La commissione di scoperto di conto, applicata da Intesa Sanpaolo tra il 2009 e il 2012, è una clausola nulla. Lo ha stabilito una sentenza della Corte d’Appello di Torino che ha dato ragione ai correntisti che nel 2013 avevano fatto causa attraverso una class action coordinata da Altroconsumo. Le somme, fino a 1.200 euro di commissioni illegali, dovranno essere restituite. La commissione è illecita perché, secondo i giudici, applicandola si fa rientrare dalla finestra la Commissione di massimo scoperto (Cms) che una legge del 2009 aveva abolito. L’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi l’anno prima l’aveva definita “un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza“.
La Csc, in particolare, andava a sommarsi agli interessi passivi sui conti non affidati andati in rosso, anche quelli di utenti che rimediavano per tempo saldando il debito nel giro di pochi giorni. Due euro al giorno ogni mille euro o frazione di saldo debitore con un massimo di 100 euro a trimestre (esclusi i saldi debitori fino a a 100 euro): questa era la sanzione imposta dall’istituto ai propri correntisti in rosso, adesso dichiarata nulla.
La sentenza tuttavia rischia di avere una valenza puramente simbolica, poiché sono state accolte le istanze di soli sei appellanti, che riceveranno quindi il rimborso delle somme che la banca ha indebitamente incassato. Altri 104 correntisti, pur avendo aderito all’azione collettiva, sono stati esclusi dal risarcimento per il mancato rispetto di un cavillo burocratico: non avevano autenticato la propria firma di adesione alla class action presso un notaio, un atto che – spiega Altroconsumo – sarebbe costato più del rimborso richiesto. Questa formalità tra l’altro era stata espressamente richiesta dal giudice ma non è prevista dalla legge ed è stata la ragione per cui solo così pochi clienti, su decine di migliaia potenzialmente interessati, hanno partecipato alla causa. L’associazione dei consumatori denuncia quindi il rischio che lo stesso istituto delle class action rischi di essere depotenziato da interpretazioni poco flessibili da parte dei giudici.
Anche alla luce di questo precedente, l’associazione invita i correntisti a rivolgersi alla banca per un rimborso della commissione pagata e, in caso di risposta negativa, fare ricorso all’Arbitro bancario e finanziario.