Attacco di una decina di uomini armati in un locale del quartiere diplomatico, decine di clienti tenuti prigionieri. L'ambasciatore Palma conferma al Tg1 il coinvolgimento di nostri connazionali, ma non tra le vittime, come affermato da media locali. Uccisi anche due poliziotti, diversi feriti. Un panettiere italiano è riuscito a scappare. La testimonianza: "Lanciavano ordigni, ma avevano anche pistole e spade"
“Ci risultano sette italiani tra gli ostaggi” ancora rinchiusi nel locale del quartiere diplomatico preso d’assalto al grido di “Allah è grande” a Dacca, capitale del Bangladesh, afferma al Tg1 l’ambasciatore italiano Mario Palma. Da parte degli assalitori, però, “non c’è alcuna volontà di negoziare alcunché”, ha continuato Palma. “E’ una missione suicida, vogliono attuare un’azione molto forte e cruenta in cui non c’è spazio per il negoziato”. Nell’attacco sono rimasti uccisi due poliziotti e si registrano decine di feriti, di cui 11 gravi. Stando al racconto dell’ambasciatore, gli italiani in ostaggio sono imprenditori e commercianti del settore dell’abbigliamento, alcuni residenti nella capitale del Paese asiatico, altri in visita, che stavano cenando insieme al caffè-ristorante Holey Artisan Bakery, frequentato da clientela internazionale. Il nostro rappresentante a Dacca ha inoltre assicurato che tutto il personale dell’ambasciata è al sicuro. La versione online di India Today, fin dalle prime battute aveva riferito di due vittime italiane, diplomatici, ma la notizia non ha trovato alcuna conferma. Tra i sequestrati ci sono anche due coreani e un giapponese. Sin dall’inizio dell’attacco, ha concluso Palma, “abbiamo fatto presente ai vari livelli la preoccupazione del ministro degli Esteri e del governo” perché qualsiasi opzione della polizia tenga in considerazione la sorte degli ostaggi. “Il blitz non sarà immediato, stanno discutendo”.
Un altro italiano, che si era allontanato dai commensali per fare delle telefonate proprio a ridosso dell’irruzione dei terroristi, è riuscito a nascondersi e a fuggire, avvertendo tempestivamente l’ambasciata italiana, ha raccontato Palma. Si è riparato nel giardino ed stato tratto in salvo dalla polizia locale, che lo hanno poi ascoltato. Fin dai primi minuti si era diffusa la notizia che un panettiere nostro connazionale, dipendente del ristorante attaccato, era riuscito a sottrarsi agli assalitori. I clienti – tra i 20 e 60 secondo le stime circolate – tenuti sotto la minaccia delle armi sarebbero diverse decine. Secondo le informazioni che filtrano, i sequestratori non avrebbero mostrato però disponibilità a negoziare. Il contatto, comunque, è stato stabilito, ha riferito un funzionario di polizia al quotidiano Dhaka Tribune, aggiungendo che all’interno dell’edificio ci sono nove uomini armati.
L’assalto è stato rivendicato prima da Ansar Al Islam Bangladesh, articolazione locale del gruppo islamista legato ad Al Qaeda, e poi anche dall’Isis – anche se fra le due organizzazioni jihadiste non corre buon sangue – come ha riferito Amaq, agenzia di stampa del Califfato. Secondo la quale sono 24 gli stranieri uccisi, dato che non trova riscontro altrove.
Secondo le prime ricostruzioni 8-9 uomini armati sono entrati nella bakery e hanno aperto il fuoco al grido di “Allah è un grande”: oltre alle pistole, secondo alcuni testimoni, i terroristi avevano anche bombe (che hanno lanciato nella sala) e spade. Testimoni hanno raccontato che i terroristi hanno aperto il fuoco nel locale in modo indiscriminato. Il ristorante si trova a Gulshan, zona diplomatica della città, e che di solito è ritrovo di stranieri, dipendenti delle ambasciate e middle-class. In particolare la Holey Artisan Bakery si trova sulla Road 79, a 200 metri di distanza dall’ambasciata d’Italia.
“Sono arrivati 28 feriti e due di loro sono morti”, ha detto Miraz Ul Islam, direttore dello United Hospital, che si trova nel quartiere di Gulshan. Secondo i media locali e un testimone consultato da Efe, le vittime sono per la maggior parte poliziotti. Uno di loro era rimasto ferito al momento del primo intervento delle forze dell’ordine e poi è morto all’ospedale. Si tratta del capo della stazione di polizia di Banani (si chiamava Salahuddin Ahmed).
Un impiegato del locale riuscito a fuggire ha raccontato che “cinque assalitori hanno fatto irruzione armati di pistole e machete ed hanno lanciando bombe, al grido di ‘Allah uh Akbar’ (Allah è grande), scatenando il panico tra le persone”. Altri testimoni che sono scappati hanno detto di avere visto “molti corpi a terra”, anche se non hanno potuto sostenere che si trattasse di cadaveri.
Già in serata il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, su Twitter, si era detto “in ansia per gli italiani coinvolti, vicino alle famiglie”, evocando il coinvolgimento dei nostri connazionali. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha abbandonato la serata per il restauro del Colosseo e ha fatto ritorno a Palazzo Chigi, da dove segue la vicenda in contatto con la Farnesina.
Il 28 settembre dell’anno scorso proprio un cooperante italiano, il veterinario Cesare Tavella, era stato ucciso nello stesso quartiere mentre faceva jogging. Puntuale era arrivata la rivendicazione dell’Isis, anche se il governo bengalese si era affrettato a negare legami tra l’assassinio e i jihadisti.