“Vorrei avere la possibilità di votare di nuovo“. “Sono sotto choc, non credevo che sarebbe successo. Non pensavo che il mio voto per il Leave contasse granché”. “Mi sento male per i miei figli, avrebbero voluto rimanere”. L’hanno battezzato Bregret: è il rimorso di chi giovedì scorso si è espresso per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea ma il mattino dopo, davanti all’esito del referendum, si è pentito della scelta e magari ha pensato di correre ai ripari firmando la petizione – su cui è già stata aperta un’indagine per presunte sottoscrizioni fraudolente – per chiedere un secondo referendum. Perché quella croce sul quadratino accanto al Leave l’ha messa solo per protesta contro il governo Cameron o l’establishment comunitario, credendo che alla fine avrebbe comunque prevalso il Remain. Oppure perché ha optato per l’uscita credendo a promesse elettorali come quella secondo cui i “350 milioni di sterline che Londra versa ogni settimana alla Ue” sarebbero stati girati al National
health service
, il servizio sanitario nazionale. Peccato che poche ore dopo la vittoria della Brexit il leader dell’Ukip, Nigel Farage, abbia clamorosamente smentito la promessa.

“1,1 milioni di Brexiters pentiti” – L’Independent e il tabloid Daily Mail hanno dato ampio spazio ai racconti dei “pentiti”. Raccontando di come scrutatori e addetti ai servizi elettorali abbiano ricevuto telefonate di persone che chiedevano se fosse possibile modificare il voto ex post. O votare Remain, se giovedì si sono astenuti. Questo dopo aver assistito, venerdì, al crollo dei mercati e a quello del valore della sterlina, scesa ai minimi da 30 anni rispetto al dollaro. Il tabloid ha commissionato anche un sondaggio sul tema: ne è risultato che il 7% di quanti si sono espressi per la Brexit è pentito. “Equivale a 1,13 milioni di persone“, scrive il quotidiano, visto che a votare per l’uscita sono stati 17,4 milioni di britannici (contro i 16,1 milioni contrari).

L’ironia sui social e le promesse smentite – Su Twitter si sprecano i messaggi ironici con l’hashtag #Bregret, compresa una falsa scheda elettorale che riporta, come seconda domanda, “lo vuoi davvero?” e tre possibili risposte: sì, “solo se il mio voto non fa la differenza” e “no, non veramente”.

Ma il dibattito su semplificazioni e mistificazioni della campagna elettorale è serissimo. L’ex premier Tony Blair ha detto che la campagna per il Remain ha fallito nel fare capire alle persone che il referendum “non era un voto di protesta contro il governo o l’establishment”. E Farage è nell’occhio del ciclone dopo che, in un’intervista a Itv, ha smentito che i 350 milioni di dollari la settimana che il Regno Unito versa alla Ue saranno usati per il sistema sanitario: una delle promesse chiave della campagna per il Leave (con tanto di cartellone elettorale ad hoc). “Non posso garantirlo e non ho mai fatto tale affermazione”, ha detto Farage. Per ammettere poi, incalzato dalla vote leave campaigngiornalista in studio: “E’ stato uno degli errori della campagna per il Leave”. Ma lui stesso, come rivelato domenica dall’Independent, durante il Bbc Question Time del 9 giugno ha detto che quel denaro sarebbe stato “usato qui, nel nostro Paese, per le nostre persone”, per “ospedali e medici“.

Decine di migliaia di sottoscrizioni “fraudolente” per la petizione che chiede un secondo referendum – Nel frattempo ha superato i 3,2 milioni di firme la petizione che chiede l’indizione di un secondo referendum. Martedì la Commissione sulle petizioni del parlamento di Westminster dovrà esaminarla e decidere se tenerne conto. Ma fa discutere il fatto che decine di migliaia di sottoscrizioni siano arrivate da fuori dai confini del Regno Unito: la Camera dei Comuni domenica pomeriggio ha fatto sapere di averne eliminate “77mila aggiunte in modo fraudolento“. E per questo è stata aperta anche un’indagine. Del resto, come evidenziato da ilfattoquotidiano.it sabato, per firmare bastava autodichiararsi cittadini britannici, senza allegare alcun documento. L’altra pietra dello scandalo è legata al fatto che a lanciare la petizione, oltre un mese fa, è stato paradossalmente un attivista pro Leave, William Oliver Healey, il cui scopo era assicurarsi un’altra chance nel caso il Remain avesse vinto, come prevedevano allora i sondaggi. Healey, sul suo profilo Facebook, ha spiegato che alla luce del risultato del voto di giovedì non è ovviamente più a favore di un referendum bis.

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