“Papa Francesco ha la mentalità da crociate“. Nuovo violento scontro diplomatico tra il governo di Ankara e la Santa Sede dopo che Bergoglio, durante il viaggio in Armenia, ha utilizzato nuovamente il termine genocidio per definire il massacro di un milione e mezzo di armeni avvenuto un secolo fa per mano dell’impero ottomano. A contestare le parole di Francesco è stato il vice primo ministro turco, Nurettin Canikli. Nel Paese di Recep Tayyip Erdogan, infatti, l’utilizzo della parola genocidio è punito con il carcere. Per questo motivo, negli anni passati, sono stati perseguiti lo scrittore Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura, e il giornalista di origine armena Hrant Dink, ucciso da un ultranazionalista nel 2007.
Immediata la precisazione del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che ha sottolineato che “il Papa non sta facendo crociate, nessuna parola espressa da Francesco durante il suo viaggio in Armenia ha mostrato alcuna ostilità verso la Turchia, piuttosto i suoi discorsi sono stati infusi di inviti all’Armenia e alla Turchia a costruire ponti di pace e di riconciliazione”. Il termine genocidio, utilizzato da Karol Wojtyla nel 2001 e da Bergoglio già nel 2015, compare anche nella dichiarazione congiunta del Papa con il Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II, che ha parlato di “persistente negazionismo” verso questa pagina di storia.
Un duro scontro diplomatico tra la Turchia e il Vaticano si era verificato già un anno fa quando Francesco aveva presieduto nella Basilica Vaticana la messa per ricordare il centenario del genocidio armeno definito anche “Grande Male“. In quell’occasione il Papa non aveva esitato a definire quell’evento come “il primo genocidio del XX secolo“. Un’affermazione che, seppure ripresa esattamente da san Giovanni Paolo II, aveva subito scatenato le ire di Ankara che aveva ritirato immediatamente l’ambasciatore presso la Santa Sede. La riconciliazione tra la Turchia e il Vaticano avvenne soltanto dopo un anno con il ripristino delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Una pagina che ora potrebbe ripetersi nuovamente.
Nel suo viaggio in Armenia, il 14esimo del suo pontificato, Francesco ha sottolineato che “quella tragedia, quel genocidio, inaugurò purtroppo il triste elenco delle immani catastrofi del secolo scorso, rese possibili da aberranti motivazioni razziali, ideologiche o religiose, che ottenebrarono la mente dei carnefici fino al punto di prefiggersi l’intento di annientare interi popoli”. Nell’incontro di preghiera per la pace, culmine della prima visita del Papa nel Caucaso, Bergoglio ha precisato che ricordare “questo immane e folle sterminio” “non è solo opportuno, è doveroso: siano un monito in ogni tempo, perché il mondo non ricada mai più nella spirale di simili orrori”. Un invito rivolto in particolare alle giovani generazioni “a diventare costruttori di pace: non notai dello status quo, ma promotori attivi di una cultura dell’incontro e della riconciliazione. Dio benedica il vostro avvenire e conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh“. Bergoglio, infatti, già vede all’orizzonte il secondo viaggio che compirà nel Caucaso, dal 30 settembre al 2 ottobre prossimi, in Georgia e Azerbaigian.
In Armenia il Papa ha voluto commemorare il genocidio anche con la preghiera al Tzitzernakaberd Memorial, sulla collina della rondini. Nel mausoleo circolare formato da dodici lastre di basalto inclinate, che rappresentano il numero di province che hanno subito il genocidio di un secolo fa, Francesco ha reso omaggio al milione e mezzo di armeni sterminati. “Qui prego, – ha scritto il Papa sul libro d’oro del Memoriale – col dolore nel cuore, perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non dimentichi e sappia vincere con il bene il male; Dio conceda all’amato popolo armeno e al mondo intero pace e consolazione. Dio custodisca la memoria del popolo armeno. La memoria non va annacquata né dimenticata; la memoria è fonte di pace e di futuro”.
Twitter: @FrancescoGrana