La Cancelliera ha escluso la possibilità di sospendere la direttiva sul bail in. D'accordo Coeurè (Bce): "Sarebbe la fine dell’unione bancaria". Al contrario martedì sera Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Ue, aveva garantito: "Per il momento non c'è pericolo, ma faremo di tutto per evitare la corsa agli sportelli". Il premier italiano: "Mai chiesto di cambiare le regole, al contrario di Berlino"
Angela Merkel chiude le porte in faccia a Matteo Renzi e alla sua richiesta di deroghe alle norme europee sulle banche, smentendo quanto affermato poche ore prima dal presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. “Non possiamo ridiscutere ogni due anni le regole del settore bancario“, ha spiegato la cancelliera tedesca. Il governo italiano negli ultimi giorni ha provato a sondare il terreno sulla possibilità di una sospensione del bail in, la normativa entrata in vigore l’1 gennaio di quest’anno secondo la quale a farsi carico del salvataggio degli istituti in difficoltà devono essere azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti con più di 100mila euro sul conto. La ratio della direttiva è evitare ricadute sulle casse pubbliche e di conseguenza sulle tasche di tutti i contribuenti. Dopo la vittoria della Brexit, però, la vulnerabilità degli istituti italiani zavorrati da 200 miliardi di sofferenze lorde piu 90 di veri e propri crediti deteriorati si è fatta sentire: venerdì 24 e lunedì 27 hanno subito pesantissime perdite a Piazza Affari. E secondo Palazzo Chigi il bail in contribuisce a ridurre la fiducia dei risparmiatori nel sistema. Così, stando a quanto è emerso, ha tentato di ottenere un via libera all’iniezione di aiuti pubblici o all’utilizzo, in caso di necessità, di altri strumenti per rafforzare il capitale delle banche e aiutarle a sgravarsi delle sofferenze. Una deroga motivata dalla situazione di stress straordinario causata dall’uscita del Regno Unito dalla Ue.
Dalla cancelliera è arrivato ora un no secco. “Credo che sia stata concessa una certa flessibilità a certi Paesi per favorire la crescita. Guardando soprattutto all’Italia, posso dire che abbiamo adottato diverse soluzioni, ma non possiamo ridiscutere ogni due anni le regole del settore bancario“, perché a livello Ue “abbiamo appena lavorato per avere regole sulla ricapitalizzazione”. L’attuale quadro dell’unione bancaria, ha sottolineato Merkel, “offre la possibilità di affrontare le richieste di ogni stato membro”. Dal forum Bce di Sintra le ha dato manforte Benoit Coeurè, membro del comitato esecutivo dell’Eurotower: “Se le regole sul bail-in vengono tenute in sospeso, allora è veramente la fine dell’unione bancaria (ora in vigore ma senza il pilastro della garanzia unica sui depositi, ndr) come la conosciamo”. E ancora: “Il bail-in e la direttiva sulla risoluzione delle crisi bancarie fanno parte di un pacchetto più ampio di misure volto a migliorare la vigilanza, ad identificare i giusti incentivi e rendere il sistema bancario più sicuro”.
Renzi all’angolo attacca: “Mai chiesto di cambiare le regole” – Di fronte a queste chiusure il premier italiano si è a difeso attaccando: “Non abbiamo mai chiesto di cambiare le regole”, ha sostenuto al termine di un incontro tra i 27 leader Ue (per la prima volta senza David Cameron) a Bruxelles, ricordando che invece “le regole sono state cambiate l’ultima volta nel 2003 per consentire alla Francia e soprattutto alla Germania di superare il tetto del 3%”. Sul fronte bancario, “com’è noto noi abbiamo perduto l’occasione di intervenire in modo strutturale, come ha fatto la Germania, che ha messo 247 miliardi di euro per salvare le proprie banche. L’Italia non lo ha fatto, perché chi stava al governo, i presidenti Berlusconi, Monti e Letta che rispetto, quando si poteva fare non l’hanno fatto”. Quando al governo Renzi, “ha fatto pulizia“, ha detto il premier. “Abbiamo messo il sistema in sicurezza con la riforma delle banche popolari, che se fosse stata fatta 25 anni fa non ci sarebbe stato quel che c’è stato nel nord est (il riferimento è al dissesto di Pop Vicenza e Veneto Banca, i cui azionisti hanno perso quasi tutti i soldi investiti, ndr)”. All’angolo, insieme a Renzi, c’è però anche Juncker, che martedì sera al termine della prima giornata di vertice tra i leader Ue aveva riferito di aver “discusso della questione banche con Matteo Renzi” e promesso: “La Commissione farà di tutto per evitare qualsiasi tipo di corsa agli sportelli“, pur chiarendo che “per il momento non c’è pericolo”. “Dobbiamo garantire in Italia e altrove che il sistema bancario, data la situazione di disagio, sia protetto nel miglior modo possibile”, aveva aggiunto.
Visco: “Useremo tutti gli strumenti” – Il botta e risposta arriva il giorno dopo il solenne “siamo pronti a fare tutto il necessario per garantire la sicurezza dei risparmiatori e dei cittadini” di Renzi e l’auspicio del numero uno della Banca centrale europea Mario Draghi che si “faccia qualcosa” per “la vulnerabilità delle banche”. Anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, dal forum della Bce a Sintra, ha ripetuto: “Useremo tutti gli strumenti a disposizione per sostenere il sistema bancario”, perché “la Brexit è uno choc molto forte e bisogna fare attenzione che non si trasformi in una crisi sistemica attraverso le oscillazioni dei mercati finanziari. La volatilità è molto aumentata ed esistono rischi di contagio“.
Le ipotesi sul tavolo: dalla sospensione del bail in ai Padoan bond – Stando a quanto emerso nelle ultime ore, un piano definito non c’è e sul tavolo ci sono diverse ipotesi. Tutte prevedono deroghe alle leggi europee ora in vigore, con la giustificazione che la Brexit ha determinato una situazione di stress eccezionale per il sistema. Una delle richieste di Roma riguarda la sospensione della normativa sul bail in, quella in base alla quale il salvataggio degli istituti, in caso di crisi, deve essere pagato da azionisti e obbligazionisti e non ricadere sulle casse pubbliche. Si chiede dunque, sostanzialmente, il via libera a aiuti pubblici per gli istituti in difficoltà, nella forma di un ingresso “a tempo” dello Stato nell’azionariato. Un’altra strada potrebbe essere il ricorso a strumenti simili ai Tremonti bond messi in campo nel 2009 per il Monte dei Paschi di Siena: obbligazioni convertibili emesse dalle banche e sottoscritte dal Tesoro – che riceve in cambio un interesse – per essere poi rimborsate. Qualcuno li ha già battezzati “Padoan bond”. Si parla poi di consorzi di garanzia per gli aumenti di capitale capeggiati da Cassa depositi prestiti con il ruolo di garante di ultima istanza.
Baretta: “In una struttura di garanzie servono anche risorse pubbliche” – “La Brexit e le sue conseguenze sono un tema europeo. Non pensiamo che il resto d’Europa sia a posto e l’Italia abbia un problema specifico”, ha detto mercoledì in un’intervista al Corriere della Sera il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. “Il nodo delle sofferenze delle banche italiane era emerso prima della Brexit”. Ma ora “l’obiettivo è definire un contesto comune che faccia da quadro ad interventi specifici consentendo, attraverso un’interpretazione della normativa, stando il più possibile dentro le regole, di evitare crisi o fallimenti di alcuni pezzi del settore bancario europeo, e dunque il rischio di una crisi sistemica“, ha continuato. “I trattati e le direttive sulle banche contemplano misure straordinarie in situazioni di difficoltà. Come per la flessibilità sui bilanci pubblici, ci sono margini di interpretazione”. “Se vediamo il problema dal lato delle banche prevale la logica di Atlante (il fondo finanziato dalle banche che è diventato proprietario di Veneto Banca e Popolare di Vicenza e dovrebbe intervenire anche nello smaltimento delle sofferenze, ndr), di mercato. Ma noi come governo dobbiamo considerare anche la tutela del risparmio e dei risparmiatori. E gestire in una struttura di garanzie anche delle risorse pubbliche è un tema vero”.
Il via libera al decreto banche con i rimborsi automatici per parte degli obbligazionisti truffati – Proprio mercoledì la Camera ha dato il via libera definitivo con 287 sì e 173 no al decreto che regola i rimborsi forfettari all’80% per più della metà degli obbligazionisti subordinati di Banca Marche, Banca Etruria, Carife e CariChieti che hanno visto i propri risparmi azzerati in seguito al decreto salva banche del novembre scorso. Gli altri dovranno far ricorso agli arbitrati. Renzi, da Bruxelles, ha sostenuto che la risoluzione dei quattro istitutu “ha permesso di salvare i correntisti e soltanto una propaganda politica abbastanza vergognosa può dire il contrario: noi siamo il governo che ha mandato a casa i cda. Se poi c’è da intervenire su qualche manager, spero venga fatto con il massimo della chiarezza e del rigore”. Nessun commento sulle polemiche che hanno investito il presidente della Consob Giuseppe Vegas per l’eliminazione degli scenari probabilistici dai prospetti delle obbligazioni subordinate: “La Consob c’è e io la rispetto. Il governo rispetta l’autorità indipendente”, si è limitato a dire Renzi.
Il decreto banche tenta anche di accelerare i tempi per la dismissione dei crediti deteriorati delle banche modificando le norme in materia fallimentare e introducendo nuovi istituti come il patto marciano e il pegno non possessorio. In più prevede il ritorno al Tesoro delle quote della Sga, la società di Intesa SanPaolo creata nel 1997 per il salvataggio del Banco di Napoli e che ora potrebbe essere usata nell’ambito del Fondo Atlante o per creare un secondo fondo Atlante. E poi l’ampliamento dell’operatività del Fondo bancario di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito e misure per la conversione delle imposte differite attive in crediti d’imposta.