Protesta dei lavoratori dell‘Ospedale San Paolo di Milano contro le leggi nazionali e regionali, che, allo stato attuale, stanno sgretolando il servizio sanitario pubblico e peggiorando sensibilmente le condizioni dei dipendenti. Le ragioni dell’assemblea, indetta da tutta la Rsu dell’ospedale milanese e battezzata “Se non ora, quando?”, viene spiegata con dovizia di dettagli da Pino Petita, responsabile dell’Usi – San Paolo: “A livello regionale, , c’è questa famigerata legge Maroni sul riordino dell’aziende sanitarie locali che, di fatto, accorpa intere Asl riducendole a più della metà rispetto a prima. Il risultato è che si hanno grossi bacini territoriali dove la gente per accedere a un servizio deve fare molti km. Il San Paolo verrà aggregato al San Carlo. In questo modo ci saranno molti tagli sui letti e sui reparti, come quello di urologia. E non è finita” – continua il sindacalista – “Verranno trasferiti interi dipartimenti, come quello testa-collo (otorino, oculistica, maxillo-facciale) e sarà ridotto il numero delle camere operatorie, che in estate sono destinate a essere chiuse con la scusa di lavori di ristrutturazione. E’ anche a rischio il reparto di malattie infettive, per la realizzazione del quale ci sono voluti 20 anni, in piena emergenza Aids. C’è anche la neuropsichiatria infantile che non è mai stata aperta e funziona solo come Day Hospital. E intanto abbiamo bambini ricoverati nel reparto adulti di Psichiatria. Una roba proprio inconcepibile“. A questo scenario si aggiungono altre conseguenze discutibili sulla sicurezza dei lavoratori: blocco del turn-over, orari prolungati, ricorso spregiudicato ad agenzie interinali e a cooperative per reclutare risorse nuove. Ma precarie (Video di Agenzia Fotogramma)

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