L'esponente della sinistra del partito: "Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali. Governare è decidere, ma anche ascoltare. Mai più l'intollerabile arroganza del ciaone". Contemporaneamente in Senato la maggioranza è andata sotto su un emendamento al ddl Terrorismo e ora il premier potrebbe essere costretto al dialogo con la minoranza
“Abbiamo votato per togliere l’Imu ai miliardari. Ora diremo no alle cose che non ci piacciono”. La sconfitta elettorale del Pd fa alzare la testa alla sinistra del partito. Alla vigilia della direzione di venerdì 24 giugno al Nazareno a parlare è uno dei principali esponenti di Sinistra Riformista, Roberto Speranza, all’assemblea della corrente. “In questi mesi”, ha detto, “abbiamo spesso votato cose che non ci convincevano, ad esempio per togliere la tassa sulla casa in maniera indistinta, anche ai miliardari. Chiediamo un cambio profondo e diciamo basta. Non siamo più disponibili, sulle questioni sociali si deve invertire la rotta e non c’è più voto di fiducia che tenga. Non siamo più disponibili a sostenere provvedimenti che aggravano le fratture sociali, perché così consegneremo il Paese alle destre e ai Cinque stelle“. La minaccia arriva poche ore dopo che la maggioranza è andata sotto al Senato sul ddl Terrorismo: un segnale di allarme che preoccupa il governo e che potrebbe costringere ora al dialogo con la minoranza del partito su numerose questioni. Intanto il vicesegretario dem Lorenzo Guerini ha subito replicato a Speranza: “Una cosa è invitare alla ricerca della massima sintesi possibile su alcuni provvedimenti, fatto del resto che è un’abitudine in un partito come il Pd. Altra è evocare l’ipotesi di non votare la fiducia al governo. Sarebbe un fatto grave e la negazione del significato stesso di essere un partito”.
La minoranza però questa volta ha dato un messaggio chiaro. Non solo ha respinto l’ipotesi avanzata da Renzi di aprire la segreteria ad un “gruppo politico” con personaggi come l’ex governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani o il presidente della Toscana Enrico Rossi, ma anche chiesto più voce in capitolo su particolari temi che considerano sensibili per la sinistra: “Serve una svolta nell’azione di governo”, ha continuato Speranza, “che non si deve tradurre in posti nei ministeri o in segreteria. Non siamo più disponibili. Si deve invertire la rotta e sulle questioni sociali non c’è voto di fiducia che tenga”. Speranza ha anche condannato la controversa alleanza con i verdiniani in alcune città, prima fra tutte Napoli dove durante e dopo la campagna elettorale non sono mancate le polemiche. “Il passaggio delle elezioni amministrative ha rappresentato il funerale del partito della nazione, che è stato tentato follemente in Comuni importanti. Che angoscia e che rabbia vederci alleati a Napoli con chi tutti i giorni insultava Saviano. Abbiamo visto i risultati e visto che solo il centrosinistra largo, aperto e che non si chiude riesce a vincere. Basta con alleanze improprie e con tentativi di sfondamento a destra: il Pd torni con coraggio a fare il cardine di un nuovo centrosinistra aperto al civismo“.
Poi un messaggio che è evidentemente indirizzato al presidente del Consiglio. “Governare è decidere, ma è anche ascoltare. Si può governare unendo il Paese, invece che dividendolo. E’ più faticoso ma si ottengono risultati migliori”. Per esempio, “basta cogliere ogni occasione per dare calci ai sindacati: è un errore gravissimo che stiamo già pagando a caro prezzo. Speriamo che il tavolo sulle pensioni rappresenti un’inversione vera di tendenza”, ha aggiunto. E “mai più l’intollerabile arroganza del ‘ciaone‘”. E’ un concetto espresso nelle scorse ore anche dal deputato Matteo Richetti, che ha detto che i cerchi magici hanno già rovinato altri leader in passato (da Bossi a Berlusconi). “Non serve un partito megafono di Palazzo Chigi – prosegue Speranza – Non fa bene neanche a Palazzo Chigi. Non basta un modello in cui c’è un leader carismatico che va in tv e tanti comitati elettorali più o meno efficaci sul territorio. Non funziona il doppio incarico. Non ha funzionato la logica dei commissariamenti senza limite. Sono posizioni note”.