmente – non è ritenuta illegale.
Secondo Out Now, società di ricerca, Bali è una delle dieci destinazioni preferite dalla comunità Lgbt nell’Asia-Pacifico e nel Medio Oriente con un giro di affari potenzialmente molto lucroso: a livello mondiale il mercato del turismo gay fa incassi per 200 miliardi di dollari all’anno, più o meno quanto produce il flusso di visitatori in uscita dalla Cina continentale. Un boccone al quale di questi tempi non è facile rinunciare. Tempi in cui la minaccia del terrorismo islamico è tornata ad agitare i sonni di Jakarta dopo anni di relativa quiete.
Oltre novemila funzionari della sicurezza sono stati dispiegati sull’isola dopo una serie di attacchi dinamitardi avvenuti lo scorso gennaio nella capitale indonesiana. Nel 2002 Bali era stata l’obiettivo dell’attentato terroristico più cruento della storia dell’arcipelago indonesiano. Oltre 200 persone, oltre la metà straniere, erano rimaste uccise nel distretto turistico di Kuta, mentre nell’ottobre del 2005 una ventina di persone – tra cui quattro australiani – è deceduta nell’attacco al Jimbaran Beach Resort, situato lungo l’omonima spiaggia. Di entrambi gli episodi è stato ritenuto responsabile il Jemaah Islamiyah, gruppo terroristico legato ad Al Qaeda con base nel Sud-est asiatico.
Dal 2002 a oggi, l’industria turistica di Bali ha registrato un crollo del 32%. Eppure, nonostante le fluttuazioni che hanno interessato varie aree del Paese, complessivamente l’Indonesia ha visto un aumento del numero dei visitatori, saliti a 10 milioni nel 2015 (4 milioni soltanto a Bali) per un giro d’affari pari a 80 miliardi di dollari l’anno.
di Alessandra Colarizi