Ora che come si suol dire “il dado è tratto”, l’opzione più indolore per Europa e Gran Bretagna è quella di recidere il più in fretta possibile ogni legame negoziando a tempo record nuovi accordi. Purtroppo però le opzioni migliori non sono quasi mai praticabili: i tempi saranno inevitabilmente lunghi anche perché nel Regno Unito (per quanto?) si è aperta una crisi politica che terrà in scacco il Paese per tutta l’estate e forse anche oltre, perché non si tratta solo di sostituire il primo ministro ma di avere idee molto chiare sulla direzione da prendere ora che hanno deciso di abbandonare l’Unione Europea. E su questo non sembra che le idee siano molto chiare. La Brexit ha poi (ri)aperto ferite profonde, con la Scozia che non ha affatto condiviso la decisione di uscire dalla Ue (come del resto l’Irlanda del Nord e Gibilterra) e che sembra intenzionata a rivendicare nuovamente la sua indipendenza. Spinte centrifughe che non si limitano naturalmente all’arcipelago britannico.
La vittoria della Brexit ha infatti dato nuova forza ai movimenti antieuropeisti dell’Europa continentale, mettendo ulteriormente a nudo se ce ne fosse ancora bisogno la fragilità e i limiti politici della costruzione europea. Tutto questo si traduce in un’unica parola, che ai mercati non piace per niente e agli speculatori piace invece moltissimo: incertezza. Il venerdì nero, purtroppo, non è che un antipasto e il conto di qui ai prossimi mesi rischia di essere molto salato non solo per gli investitori. Già nei prossimi giorni i mercati potrebbero rimbalzare dai minimi toccati venerdì, ma quando le due maggiori banche italiane (per non parlare delle altre) perdono quasi un quarto della loro capitalizzazione in una sola seduta e la Borsa italiana chiude in calo di oltre il 12%, non si può pensare a un infortunio passeggero dettato dall’emotività e destinato a rimanere privo di effetti sul resto dell’economia.
Il crollo delle borse dell’Europa meridionale (anche Madrid e Atene hanno chiuso malissimo, molto peggio di Londra, Parigi e Francoforte) segnala ancora una volta come la Brexit abbia nuovamente fatto scattare le scommesse contro l’euro che si scaricano soprattutto sulle borse e sui titoli bancari che non godono direttamente della “rete di protezione” stesa dalla Bce e dalle altre istituzioni finanziarie. Il sistema è certamente più forte rispetto allo scoppio della crisi finanziaria del 2008 e il coordinamento tra istituzioni finanziarie e banche centrali ha contribuito (e contribuirà nel prossimo futuro) a limitare gli effetti delle turbolenze finanziarie soprattutto dal punto di vista del rischio sistemico, ma a lungo andare la pressione sulle banche rischia di essere insostenibile e – nonostante tutta la liquidità pompata nel sistema dalla Bce – finirà con il riflettersi sull’economia reale.
Si pensi in un contesto del genere cosa significa per un istituto come Unicredit non aver ancora individuato un sostituto dell’amministratore delegato dimissionario Federico Ghizzoni: a incertezza si somma incertezza per una banca che potrebbe essere chiamata presto a varare un aumento di capitale con un titolo che rischia di sfondare al ribasso quota 2 euro (venerdì ha chiuso a 2,07 euro). Tutto ciò rischia di avere riflessi molto profondi e molto negativi sulla nostra poco florida e dinamica economia a dispetto della liquidità che l’Eurotower immette nel sistema (giusto in pieno venerdì nero ha distribuito 400 miliardi alle banche sotto forma di prestiti di lungo termine a tassi sottozero).
E l’indebolimento dell’euro, che teoricamente dovrebbe giocare a favore della Ue e del nostro export, sembra riflettere invece le attese di un indebolimento complessivo dell’economia, la cui ripresa in questa prima metà dell’anno è parsa molto flebile. L’incertezza sulle sorti dell’euro e dell’Unione avranno inoltre l’effetto di frenare ulteriormente gli investimenti, soprattutto nei Paesi più deboli come l’Italia e la Spagna e anche questo nei mesi a venire si farà sentire sull’economia, così come la probabile frenata dei consumi. Da qualunque parte la si voglia guardare, la situazione appare pessima e poco conta se a subire le conseguenze più pesanti di questo divorzio sarà con ogni probabilità Londra, la cui industria dei servizi finanziari così come il suo status di maggiore piazza finanziaria europea rischia di subire un pesante ridimensionamento già in questa primissima fase (molte banche e istituzioni finanziarie potrebbero avviare a breve il trasferimento di gran parte delle attività in Irlanda e nell’Europa continentale, perché da Londra diverrebbe impossibile vendere prodotti finanziari in ottemperanza alle direttive comunitarie).
Il prezzo del divorzio lo pagheremo da subito anche noi. L’estate si preannuncia davvero calda, con il termometro dei mercati pronto a oscillare violentemente al minimo segnale (questo fine settimana ad esempio si rivota in Spagna, dove da sei mesi non c’è un governo). E da settembre si inizierà a ballare anche al ritmo del nostro referendum costituzionale e poi a quello delle presidenziali americane. E’ evidente che tutto ciò non potrà avere riflessi positivi sulla crescita e parte del conto potrebbe arrivare già con la prossima legge di Stabilità. Resta da capire se tutto questo ci insegnerà qualcosa o se invece, a dispetto dell’evidenza, da noi come in Francia e nei Paesi Bassi si rafforzerà ulteriormente il coro di quelli che vogliono “l’exit” per vedere l’effetto che fa.
Economia
Brexit, per i mercati sarà un’estate bollente. E il conto del divorzio lo pagheranno i Paesi deboli come l’Italia
I tempi per recidere i legami tra Gran Bretagna e Ue saranno lunghi e nei prossimi mesi dominerà l'incertezza. I cui effetti si stanno già scaricando sulle banche e si ripercuoteranno poi anche sull'economia reale. L’indebolimento dell’euro, che dovrebbe giocare a favore del nostro export, sembra riflettere invece le attese di un rallentamento della crescita già flebile
Ora che come si suol dire “il dado è tratto”, l’opzione più indolore per Europa e Gran Bretagna è quella di recidere il più in fretta possibile ogni legame negoziando a tempo record nuovi accordi. Purtroppo però le opzioni migliori non sono quasi mai praticabili: i tempi saranno inevitabilmente lunghi anche perché nel Regno Unito (per quanto?) si è aperta una crisi politica che terrà in scacco il Paese per tutta l’estate e forse anche oltre, perché non si tratta solo di sostituire il primo ministro ma di avere idee molto chiare sulla direzione da prendere ora che hanno deciso di abbandonare l’Unione Europea. E su questo non sembra che le idee siano molto chiare. La Brexit ha poi (ri)aperto ferite profonde, con la Scozia che non ha affatto condiviso la decisione di uscire dalla Ue (come del resto l’Irlanda del Nord e Gibilterra) e che sembra intenzionata a rivendicare nuovamente la sua indipendenza. Spinte centrifughe che non si limitano naturalmente all’arcipelago britannico.
La vittoria della Brexit ha infatti dato nuova forza ai movimenti antieuropeisti dell’Europa continentale, mettendo ulteriormente a nudo se ce ne fosse ancora bisogno la fragilità e i limiti politici della costruzione europea. Tutto questo si traduce in un’unica parola, che ai mercati non piace per niente e agli speculatori piace invece moltissimo: incertezza. Il venerdì nero, purtroppo, non è che un antipasto e il conto di qui ai prossimi mesi rischia di essere molto salato non solo per gli investitori. Già nei prossimi giorni i mercati potrebbero rimbalzare dai minimi toccati venerdì, ma quando le due maggiori banche italiane (per non parlare delle altre) perdono quasi un quarto della loro capitalizzazione in una sola seduta e la Borsa italiana chiude in calo di oltre il 12%, non si può pensare a un infortunio passeggero dettato dall’emotività e destinato a rimanere privo di effetti sul resto dell’economia.
Il crollo delle borse dell’Europa meridionale (anche Madrid e Atene hanno chiuso malissimo, molto peggio di Londra, Parigi e Francoforte) segnala ancora una volta come la Brexit abbia nuovamente fatto scattare le scommesse contro l’euro che si scaricano soprattutto sulle borse e sui titoli bancari che non godono direttamente della “rete di protezione” stesa dalla Bce e dalle altre istituzioni finanziarie. Il sistema è certamente più forte rispetto allo scoppio della crisi finanziaria del 2008 e il coordinamento tra istituzioni finanziarie e banche centrali ha contribuito (e contribuirà nel prossimo futuro) a limitare gli effetti delle turbolenze finanziarie soprattutto dal punto di vista del rischio sistemico, ma a lungo andare la pressione sulle banche rischia di essere insostenibile e – nonostante tutta la liquidità pompata nel sistema dalla Bce – finirà con il riflettersi sull’economia reale.
Si pensi in un contesto del genere cosa significa per un istituto come Unicredit non aver ancora individuato un sostituto dell’amministratore delegato dimissionario Federico Ghizzoni: a incertezza si somma incertezza per una banca che potrebbe essere chiamata presto a varare un aumento di capitale con un titolo che rischia di sfondare al ribasso quota 2 euro (venerdì ha chiuso a 2,07 euro). Tutto ciò rischia di avere riflessi molto profondi e molto negativi sulla nostra poco florida e dinamica economia a dispetto della liquidità che l’Eurotower immette nel sistema (giusto in pieno venerdì nero ha distribuito 400 miliardi alle banche sotto forma di prestiti di lungo termine a tassi sottozero).
E l’indebolimento dell’euro, che teoricamente dovrebbe giocare a favore della Ue e del nostro export, sembra riflettere invece le attese di un indebolimento complessivo dell’economia, la cui ripresa in questa prima metà dell’anno è parsa molto flebile. L’incertezza sulle sorti dell’euro e dell’Unione avranno inoltre l’effetto di frenare ulteriormente gli investimenti, soprattutto nei Paesi più deboli come l’Italia e la Spagna e anche questo nei mesi a venire si farà sentire sull’economia, così come la probabile frenata dei consumi. Da qualunque parte la si voglia guardare, la situazione appare pessima e poco conta se a subire le conseguenze più pesanti di questo divorzio sarà con ogni probabilità Londra, la cui industria dei servizi finanziari così come il suo status di maggiore piazza finanziaria europea rischia di subire un pesante ridimensionamento già in questa primissima fase (molte banche e istituzioni finanziarie potrebbero avviare a breve il trasferimento di gran parte delle attività in Irlanda e nell’Europa continentale, perché da Londra diverrebbe impossibile vendere prodotti finanziari in ottemperanza alle direttive comunitarie).
Il prezzo del divorzio lo pagheremo da subito anche noi. L’estate si preannuncia davvero calda, con il termometro dei mercati pronto a oscillare violentemente al minimo segnale (questo fine settimana ad esempio si rivota in Spagna, dove da sei mesi non c’è un governo). E da settembre si inizierà a ballare anche al ritmo del nostro referendum costituzionale e poi a quello delle presidenziali americane. E’ evidente che tutto ciò non potrà avere riflessi positivi sulla crescita e parte del conto potrebbe arrivare già con la prossima legge di Stabilità. Resta da capire se tutto questo ci insegnerà qualcosa o se invece, a dispetto dell’evidenza, da noi come in Francia e nei Paesi Bassi si rafforzerà ulteriormente il coro di quelli che vogliono “l’exit” per vedere l’effetto che fa.
PERCHÉ NO
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Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato alla Cbs che ci sarà un aumento dei casi di detenzione simili a quello del manifestante filo-palestinese Mahmoud Khalil. "Ogni giorno, ormai - ha aggiunto - approviamo revoche di visti e anche di Green Card".
"Devi fare certe dichiarazioni", ha spiegato a proposito dei non cittadini che arrivano negli Stati Uniti. "Se ci dici, quando fai domanda per un visto, che stai arrivando negli Stati Uniti per partecipare a eventi pro-Hamas che vanno contro gli interessi della politica estera... Se ci avessi detto che lo avresti fatto, non ti avremmo mai dato il visto".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - Hezbollah ha condannato in una dichiarazione gli attacchi americani contro obiettivi Houthi nello Yemen. "Affermiamo la nostra piena solidarietà nei confronti del coraggioso Yemen e chiediamo a tutti i popoli liberi del mondo e a tutte le forze di resistenza nella nostra regione e nel mondo di unirsi per contrastare il progetto sionista americano contro i popoli della nostra nazione", ha scritto in una nota il Partito di Dio.
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi americani in Yemen sono "un avvertimento per gli Houthi e per tutti i terroristi". Lo ha detto a Fox News il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, sottolineando che "questa non è l'amministrazione Biden. Se colpisci gli Stati Uniti, il presidente Trump risponderà. Il presidente Trump sta ripristinando la leadership e la deterrenza americana in Medio Oriente".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Steve Witkoff, ha definito "inaccettabili" le ultime richieste di Hamas in merito al cessate il fuoco a Gaza. Riferendosi alla conferenza del Cairo di inizio mese, l'inviato statunitense per il Medio Oriente ha detto alla Cnn di aver "trascorso quasi sette ore e mezza al summit arabo, dove abbiamo avuto conversazioni davvero positive, che descriverei come un punto di svolta, se non fosse stato per la risposta di Hamas".
Hamas avrebbe insistito affinché i negoziati per un cessate il fuoco permanente iniziassero lo stesso giorno del prossimo rilascio di ostaggi e prigionieri palestinesi. Secondo Al Jazeera, Hamas ha anche chiesto che, una volta approvato l'accordo, i valichi di frontiera verso Gaza venissero aperti, consentendo l'ingresso degli aiuti umanitari prima del rilascio di Edan Alexander e dei corpi di quattro ostaggi. Inoltre, il gruppo ha chiesto la rimozione dei posti di blocco lungo il corridoio di Netzarim e l'ingresso senza restrizioni per i residenti di Gaza che tornano dall'estero attraverso il valico di Rafah.
"Abbiamo trascorso parecchio tempo a parlare di una proposta di ponte che avrebbe visto il rilascio di cinque ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e anche, tra l'altro, il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane", ha detto Witkoff. "Pensavo che la proposta fosse convincente: gli israeliani ne erano stati informati e avvisati in anticipo". "C'è un'opportunità per Hamas, ma si sta esaurendo rapidamente", ha continuato Witkoff. " Con quello che è successo ieri con gli Houthi, ciò che è successo con il nostro ordine di attacco, incoraggerei Hamas a diventare molto più ragionevole di quanto non sia stato finora".
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha scoperto un nascondiglio di armi nel campo profughi di Nur Shams, fuori Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Lo ha reso noto l'Idf, precisando che sono state rinvenute diverse borse contenenti armi, una delle quali conteneva anche un giubbotto con la scritta 'Unrwa'. Le armi confiscate sono state consegnate alle forze di sicurezza per ulteriori indagini.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.