Proviamo per un attimo a fare una riflessione più profonda sul voto nel Regno Unito. Tentiamo di fare un ragionamento culturale che è alla base di tutto. Non ho idea di come si insegni l’Europa ai ragazzi britannici ma se dovessimo andare al voto in Italia su questo tema ho la sensazione che il risultato delle urne sarebbe identico a quello degli inglesi. Dall’altro canto chi si sente europeo? L’identità europea non è stata costruita.

Provate ad entrare in una classe di quinta o quarta di una scuola primaria e fate il nome di Altiero Spinelli: nessuno sa chi è quest’uomo. Quando si insegnano le regioni arrivati al Lazio si parla di Ventotene come di una qualsiasi altra isola. L’importante è sapere i fiumi, i laghi, i confini, l’altezza dei monti. Perché parlare di Spinelli, mi dirà la collega che l’altro giorno ha apostrofato don Lorenzo Milani e Alberto Manzi con un “roba degli anni Cinquanta”.

Non solo. Provate a chiedere ai nostri ragazzi che cosa si festeggia il 9 maggio? Pochi sanno che è la festa dell’Europa. Forse qualcuno sa che l’inno ufficiale dell’Unione europea, adottato nel 1972, è costituito da un brano del movimento finale della Nona sinfonia composta nel 1824 da Ludwig van Beethoven. Ora prendete in mano un libro di geografia della scuola primaria: di Europa si parla in una ventina di righe a dir tanto. Nulla di più. I nostri ragazzi non si sentono europei perché non abbiamo trasmesso la cultura europea. Nei giorni scorsi tra le vecchie cartine geografiche della mia scuola ne ho trovata una con i diversi continenti perché qualche decennio addietro già alla primaria si affrontava questo tema.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di tornare a fare geografia sociale fin dalla scuola primaria: dobbiamo far comprendere ai nostri ragazzi il valore dell’essere europei, dobbiamo studiare con loro la storia dell’Europa, comprendere i motivi della nascita dell’Unione Europea, discutere magari con gli studenti della scuola secondaria le criticità ma a partire dalla conoscenza. Anni fa portai un gruppo di studenti di un istituto professionale proprio a Bruxelles al Parlamento Europeo perché comprendessero con i loro occhi il valore di questa istituzione.

Gli stessi nostri “europarlamentari” hanno una grave responsabilità: sono fantasmi che “viaggiano” tra Bruxelles e Milano o Roma. Chi li conosce? C’è forse qualche studente delle scuole superiori che ha mai incontrato un europarlamentare a scuola? Pochi. Troppo pochi. Il voto nel Regno Unito richiama ciascuno di noi, soprattutto chi entra ogni giorno in una scuola, ad una chiara responsabilità: insegnare l’Europa. Pena l’inizio di una lenta ma vicina disgregazione dell’Europa.

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