Vari sono i fattori e varie le componenti della vittoria della Brexit. Componenti “di destra” e componenti “di sinistra”. Un elemento unificante è tuttavia costituito dall’oggettivo esaurimento dell’iniziale esperimento europeo, inesorabilmente segnato sul piano dei contenuti dalla sua limitata impostazione economicista, sul piano dei poteri egemoni dal predominio della finanza parassitaria e infine su quello del personale politico da mediocri personaggi intenti solo alla tutela dei poteri dominanti e dal perseguimento dei propri particolari interessi di servitori ben remunerati.

Hanno diffuso per anni recessione, disoccupazione, taglio delle spese sociali, umiliazione degli esseri umani e della democrazia. Ora raccolgono quanto hanno seminato.

Non convincono le letture del referendum britannico che vorrebbero attribuire importanza determinante alle paure relative all’immigrazione e alla psicosi da “invasione” diffusa dai partiti xenofobi. Anche queste paure, in effetti, costituiscono a loro volta un effetto delle politiche neoliberali ostinatamente seguite dalle élites politiche europee legate alla finanza. L’elemento centrale è rappresentato dall’insicurezza sul futuro che tali politiche alimentano demolendo ogni diritto e svuotando ogni dimensione collettiva. Nell’organismo sociale indebolito da questi virus si inseriscono poi patologie di ogni genere, fra le quali per l’appunto il cancro del razzismo, ma attenzione a non scambiare le cause con gli effetti.

Questa Europa così com’è non va bene e il popolo di conseguenza la boccia. Davvero sconvolgente la cecità e l’arroganza delle cosiddette élites europee di fronte a tale fenomeno. Esemplare la reazione di un eurocrate doc come Monti. Lungi dal ripensare anche solo in parte la propria catastrofica impostazione costoro vorrebbero abolire il popolo. Sostengono infatti che su questioni di tale “complessità” il volgo incolto e animalesco non avrebbe titoli e competenze per esercitare il proprio potere decisionale. Tale spinta verso l’emarginazione e l’eliminazione del popolo corrisponde del resto all’intima essenza del capitale finanziario oggi egemone. Per produrre i propri profitti enormi ma fittizi quest’ultimo non ha bisogno né di una classe operaia da cui estrarre pluslvalore né di consumatori cui vendere le proprie inesistenti produzioni.

Peraltro le questioni sono molto meno “complesse” di quanto vorrebbe Monti. Al centro della discussione vi è il tipo di Europa che vogliamo. L’Europa reale è antidemocratica, antipopolare e nemica dei diritti individuali e collettivi. Alla stessa logica autoritaria e distruttiva risponde del resto la “riforma” scritta da Renzi sotto la dettatura della JP Morgan ed è noto come tutte le politiche negative e fallimentari messe in atto da Renzi e dai suoi predecessori corrispondano a precisi input dell’establishment europeo.

Non si può pertanto non gioire di fronte a un voto come quello inglese che mettte in crisi questa Europa. Occorre però indicare delle alternative. Quello che si delinea oggi concretamente è il pericolo di mettere definitivamente un punto finale sull’idea stessa di Europa, ridotta nella migliore delle ipotesi a un’area di libero scambio collegata del resto ad altre simili mediante il nefando Ttip. Il ritorno agli Stati nazionali non può rappresentare un’ipotesi adeguata. Occorre invece rilanciare un’idea di Europa del tutto opposta e contraria a quella che è morta nelle urne britanniche. Un’Europa dei popoli, del lavoro e della democrazia. A tale fine bisognerà ripartire dai Paesi mediterranei con i quali abbiamo molto più in comune che con la Germania di Frau Merkel e il suo codazzo di satelliti ammalati di razzismo e disposti a schierarsi contro la Russia seguendo pedissequamente le disposizioni della Nato.

Se vogliamo salvare l’Europa dobbiamo buttare a mare gli eurocrati che da tempo ci conducono verso il baratro. In Italia ciò concretamente significa liberarsi di Renzi infliggendogli la sconfitta definitiva al referendum di ottobre. A tale vittoria occorrerà accompagnare una forte ripresa delle lotte sociali seguendo l’esempio della Francia e la costruzione di un’alternativa politica seguendo quello della Spagna.

Le radici dell’Europa che importa oggi salvare sono quelle delle lotte operaie e popolari dalla Comune di Parigi in poi. Marciscano nella pattumiera della storia gli eurocrati e  i servi della finanza. Il futuro è dei cittadini europei compresi ovviamente quelli delle nuove generazioni e compresi i migranti il cui flusso nessuna politica repressiva e razzista sarà in grado di arrestare.

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