“La Brexit ha ristabilito l’ordine naturale delle cose. La Gran Bretagna è un Paese transatlantico, non ha niente a che vedere con l’Europa”. Secondo il professor Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea apre scenari preoccupanti non tanto per la perdita di un membro tra i più importanti dell’Ue, ma per come, adesso, sarà gestito il ribilanciamento dei rapporti interni tra i Paesi membri. “Adesso – dice a Ilfattoquotidiano.it – subiremo il dominio senza cuore della Germania”.
Professore, quello di domenica può essere letto come un voto anti-austerity?
È esattamente il punto centrale della campagna elettorale in favore della Brexit. Abbiamo visto le conseguenze di questa politica: l’austerity ha strangolato la classe operaia e il ceto medio, risvegliando in loro sentimenti nazionalisti. Basta guardare i dati sul voto: la maggioranza dei favorevoli a un’uscita dall’Unione Europea vengono dalle città industriali e appartengono a ceti medio-bassi, quelli maggiormente colpiti dall’austerity che, in Europa, prende le sembianze della Germania e del governo di Angela Merkel.
La Gran Bretagna è comunque uno degli Stati meno colpiti dalle politiche imposte dalla Troika…
Perché secondo lei non hanno mai voluto l’Euro come moneta? Sapevano che una moneta senza Stato, e l’Unione Europea al momento non sembra proprio averne le sembianze, è amministrata da tecnocrati, quelli che noi chiamiamo Troika. E comunque, questo voto non ha fatto altro che ristabilire il naturale ordine delle cose. Il Regno Unito è da sempre una nazione transatlantica, non ha niente a che vedere con l’Europa. L’abbiamo sempre voluto coinvolgere per la sua importanza storica e, soprattutto, economica: è la porta d’accesso alla finanza asiatica.
L’uscita di un membro così importante causerà però un ribilanciamento dei rapporti interni all’Ue?
Questa sarà la vera difficoltà da affrontare. La Germania prenderà sicuramente il comando sia internamente, cosa che ha già fatto, sia in politica estera, visto che la Francia è uno Stato in decadenza.
E allenterà la morsa dell’austerity?
Non assumeranno una leadership vera e propria, bensì prenderanno il comando, che è diverso. L’interesse nazionale continuerà a venire prima di quello dell’Unione. Continueranno con la loro politica dell’austerità che colpisce i lavoratori. Vi ricordate cosa hanno fatto alla Grecia? Vi ricordate le parole del Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker? Disse che il voto greco non aveva importanza. Quello tedesco è un dominio senza cuore.
Questo voto ha gettato benzina sul fuoco del nazionalismo e dell’euroscetticismo interno all’Ue. Come si frena questa deriva che potrebbe portare a uno sgretolamento dell’Unione?
Per frenare i nazionalismi si devono riformare le istituzioni europee. In una situazione come quella attuale e con un risultato referendario del genere è normale che i nazionalismi risorgano. Per arginarli serve una ripresa delle forze socialiste che però devono prendere le distanze dal gruppo attuale, rappresentante della finanza internazionale. Stare in Europa così, effettivamente, non ha senso. Servono gli Stati socialisti d’Europa e la fine della politica di austerità. In un momento di difficoltà come questo dobbiamo giocare il carico se vogliamo salvare l’Unione Europea.
Come giudica la gestione del referendum da parte del premier britannico, David Cameron?
Ha gestito la situazione nel peggior modo possibile. Ha indetto un referendum così importante per fini elettorali, durante la campagna non si è mantenuto neutro ma si è apertamente schierato dalla parte del Remain ed è stato ripagato con la stessa moneta. È stato sconfitto da sé stesso.
Ma secondo lei è giusto indire un referendum su un tema così importante e complicato?
Assolutamente no. Il popolo non può votare su tematiche del genere, non ne ha le competenze. Stento a credere alla democrazia parlamentare, figuriamoci su quella diretta. Non si può fare un referendum sulla Brexit.