Cultura

The Floating Piers, l’opera di Christo secondo Philippe Daverio: “Una baracconata. Alternativa alla sagra della lumaca gialla”

Daverio è un feroce critico dell’opera di Christo almeno quanto il collega Vittorio Sgarbi (“un pontile verso il nulla”). “Le sue prime opere negli anni sessanta furono innegabilmente interessanti – ha detto Daverio – ma poverino Christo è afflitto dal problema dell’avanguardia e l’avanguardia è sempre uguale, la definirei l’avanguardia “impiegatizia"". Di Christo ne pensa più che bene Achille Bonito Oliva: "Ho un rapporto di affetto con lui"

di Davide Turrini

The Floating Piers da oggi si può visionare anche dallo spazio. L’accostamento rapido della stessa porzione di lago d’Iseo in tre mesi differenti durante la preparazione dell’installazione di Christo mostra l’emergere di tre righe arancioni, artificio umano nello spazio naturale, ultima risultante di una “land art” che dopo parecchi anni torna a “colpire” l’Italia. Mugugni, apprezzamenti, ditirambo, ma soprattutto migliaia di persone in coda per ore, comitive bloccate già alla stazione di Brescia, materiali dell’opera che si stanno usurando prima del tempo, l’ultimo lavoro del 78enne artista americano di origine bulgara non fa passar giorno senza che se ne parli. Sull’afflusso di 270mila spettatori che in pochi giorni hanno invaso la passerella firmata da Christo, e che sembra abbiano prodotto un’usura dell’opera che è pari a quella che l’artista immaginava solo a metà dell’esposizione, cioè tra qualche giorno, si è espresso perfino il prefetto di Brescia, Valerio Valente: “Stiamo valutando, anche su richiesta della stessa organizzazione, una chiusura permanente notturna, perlomeno nelle ore che vanno da mezzanotte alle sei”.

Per me non è altro che una semplice baracconata. Come quando si facevano le fiere paesane. The Floating Piers ha sì una funzione aggregante, ma non è altro che un’alternativa spiritosa alla sagra del ravanello o della lumaca gialla”, spiega al FQMagazine Philippe Daverio, feroce critico dell’opera di Christo quanto il collega Vittorio Sgarbi (“un pontile verso il nulla”). “Le sue prime opere negli anni sessanta furono innegabilmente interessanti – continua Daverio – ma poverino Christo è afflitto dal problema dell’avanguardia, l’opposto di Pablo Picasso che non aveva questa malattia e che infatti cambiava modo di fare ogni tre mesi: l’avanguardia è sempre uguale, la definirei l’avanguardia “impiegatizia”. Oltre la fine degli anni settanta il lavoro di Christo non voleva dire più niente”. E ancora: “Oltretutto il suo è un modo di lavorare sui luoghi che da noi non ha gran significato. Se robe del genere non le ha mai installate sul lago di Costanza o Ginevra ci sarà un motivo. Forse perché lì sono più avanti e non gliene frega più niente. Christo è un uomo anziano non un trentenne, ha fatto il suo tempo, non ha più energia propria”.

Di Christo ne penso più che bene. Fui io nel 1973 a fargli impacchettare Porta Pinciana a Roma, all’interno di una grande mostra contemporanea di arte cinema teatro musica in un garage appena costruito dall’architetto Moretti”, racconta Achille Bonito Oliva. “Ho un rapporto di affetto con lui avendolo seguito fin dai tempi del Nouveau Realisme, quando a Parigi fece un “barrage” sbarrando una strada nella capitale. Le sue opere sono un intervento diretto nella realtà e nelle cose. Questa sul lago d’Iseo è inoltre una mega installazione che ha anche un taglio ecologico: permette una promenade sull’acqua. Non solo Christo ha camminato sull’acqua, ma in realtà è anche il pubblico dell’arte contemporanea che può fare questo miracolo, rapportandosi direttamente con la natura”.

“Osservo da una certa distanza tutta questa marea di persone che sta andando in massa al lago d’Iseo per Christo come fosse, lo dico ironicamente, un pellegrinaggio in un santuario”, spiega l’artista sardo Cristian Chironi, che nella primavera 2015 ha lavorato per un mese negli appartamenti di Le Corbusier al Padiglione Esprit Nouveau di Bologna poi nell’appartamento-studio in rue Nungesser et Coli a Parigi. “Proprio mentre ero in residenza i turisti giapponesi che entravano si mettevano in relazione con lo spazio visitato con l’unica mediazione del click della macchina fotografica, invece che chiedersi dove erano, cosa stavano guardando, se potevano toccare un muro. Tutto è mediato da qualcosa, e non vorrei che tv e media amplificassero questo spostarsi in massa sulle Floating Piers. Detto questo Christo non è in discussione, è stato un grande, ha imposto nuove abitudini e spunti di riflessione agli spettatori. Ad esempio il fatto che l’opera non finisce dove pensi che sia finita, ed è questo concetto che a me come artista stimola di più”.

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