Due tonnellate di terra e centinaia di vite contaminate. Tale è il peso di una fede d’oro. Altreconomia nel dicembre 2015 ha messo in luce le condizioni in cui versano i lavoratori delle miniere d’oro in varie parti del mondo. In Indonesia almeno un milione di persone estrae l’oro dalla terra in condizioni spaventose, scavando con rudimentali attrezzi, respirando esalazioni di mercurio senza alcuna protezione. Il mercurio contamina i corsi d’acqua, avvelena i pesci e le colture di riso e tapioca di cui i minatori si nutrono quotidianamente.
Secondo un rapporto del 2013 dell’Unep (Programma ambientale delle Nazioni Unite) le attività illegali di estrazione dell’oro sono praticate in più di 70 Paesi nel mondo, interessando circa 10 milioni di minatori di cui molti donne e bambini. Questo settore rilascia circa 1.400 tonnellate di mercurio nell’ambiente ogni anno ed è la principale fonte di emissioni di mercurio in atmosfera. Tutti gli esperti sono concordi nell’affermare che è praticamente impossibile tracciare l’oro illegale che viene facilmente messo sul mercato domestico e internazionale.
Ma il problema non viene solo dalle miniere gestite in modo artigianale: in Mongolia da oltre 20 anni le grandi compagnie estrattive contaminano l’acqua che serve ai pastori nomadi per alimentare le loro greggi. In Perù, sesto produttore mondiale, il 20% del territorio è in concessione a compagnie minerarie e gli indigeni lottano contro l’esproprio di ulteriori terre. Il 31 gennaio 2000 tracimò la grande miniera d’oro Esmeralda, ad Auriol, in Romania, e centomila tonnellate di acqua contaminata dal cianuro spazzarono via ogni forma di vita lungo gli affluenti del Danubio.
Ma cosa c’è più prezioso e più crudele dell’oro? Forse solo i diamanti. Nonostante l’embargo, prosegue il traffico illegale di pietre preziose dal Centro Africa e dal Congo, il cui ricavato permette l’acquisto di armi e alimenta sanguinosi conflitti. Secondo le stime presentate dal rapporto Onu, dal 2013 sarebbero 140.000 i carati di diamanti contrabbandati fuori dal paese. Diamanti estratti da schiavi di ogni età.
La principale compagnia diamantifera della Repubblica Centrafricana, Sodiam, ha negato di aver acquistato “diamanti di sangue”, ma Amnesty International ha raccolto testimonianze da commercianti che hanno rifornito la compagnia, consapevoli del fatto che quei diamanti provenivano dalle zone controllate dalle milizie. La seconda compagnia del paese, Badica (già nella lista nera delle Nazioni Unite), insieme alla sua consociata belga Kardiam, ha acquistato ed esportato diamanti dalle zone controllate dai guerriglieri della coalizione Seleka.
Oro e diamanti fanno gola a tutti, senza distinzioni né religioni. Mi è capitato di leggere, tra le pagine di Famiglia Cristiana, una pubblicità sconcertante:
Per i gioielli Humilis sono stati usati solo materiali nobili come l’oro, i diamanti e l’argento, come nobile era l’animo di Francesco, e un design semplice e lineare che vuole richiamare la sobrietà della vita a cui tendere, come quella del Santo.
Certo, come no. Compriamoci un ciondolo d’oro a forma di Tao e un anello costellato di diamanti con inciso il Padre Nostro e d’incanto il nostro animo sarà sobrio e puro come quello di San Francesco. Potere del simbolo. Ritengo che sia ridicolo e fuori luogo pubblicizzare gioielli sfruttando il nome e la figura di un santo che ha vissuto nella vera povertà spogliandosi di tutto quello che aveva.
Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarme e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo […] Perché dov’è il tuo tesoro là sarà anche il tuo cuore (Matteo 6, 19)
La Chiesa custodisce nella terra un tesoro inestimabile, tra lingotti d’oro, azioni e immobili. Dov’è quindi il suo cuore?
Ma come sempre, io credo che il cambiamento venga dal basso: “Comprare oro e pietre preziose solo se muniti di certificazioni fairtrade, oppure riciclare l’oro vecchio recuperato in casa per fare nuovi gioielli, scegliere fedi in noce di cocco, legno o altri materiali poveri, fatti in Italia o certificati dal commercio equo e solidale, e protestare contro le ingiustizie, sono solo alcuni piccoli, fondamentali passi.