“A furor di popolo”. È così che per qualcuno dovrebbero essere forgiati i palinsesti della Rai, con tifoserie varie, talvolta dotate di piazzole di sparo sulla carta stampata, impegnate a condizionare le scelte dell’azienda in nome di principi d’occasione: democraticità, pluralismo, e quant’altro possa essere buttato in campo. Masanielli del video. Commissari di Vigilanza in pectore. È chiaro che la responsabilità di strutturare l’offerta possono avercela soltanto i responsabili nominati dal vertice aziendale. Con Guglielmi era così che andavano le cose: mai nessun conduttore o autore si sarebbe potuto presentare all’uscio seguito da un corteo di fan, più o meno titolati. Il criterio che guidava le scelte era lineare: si cercava di imbroccare formule di successo e di innovare costantemente, ma si scartava quel che dopo i primi passi anziché crescere calava (era importante il trend, più che la dimensione), specie se il costo, pur nei soberrimi standard finanziari della Rai Tre d’allora, era definibile “elevato”.
Si dirà che Guglielmi era Guglielmi e nessuno dubitava che le decisioni scaturissero dalle sue autonome valutazioni anziché da suggerimenti di politici infastiditi da questo o da quello. Ma i tempi sono cambiati non perché dei “guglielmi” si è rotto lo stampo, ma per la semplice e brutale ragione che Rai e Mediaset non li hanno più cercati essendo nel frattempo diventate un tutt’uno schiacciato sulle rendite giornalistiche e finanziarie del Duopolio, garante in termini strutturali della immobilità delle quote di mercato e aperto alla ospitalità verso il demi monde dei caporali politicanti e dello star system d’accatto.
Così, rispetto a questo mostro di immobilità e potenziale dispotismo, i più svegli, a partire da Santoro, inventarono il “movimentismo televisivo“, tra “terzi poli”, acquartieramenti nella tv di Berlusconi, ritorni diretti o per mano giudiziaria (cose che accadono solo in Italia) in Rai, syndication messianiche, approdo alla nuova La7 (dove ha finito col soffrire, come tutti, della consunzione dei talk show di taglio “epico” dei quali tanti anni prima aveva messo a punto il format). Rispetto a questa storia di alta statura, fa un po’ ridere che ancora oggi ci si accapigli da parte di questo o quel columnist per difendere il posto in video del collega “di destra” oppure di quello “di sinistra” o che si sbertucci il Direttore di Rete di turno tanto per fargli sentire un po’ di fiato sul collo. Intanto, riguardo alle anticipazioni circa i palinsesti che Rai oggi presenterà, l’impressione è che su Rai2 e Rai3 qualche sapore potrebbe esserci. Ma la televisione, come il budino, va assaggiata, e dunque siamo qui ad aspettare l’autunno. Per adesso ci teniamo l’impressione di un tramonto (era ora) di quel “furor di popolo” palinsestaro che ha popolato le cronache televisive degli ultimi venti anni.