Intervista a Enrico Piovesana, collaboratore de ilfattoquotidiano.it, che, con Francesco Vignarca (Rete Italiana Disarmo) e il Movimento Nonviolento, è ideatore del progetto Mil€x, che a novembre punta a pubblicare il primo rapporto annuale. "C'è poca informazione e poco dibattito e di conseguenza poco controllo. Mezzo milione usato per comprare nuove bombe e missili, cacciabombardieri, navi da guerra e carri armati"
“Se vi stupisce il fatto che lo Stato italiano investa ogni ora due milioni e mezzo di euro in spese militari, di cui mezzo milione solo per comprare nuove bombe e missili, cacciabombardieri, navi da guerra e carri armati, allora vuol dire che c’è bisogno di maggiore informazione e di maggiore controllo democratico sulle spese militari nel nostro paese!”. E’ la provocatoria riflessione con cui il giornalista Enrico Piovesana, esperto in materia e collaboratore de ilfattoquotidiano.it, ha lanciato insieme a Francesco Vignarca (Rete Italiana Disarmo) e al Movimento Nonviolento (quello fondato nel 1962 da Aldo Capitini) una campagna per la creazione di un osservatorio indipendente sulle spese militari italiane, che si chiamerà Mil€x e che a novembre punta a pubblicare il primo rapporto annuale sul tema.
Com’è nata l’idea di Mil€x e perché?
In Italia esiste da sempre poca informazione, poco dibattito e di conseguenza poco controllo sulle spese militari. Nessuno sa quanto, come e perché il Governo spenda per la difesa. Nessuno sa che ogni anno si spendono almeno 23 miliardi di euro per le forze armate, di cui cinque solo per compare nuovi armamenti. Quando però di queste cose si riesce a parlare su giornali e tv, com’è accaduto con gli F35, l’opinione pubblica si mostra incredula e indignata e spinge la politica a muoversi. O almeno ci provano i parlamentari più volenterosi, facendo leva sui limitati poteri di controllo che da alcuni anni le Camere sono riuscite a conquistare. Ma ogni volta si scontano con la potente lobby politico-militare-industriale, che fa muro respingendo quella che ritiene un’indebita intrusione in una materia di sua esclusiva competenza.
Qualche esempio?
Qualcuno ricorderà l’inusuale monito dell’allora presidente Napolitano, quando affermò che il Parlamento non doveva immischiarsi nella vicenda F35. O le pressioni della Marina Militare e del Ministero dello Sviluppo Economico sui parlamentari perché approvassero senza discussioni il piano da 5,4 miliardi per comprare una seconda portaerei per gli F35 e altre dieci fregate da guerra, spacciandole per piccole navi ‘umanitarie’ per il soccorso di immigrati e terremotati. Il Parlamento deve approvare senza batter ciglio, come con i 2,6 miliardi dati all’Esercito per comprarsi 381 nuovi blindati Freccia ad un prezzo doppio di quello di mercato.
Perché accade questo?
I vertici militari italiani sono tradizionalmente refrattari a sottoporre questa materia al vaglio del Parlamento e dell’opinione pubblica e anche solo a fornire informazioni chiare e dettagliate in materia di spese militari. La scarsa trasparenza della Difesa nei confronti dei parlamentari, che queste spese dovrebbero approfonditamente valutare e dibattere prima di autorizzare, crea una situazione di voluta opacità funzionale a ostacolare un efficace controllo democratico sulle spese militari, una cortina fumogena dietro la quale si celano grandi affari, scandalosi sprechi e inquietanti intrecci politico-affaristici.
Quali sono le spese militari da tenere sotto maggiore controllo?
La spesa più ingente riguarda il personale, circa 10 miliardi l’anno, e anche qui ci sono aspetti che vanno affrontati e risolti, a partire dall’eccessivo numero e costo degli ufficiali e sottufficiali, che sono più della truppa. Ma la voce di spesa più critica riguarda certamente quella per i programmi di acquisto di nuovi armamenti che si aggira sui 5 miliardi l’anno. Acquisti finanziati in gran parte con fondi destinati allo sviluppo economico del Paese, i tre quarti dei quali finiscono così a sostegno dell’industria bellica nazionale penalizzando altri settori industriali. Si comprano strumenti militari costosissimi destinati a rimanere inutilizzati per mancanza dei fondi necessari alla loro manutenzione e addirittura al loro uso, per cui si ricorre ai fondi per le missioni all’estero, generando un inquietante meccanismo di mezzi che giustificano il fine dell’impegno bellico. Mezzi che, salvo qualche raro utilizzo in missione, finiscono cannibalizzati per i pezzi di ricambio o ad arrugginire in qualche deposito. Il gigantesco cimitero di carri armati di Lenta, nel Vercellese, è l’emblema di tutto questo. Nonostante ciò, lo Stato italiano continua a comprare nuovi armamenti, non secondo effettive esigenze di sicurezza nazionale, ma in base ai desiderata dei vertici militari, a agli interessi dell’industria bellica nazionale e internazionale e a quelli di molti politici che di questi interessi si ergono a garanti.
Ma non si tratta di spese necessarie per fronteggiare l’allarme terrorismo o l’emergenza immigrazione?
Personalmente ritengo che gli F-35 siano inutili per contrastare il terrorismo, anzi, bombardare altri popoli serva solo a fomentare il fanatismo e la violenza. Lavorando anni in Afghanistan ho avuto modo di vedere con i miei occhi l’odio e la sete di vendetta avvelenare il cuore di innocui pastori che avevano perso la famiglia sotto un ‘bombardamento intelligente’ della Nato. Così pure ritengo che la nuova portaerei ‘Trieste’ – abbiamo scoperto che si chiamerà così – e le nuove fregate missilistiche volute da De Giorgi non siano i mezzi più adatti per soccorrere i profughi nel Mediterraneo. Penso anche che non abbia molto senso, a meno di non voler invadere la Russia, spendere 4 miliardi per dotarsi di 630 blindati ipertecnologici comprati a peso d’oro che non verranno mai usati, se non una manciata in qualche missione all’estero al solo scopo di giustificarne l’acquisto.
Quindi Mil€x si pone come scopo politico la riduzione delle spese militari?
Il problema non è l’acquisto di nuovi aerei, nuovi carri armati e nuove navi da guerra, ma le modalità e i criteri con cui tali acquisti vengono fatti, a partire dalla necessità di una corretta e completa informazione al Parlamento su caratteristiche tecniche e costi dell’armamento richiesto, effettiva necessità operativa in termini di idoneità del mezzo e di quantità richieste, possibili alternative valutabili, sostenibilità logistica del programma nel lungo periodo, ecc. Mil€x non è un progetto pregiudizialmente antimilitarista e non si oppone in maniera ideologica alle spese militari, riconoscendo l’esigenza di mantenere efficienti e moderne le nostre forze armate. Il progetto mira tuttavia a rendere trasparenti queste spese, analizzandone con neutralità politica e obiettività scientifica gli aspetti critici inerenti alla loro razionalità, utilità e sostenibilità, in particolare per quanto concerne i programmi di acquisizione di armamenti.
Una sorta di cane da guardia, di ‘watchdog’ come dicono gli americani?
Esattamente. Mil€x svolgerà un servizio pubblico di raccolta, analisi e diffusione di dati e informazioni (notizie esclusive, inchieste, studi, documenti ufficiali, database, analisi dati e fact checking) per contribuire ad accrescere la consapevolezza dei cittadini, dei loro rappresentanti nelle istituzioni, degli operatori dell’informazione e degli attivisti sociali, in modo da rendere possibile un cosciente e informato controllo democratico su una delle più ingenti e politicamente significative voci di spesa pubblica. Mil€x nasce per contrastare quel pericolo solennemente denunciato nel 1961 dall’ex generale Eisenhower al momento di lasciare la presidenza degli Stati Uniti: il potere del complesso militare-industriale che minaccia la nostra democrazia e che, come disse lui, solo un popolo di cittadini allerta e consapevole può riuscire a contrastare in modo che sicurezza e la libertà prosperino assieme.
Avete in programma la pubblicazione di un rapporto annuale?
Sì, riteniamo che sia indispensabile fornire all’opinione pubblica e agli addetti ai lavori un documento aggiornato che offra un’analisi critica e obiettiva della spesa militare italiana. Il primo rapporto, quello per il 2016, lo abbiamo programmato per novembre: è un obiettivo impegnativo, che richiede un lungo, approfondito e complesso lavoro di ricerca e analisi. Il risultato sarà un testo di agevole lettura, ricco di notizie inedite e curiosità, ma anche di dati e statistiche (qui trovate l’indice provvisorio del rapporto, ndr). A questo primo passo, se avrà successo, seguirà la creazione dell’osservatorio vero e proprio e l’avvio delle sue attività, con l’attivazione di collaborazioni in Italia e all’estero con esperti del settore, istituzioni accademiche, centri di ricerca, associazioni attive sulla tematica delle spese militari, organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali.
Chi finanzierà questo vostro progetto?
Per poter lavorare nei prossimi mesi alla realizzazione del Rapporto Mil€x 2016, e per sostenere tutte le spese ad esso connesse, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti coloro che ritengono questo progetto meritevole di sostegno. Quindi, in collaborazione con il Movimento Nonviolento, abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding (qui) alla quale invitiamo a partecipare, ognuno secondo i suoi mezzi, tutti i cittadini, le associazioni, le fondazioni, gli enti locali, gli intellettuali, gli imprenditori e anche i politici di ogni schieramento che condividono il valore civico e l’importanza democratica del nostro progetto. Chiunque ci sosterrà non avrà alcun influenza sul rigore e l’obiettività del nostro lavoro. La campagna di crowdfunding lanciata sul portale di Eppela durerà solo fino all’8 agosto: siamo certi che in tanti sosterranno questo progetto e per questo li ringraziamo fin d’ora.