Il Tesoro prova a rassicurare gli investitori sul potenziale impatto della Brexit sull’economia italiana, parlando di “effetti limitati”, ma gli addetti ai lavori fanno già i calcoli per capire quanto costerà alla Penisola l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Mentre piazza Affari sprofonda, come tutti i listini europei, Intesa Sanpaolo stima che il nostro export potrà calare fino a 3 miliardi, mentre la società di consulenza Prometeia indica in 1 miliardo il contraccolpo sul made in Italy. Non a caso, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha tentato di gettare acqua sul fuoco con lo slogan “Don’t panic”.

Il Tesoro: “Effetti limitati sull’economia italiana” – Il ministero dell’Economia, dopo la riunione del comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria presieduta dal ministro Pier Carlo Padoan ha diffuso un comunicato in cui definisce “comunque limitati” gli effetti dell’uscita del Regno Unito sull’economia reale italiana. “La solidità dei fondamentali delle imprese tornerà presto a prevalere sulla volatilità dei mercati finanziari”, continua la nota. Il ministero sostiene che “i fondamentali del sistema bancario“, affossato in borsa dalle vendite, “restano solidi”, e che “l’operatività dei mercati finanziari prosegue secondo le normali modalità“. E aggiungendo: “Il mercato dei titoli di Stato è stabilizzato dai programmi della Banca centrale europea e dal percorso di aggiustamento delle finanze pubbliche perseguito dal governo”.

Boccia: “Don’t panic, è ora di reagire” – “Confindustria dice don’t panic – ha commentato a caldo Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria – è evidente che gli effetti ci saranno ma i fondamentali dell’Ue sono a posto. E’ ora di reagire”. Secondo il numero uno di Confindustria Puglia, Domenico Favuzzi, la fase di stallo sugli investimenti potrebbe durare “anche 12-18 mesi”. L’omologo di Confindustria Genova, Giuseppe Zampini, ha invitato anche lui a “mantenere la calma” ricordando che “la fuoriuscita della Gran Bretagna non sarà certo immediata, richiederà del tempo, il voto attuale dovrà tradursi in leggi e regolamenti“.

Intesa Sanpaolo: “Calo dell’export fino a 3 miliardi” – L’effetto Brexit sull’Italia potrà comportare nella peggiore delle ipotesi “un calo delle esportazioni fino a un valore massimo di circa 3 miliardi”. E’ quanto sostiene il chief economist di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice, ricordando che l’Italia esporta verso il Regno Unito il 7% del proprio export, pari a circa 22 miliardi di euro. De Felice ricorda quindi che “la trasmissione per l’Italia avviene in tre modi: la minore crescita inglese, la svalutazione della sterlina e la maggiore avversione al rischio che si sta manifestando con forza sui mercati finanziari”. Mentre sui primi due punti l’impatto economico “è limitato”, le conseguenze sui mercati “sono legati alle capacità di reazione politica da parte del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europeo”. E gli effetti finali “potrebbero essere paradossalmente positivi”, ma solo se si avvierà “un processo di ripensamento di alcune norme relative alle politiche di bilancio europee”.

Prometeia: “Colpiti soprattutto alimentare e moda” – Secondo la società di consulenza Prometeia, l’uscita dalla Ue potrà comportare l’introduzione di dazi sul mercato britannico, per la prima volta da 40 anni: anche ipotizzando tariffe contenute, il dazio medio applicato alle imprese italiane dopo Brexit potrà essere superiore al 5% del valore esportato. Immaginando che le imprese italiane mantengano invariati i prezzi in euro facendosi carico del dazio, l’operazione potrà costare nel complesso più di 1 miliardo di euro, solo lo 0,25% dell’export italiano nel mondo. Prometeia stima che i comparti più penalizzati potranno essere le imprese dell’alimentare, che potranno perdere 450 milioni di euro (il 14% delle proprie vendite sul mercato) e la moda, oltre 200 milioni di euro (il 9% di quanto esportato). La svalutazione della sterlina, aggiunge Prometeia, potrà rappresentare per l’offerta italiana un rilevante, seppur temporaneo, svantaggio competitivo, agendo sulla competitività italiana sia sul mercato britannico (rispetto ai produttori nazionali) sia in paesi terzi dove le imprese italiane e britanniche competono più intensamente.

Coldiretti: “Regno unito primo mercato per l’export di spumante” – Uno dei settori più allarmati dalla Brexit è quello della viticoltura. Secondo Coldiretti la Gran Bretagna è diventato il primo mercato mondiale di sbocco per lo spumante italiano, con un incremento del 38% di bottiglie vendute nel primo trimestre di quest’anno. Per il vino in generale – sottolineano a Federvini – invece è il terzo mercato. A soffrire però è l’intero comparto agricolo. L’Inghilterra, con i suoi 3,2 miliardi di euro di controvalore, è il quarto mercato di sbocco estero dei prodotti italiani, a fronte di un flusso contrario di appena 701,9 milioni.

Farm Europe: “Italia risparmierà 1 miliardo di contributi a Ue” – In controtendenza l’analisi elaborata da Farm Europe, think tank di Bruxelles esperto di sfide dell’agroalimentare: il voto pro-Brexit avrà anche effetti positivi, almeno per le casse pubbliche. L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue farà infatti risparmiare a Italia e Francia il versamento di contributi annui che nel 2014 sono stati pari a un miliardo di euro per Roma e 1,4 miliardi per Parigi. I due Stati infatti si fanno carico della parte più consistente dello cheque che ogni anno Londra riceve dall’Ue come rimborso per i minor benefici che trae dai fondi agricoli europei. Uno sconto che incide fortemente sul contributo del Regno Unito al bilancio comunitario.

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