La democrazia non può fondarsi sulle bugie, soprattutto quando prova a essere diretta e non rappresentativa. Il voto in Gran Bretagna sta dimostrando quanto è pericoloso chiedere il parere degli elettori su questioni complesse come il rapporto tra Stati e Unione europea senza dare loro gli elementi per formarsi un’opinione completa e indipendente.
Il fronte del “leave” ha vinto: la Gran Bretagna uscirà dall’Ue. Ma ha vinto con le menzogne e ora si scontra con l’inevitabile contraccolpo. L’articolo per il Daily Telegraph di Boris Johnson dimostra che c’è un’unica strategia possibile per sopravvivere al contraccolpo: continuare a mentire, contro ogni evidenza, contro ogni cronaca, qualcuno che ci crede ci sarà sempre.
“Non posso sottolineare abbastanza che la Gran Bretagna è parte dell’Europa e sempre lo sarà. Ci saranno ancora cooperazioni e accordi intensi e crescenti in un gran numero di campi: le arti, le scienze, le università e il miglioramento dell’ambiente. I diritti dei cittadini Ue che vivono in questo Paese saranno protetti e lo stesso sarà per i cittadini britannici che vivono nell’Ue”.
L’unica cosa vera di questo paragrafo è la Gran Bretagna resterà parte dell’Europa, ma soltanto in senso geografico, perché neppure gli elettori britannici manipolati da Johnson possono allargare il canale della Manica. Tutto il resto è falso: gli accordi e le cooperazioni sono incerti, le controparti della Gran Bretagna – da Bruxelles a Washington – hanno detto di non considerare una priorità una Gran Bretagna isolata dall’Ue. Dai progetti di ricerca con fondi europei all’Erasmus, dalla libertà di movimento al divieto di discriminazione, tutto è incerto, tutto dipende dal risultato di un negoziato che si aprirà non prima di tre mesi e si chiuderà dopo anni.
Un dettagliato studio dello European council on Foreign relations spiega le possibili ripercussioni del Brexit sui cittadini britannici, in patria e all’estero. Un piccolo esempio concreto: 11.000 studenti britannici che studiano all’estero oggi pagano le stesse tasse universitarie dei locali (o studiano gratis). Ma le tasse sono più alte per i cittadini di Paesi che non appartengono all’Ue o all’Eea, l’area economica europea. Come fa Boris Johnson a poter garantire tutto questo? Non può, ma per lui non è un problema, gli basta mentire. Tanto ci sarà sempre chi – anche su questo blog – dirà che “il popolo ha parlato” e questo basta per dire che va tutto bene.
Torniamo a Johnson: “Sì, saremo capaci di fare accordi commerciali con le economie in crescita del mondo in un modo che al momento è proibito”. E ancora: “C’è ogni ragione per l’ottimismo: una Gran Bretagna rilanciata, resettata, rinnovata e pronta a impegnarsi in tutto il mondo”.
Questa la propaganda. Poi ci sono i fatti. La Gran Bretagna non ha ancora attivato l’articolo 50 del trattato di Lisbona che avvia i negoziati per la separazione. Più temporeggia, più si irrigidisce la posizione delle istituzioni di Bruxelles e degli altri Stati membri. Il cancelliere dello scacchiere, cioè il ministro dell’Economia, George Osborne ha lasciato intendere che una recessione sarà inevitabile. Con un calo di almeno il 2 per cento del Pil nell’immediato.
La scelta della Brexit si conferma ogni ora di più come un tuffo nell’ignoto. Non c’era un piano B, anzi, non c’era proprio alcun piano. Boris Johnson prova a spiegare che per la Gran Bretagna fuori dall’Ue non cambierà nulla, che sarà una Gran Bretagna uguale a quella dentro l’Unione. Ma se è così, allora, perché votare per andarsene?
Johnson ammette quello che era lo spirito della campagna del “leave”: gli economisti lo chiamano free riding, cioè andare sull’autobus senza biglietto. Gli altri pagano e tu usi gratis un costoso sistema di trasporto pubblico. Se l’intenzione del futuro, possibile, premier inglese è fare l’europeo con i voti degli altri – per parafrasare la nota massima di Stefano Ricucci – allora fanno bene gli altri 27 Paesi ancora membri dell’Ue a fargli capire che così è troppo facile.
E che se gli inglesi hanno scelto di andarsene dall’Unione europea, adesso se ne assumano la responsabilità. Se volevano i benefici della appartenenza al progetto di integrazione europeo, bastava votare “Remain”.