Marco Ferrari, 32enne di Reggio Emilia, da oltre dieci vive a Osaka. Lavora per varie agenzie turistiche che si occupano di tour nei ryokan, le case tradizionali nipponiche, organizza i viaggi e fa anche l’accompagnatore. "I miei coetanei in Italia? Precari e sottopagati"
Mandare curriculum, sostenere colloqui, bussare a tutte le porte per poi sentirsi ripetere la solita frase: “Cerchiamo solo personale con esperienza”. Un finale a cui Marco Ferrari, 32enne di Reggio Emilia, ha assistito tante volte quando da giovane neodiplomato alla ricerca di un lavoro nel settore del turismo, ha provato inutilmente a trovarlo nella sua città. Al punto da decidere di fare le valigie e partire per farsela altrove quell’esperienza, nella speranza di avere più chance di essere assunto al suo ritorno. Alla fine però, prima ancora di fare la gavetta richiesta in Italia, l’impiego dei suoi sogni l’ha trovato in Giappone, dopo nemmeno due mesi dal suo arrivo a Osaka, città dove oggi vive da dieci anni e in cui lavora per diverse agenzie turistiche. “In Giappone nel giro di due mesi ho avuto il posto fisso – racconta a ilfattoquotidiano.it – Chi mi ha assunto ha deciso di premiarmi proprio perché ero giovane, di investire su di me”.
La partenza di Marco risale a quando aveva poco più di vent’anni, dopo la scuola professionale con specializzazione in turismo e un periodo nella vana ricerca di un’assunzione nel suo campo. “Dopo gli studi ho cominciato a portare il mio curriculum in varie agenzie turistiche, anche in quella dove avevo fatto uno stage dopo la scuola – spiega – ma alcune non cercavano nuovo personale, altre richiedevano staff con esperienza. Così ho deciso di partire per perfezionare la lingua inglese e magari cercare lavoro altrove”.
Il progetto iniziale era frequentare un corso di lingua in Australia per un anno, ospite di una famiglia: “Ho fatto un grande investimento per partire, ho speso praticamente tutti i miei risparmi che avevo messo via lavorando per mantenermi durante gli studi”. Quel salto apparentemente nel buio però gli porta fortuna: in Australia conosce la ragazza che poi diventerà sua moglie e un anno dopo Marco si ritrova con lei a Osaka, di nuovo pronto a ricominciare da zero. “Sono arrivato a dicembre del 2005 e a febbraio del 2006 avevo già un lavoro, che faccio ancora adesso – ricorda – Eppure non sapevo il giapponese, ma solo l’inglese, e non avevo più esperienza lavorativa di quando ero partito. A ripensarci ora, al tempo mi ha aiutato anche la mia incoscienza di giovane, ma sono stato molto fortunato. L’agenzia che mi ha assunto ha creduto in me e anche se ero appena arrivato, hanno voluto tenermi con loro per farmi crescere. Adesso sono il più ‘anziano’ dell’ufficio”.
Marco a Osaka lavora per varie agenzie che si occupano di tour nei ryokan, le case tradizionali nipponiche, organizza i viaggi e fa anche l’accompagnatore per gruppi di turisti. “È un modo di lavorare diverso dagli standard moderni che stanno spopolando su internet, perché abbiamo rapporti con i proprietari dei ryokan, che sono persone anziane, a volte anche di 90 anni, molto legate alla tradizione. Per esempio, oltre all’online, usiamo ancora moltissimo il telefono e il fax per le prenotazioni”. Da qualche anno poi, il 32enne gestisce anche una sezione specifica, Emilia Travel, che organizza tour, viaggi studio e scambi culturali per i giapponesi in Italia, e dalla sua pagina Facebook manda quotidianamente video e notizie sul Giappone e sui posti che visita e fa visitare. “Il mio sogno è quello di creare un ponte tra l’Emilia e il Giappone, sto cercando di gettare le basi per questo nuovo progetto”.
La vita a Osaka per Marco è molto diversa dal futuro che tanti suoi coetanei non riescono a costruirsi nel paese che lui si è lasciato alle spalle. “I ragazzi della mia età in Italia hanno sicuramente più difficoltà di me ad andare a vivere da soli, molti di loro sono sottopagati o precari. Io – continua – sono partito quando ancora la crisi economica non era così acuta, ma penso anche che i giovani di oggi facciano fatica a impegnarsi e a mettersi in gioco. I giapponesi riescono a dare un grande esempio in questo. Per esempio nella cucina: studiano, sperimentano, cercano sempre di comprare i prodotti migliori per raggiungere i massimi livelli. E ci sono chef che fanno un’ottima cucina italiana”.
L’inizio anche per Marco non è stato tutto in discesa. “Ci ho messo tre anni per imparare la lingua, studiavo di sera dopo il lavoro e sono andato anche a scuola con i bambini per conoscere le basi. È stato strano, ma molto formativo”. Anche integrarsi con persone di una cultura così lontana da quella italiana è stato tutt’altro che semplice. “Osaka è una città dove la gente è più aperta rispetto al resto del Giappone, ma farsi degli amici giapponesi non è facile perché sono molto chiusi, non usano andare a casa gli uni degli altri. Insomma, sono molto diversi da noi italiani, ci è voluto del tempo”.
Nei dieci anni trascorsi nel Paese del Sol Levante poi, ci sono stati anche grandi momenti di difficoltà, come la tragedia di Fukushima del 2011, che ha colpito soprattutto il turismo provocando anche la fuga di molti immigrati occidentali nei loro paesi d’origine. “Il terremoto del 2011 è stato una batosta – racconta – non veniva quasi più nessuno in Giappone, e quindi nel periodo di tempo libero che si era creato, ho deciso di andare a fare il volontario nelle zone colpite dallo tsunami. È stata un’esperienza molto toccante, ho visto villaggi interi devastati. Ci sono ritornato dopo tre anni, e adesso quei luoghi grazie alle pulizie e alla bonifica sono di nuovo posti bellissimi”.
Marco ora in Italia torna una volta all’anno, anche se in futuro non esclude un rientro definitivo, o una vita a metà tra i due paesi, magari realizzando il sogno di quel lavoro mai trovato nella sua città. “Prima o poi mi piacerebbe tornare a casa e aprire un’agenzia di viaggi a Reggio Emilia – dice – Continuerei a fare il mio lavoro e potrei gestire da lì i turisti tra Giappone e Italia”.