La storia di un'acquirente che, dopo aver lamentato la scarsa qualità di un prodotto comprato sul sito di e-commerce, è stata rimborsata ma si è vista tempestare di email perché modificasse il giudizio espresso online aumentando il punteggio dato al fornitore. Il gruppo Usa: "Rivolgetevi al nostro servizo clienti"
Cosa non si farebbe per una stella. Lo sanno bene i venditori che pur di ottenere il punteggio massimo (vale a dire 5 stelle) delle recensioni sul proprio prodotto su Amazon finiscono per diventare molesti nei confronti dei clienti. Come è accaduto alla signora Sarah che ha raccontato a ilfattoquotidiano.it la sua disavventura. La scorsa settimana ha acquistato sul sito del gruppo dell’e-commerce un set di matite colorate (è una pittrice professionista e si occupa di arteterapia) ma, una volta arrivate a casa, si è accorta che qualcuna era rotta e che la qualità delle mine non era soddisfacente. Giudizio che ha deciso di riportare nelle recensioni, assegnando al prodotto due stelle, “perché delusa da matite spacciate come professionali”.
Del resto, è indiscusso il ruolo che hanno queste valutazioni per il più noto negozio online italiano: sono lo strumento attraverso il quale gli acquirenti, che sono alla ricerca di un prodotto senza avere già in mente una marca o un modello specifico, vengono guidati all’acquisto affidandosi ai giudizi espressi da quanti hanno già acquistato prima di loro. E proprio il punteggio medio delle recensioni può far propendere per un prodotto piuttosto di un altro.
Il rimborso e la richiesta di aggiornare “in termini positivi” il giudizio – Fino a che punto, però, si possono spingere i venditori per accontentare i propri clienti insoddisfatti? La signora Sarah lo scopre un paio di giorni dopo aver lasciato la recensione, ricevendo una mail dal servizio clienti del fornitore. “Siamo molto dispiaciuti che qualche matita si sia rotta, il prodotto è facilmente deteriorabile durante la spedizione”, scrivono. Per poi aggiungere: “Al fine di riparare al danno, le proponiamo un rimborso della metà del prezzo. E, qualora ritenesse il nostro servizio soddisfacente, le saremmo grati se spendesse un minuto del suo tempo per aggiornare in termini maggiormente positivi la sua recensione”. Poche ore dopo Sarah risponde di “apprezzare il rimborso e che sarà sua premura segnalarlo nelle recensioni”. Nulla da eccepire: la prontezza del call center e il gesto del rimborso vanno premiati, pensa Sarah. Che, tuttavia, dopo un paio di giorni riceve una nuova mail dal call center: “La ringraziamo di averci risposto, le comunichiamo di averle rimborsato la metà della somma spesa. Le saremmo grati se potesse aggiornare la sua recensione e la votazione di stelle”. “Ma come?”, si chiede Sarah che ha già segnalato la correttezza del venditore portando a tre il numero di stelle e scrivendolo chiaramente nella recensione.
“La preghiamo di migliorare la recensione o eliminarla” – La signora lascia però correre, sapendo di aver rispettato quel piccolo patto tra cliente e fornitore. Non deve, però, averla pensata così il venditore che, pochi giorni dopo, torna all’attacco con una nuova mail (e sono quattro) in cui tuona: “Ci dispiace tanto per il disturbo, la contattiamo di nuovo per la recensione negativa delle matite colorate. Le abbiamo rimborsato una parte di soldi per risolvere il problema, ma lei ha aggiornato la sua recensione da 2 stelle a 3 stelle, che rappresentano ancora una recensione negativa. Potrebbe gentilmente aggiornare di nuovo la votazione di stelle?”. Aggiungendo: “Nel caso non volesse aggiornarla, la preghiamo di eliminare la sua recensione”. A questo punto, per poco Sarah non cade dalla sedia e decide di rispondere subito per le rime: “Il fatto che mi abbiate rimborsato i soldi non vuol dire che le matite siano di buona qualità e non ho intenzione di migliorare la mia recensione più di quanto abbia già fatto né di cancellarla. Siete comunque liberi di bloccare il pagamento”. Una risposta talmente chiara ed efficace che al fornitore di matite, nella quinta mail che ha inviato alla signora, non resta altro che rispondere: “Non abbiamo intenzione di bloccare il pagamento. Vogliamo solo risolvere il suo problema e soddisfarla”.
Amazon: “Basarsi sulle recensioni verificate” – Amazon Italia, contattata da ilfattoquotidiano.it, ha spiegato che tra le regole basilari dell’e-commerce c’è l’attenzione al cliente, definita “customer obsession“. Tanto che il caso della signora Sarah è stato giudicato “effettivamente anomalo”, anche se non paragonabile con lo scandalo che lo scorso anno coinvolse TripAdvisor per le false recensioni di albergatori e ristoratori.
Visto che anche Amazon adotta una politica aggressivamente social che punta tutto sulle stelline e le segnalazioni dei clienti, meglio ricordare la regola aurea sul sito di e-commerce dove sono previste due tipi di recensioni: quelle “verificate”, cioè scritte da parte di chi ha realmente effettuato l’acquisto nel sito (e quindi consigliabili) e tutte le altre rilasciate da quanti hanno preso il prodotto altrove e lo vogliono comunque recensire. Meglio, quindi, non fermarsi solo alla valutazione complessiva. Va prestata attenzione ai giudizi singoli di chi il prodotto l’ha acquistato davvero.
Amazon Italia ricorda, infine, che la cosa migliore da fare nel caso in cui una pratica non andasse a buon fine o si riscontrasse un comportamento aggressivo da parte del venditore è di rivolgersi sempre al servizio clienti di Amazon che facilmente può risalire al carteggio con il venditore, proprio per facilitare la risoluzione di controversie e garantire affidabilità e sicurezza. Tutti i messaggi che vengono scambiano tramite Amazon.it sono, infatti, conservati per due anni.