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Unicredit, per Mustier la sfida del rilancio. Con nuovo piano industriale e aumento di capitale alla portata dei soci italiani

Sono state soprattutto le fondazioni bancarie a spingere per la scelta del manager, che deve ancora ottenere il placet della Bce. Probabile che il nuovo numero aspetterà almeno settembre per scoprire la carte, vista la fase di instabilità accentuata dalla Brexit

La buona notizia è che finalmente gli azionisti di Unicredit sono riusciti ad individuare il sostituto di Federico Ghizzoni alla guida della banca. C’è voluto più di un mese e l’empasse è costata parecchio visto che il titolo – anche sull’onda delle vendite innescate dalla Brexit – ha sfondato al ribasso quota 2 euro, portando la perdita dall’inizio dell’anno intorno al 70%. Ora la decisione è stata presa, ma l’arrivo (o meglio, il ritorno) di Jeanne-Pierre Mustier in Piazza Gae Aulenti non ha contribuito a riportare il sereno in Borsa, dove le azioni di Unicredit sono state scambiate in ribasso per quasi tutta la seduta salvo una breve fiammata al rialzo a ridosso della nomina e poi un’altra negli ultimi minuti di contrattazioni. Il titolo è riuscito a chiudere la seduta con un rialzo del 2,2%, ma rimanendo ancora al di sotto di quota 2 euro (1,97 euro il prezzo di chiusura).

Una performance che non è certo un gran segnale di fiducia nei confronti del manager francese che, salvo sorprese, si insedierà sulla poltrona di amministratore delegato il 12 luglio. Certo, i problemi da risolvere sono molti e gli investitori attendono con impazienza le prime mosse di Mustier in un contesto di non semplice gestione sia sotto il profilo finanziario, sia sotto quello dei rapporti con gli azionisti di maggior peso, delusi per la performance estremamente negativa fatta registrare dal titolo.

Mustier, il cui curriculum non è impeccabile, deve ancora incassare il placet della Bce prima di potersi sedere sulla poltrona di capo azienda. Difficilmente però Francoforte si metterà di traverso, anche perché a questo punto e in questo clima di sfiducia generalizzata una bocciatura potrebbe avere ripercussioni dirompenti sull’istituto e, potenzialmente, sull’intero sistema bancario (Unicredit è una banca a “rilevanza sistemica globale”). La nomina in sede di consiglio d’amministrazione è stata approvata all’unanimità, nonostante le perplessità di alcuni soci e, in particolare, di Francesco Gaetano Caltagirone.

A spingere per la soluzione Mustier sono state soprattutto le fondazioni bancarie e nei prossimi mesi si capirà meglio se e come si stanno modificando gli equilibri tra i soci che probabilmente dopo l’estate porteranno anche alla nomina di un nuovo presidente e a una nuova governance. Sotto questo profilo molto dipenderà da come verrà affrontata la partita per il rilancio della banca, che è il dossier di gran lunga più importante che il nuovo amministratore delegato si ritrova sulla scrivania. Con ogni probabilità Mustier dovrà mettere a punto rapidamente un nuovo piano industriale, visto che quello approvato lo scorso novembre non sembra dare i frutti sperati, e dovrà fare anche chiarezza sulla questione cruciale dell’aumento di capitale, che sul mercato quasi tutti ritengono ormai ineludibile.

Le dimensioni dell’operazione potrebbero modificare sensibilmente il quadro dell’azionariato di Unicredit che, specie a questi prezzi, è un boccone che fa gola a molti: anche per questo, probabilmente, Ghizzoni aveva scelto di soprassedere cercando di sbrogliare la matassa con tagli, sinergie e cessioni. Difficile immaginare che l’istituto di Piazza Gae Aulenti possa continuare a fare orecchie da mercante alle richieste del mercato, visto anche l’effetto che questa politica ha avuto sul titolo. Più probabile che si arrivi a una soluzione di compromesso, con un aumento di capitale importante, ma il cui impegno resti alla portata dei soci italiani di Unicredit e con un’accelerazione sul fronte delle cessioni, sacrificando magari qualche pezzo pregiato (per l’Italia si parla nuovamente di Fineco) e rivedendo probabilmente l’operazione Pioneer, la cui cessione a Santander pare finita su un binario morto.

Certo, per vendere asset questo non è il momento migliore, così come non lo è per lanciare un aumento di capitale: difficile immaginare che il nuovo amministratore delegato scopra le carte prima della pausa estiva rischiando di compromettere la strategia di rilancio in un momento di forte instabilità accentuata anche dalla Brexit. Più probabile che aspetti almeno settembre, anche per avere più chiaro il quadro e lo scenario generale. E fino ad allora il titolo difficilmente avrà tregua.