In Scozia il 62% di chi ha votato al referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea si è schierata dalla parte del Remain. Gli ultimi sondaggi parlano di un Paese con una maggioranza disposta a ribaltare il referendum del 2014 sull’indipendenza, staccandosi così dalla Gran Bretagna. Dopo l’ennesima spaccatura nata dopo il risultato del referendum sulla Brexit, Edimburgo e Londra sembrano ancora più lontane: “Nel 2014 abbiamo votato per rimanere in un Regno Unito parte dell’Unione Europea – dichiara a Ilfattoquotidiano.it Duncan Ross, docente di Economia e Storia Sociale all’università di Glasgow – Oggi siamo di fronte a una situazione completamente mutata e dovremmo poter esprimere la nostra preferenza”. Concetto espresso più volte da primo ministro scozzese, Nicola Sturgeon, che vuol mantenere la Scozia “al suo posto” nell’Ue. “Dal punto di vista giuridico – spiega però Angela Del Vecchio, docente di Diritto dell’Unione Europea alla Luiss “Guido Carli” di Roma, a ilfattoquotidiano.it – Parlamento e Governo scozzese non hanno soluzioni a breve termine per impedire l’uscita della Scozia dall’Unione”.
Primo obiettivo è rimanere nell’Ue. “Più importante anche dell’indipendenza”
Non uscire dall’Unione è diventato l’obiettivo principale degli scozzesi che non possono più distinguere la permanenza nell’Ue dalla separazione dal Regno Unito. Secondo i sondaggi, gli indipendentisti sono in maggioranza a differenza del 2014, quando l’ala unionista riuscì a mantenere il Paese agganciato al Regno Unito. Il referendum sull’indipendenza non è una priorità, ha spiegato Sturgeon, ma “se arriverò alla conclusione che è l’unico modo di proteggere il posto della Scozia in Europa, rivedremo le nostre priorità”. Posizione più moderata rispetto a quella del leader storico dello Scottish National Party, Alex Salmond: “La Scozia vuole restare nell’Unione ed è pronta a un altro referendum per staccarsi da Londra”, ha dichiarato in un’intervista a Il Sole 24Ore.
I pro-Ue sostengono la loro causa sostenendo che, continua Ross, “le persone che hanno votato nel 2014 lo hanno fatto per rimanere in un Regno Unito membro dell’Unione Europea. Questo è stato un aspetto decisivo per determinare il risultato referendario. Oggi, però, la situazione si è ribaltata: rimanere legati a Londra vorrebbe dire uscire dall’Unione Europea”. È per questo motivo che un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese è, dice Ross, “necessario prima dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, per evitare alla Scozia di ritrovarsi fuori dal circolo Ue e proteggere gli interessi sociali ed economici della popolazione. Non credo, però, che nei prossimi sei mesi cambierà qualcosa, visto che ci saranno numerose contrattazioni”.
Principi, quelli espressi dal docente, che sono gli stessi promossi dal primo Ministro scozzese tra i membri delle istituzioni europee e i capi dei vari governi degli Stati membri. Anche l’eurodeputato dello Scottish National Party, Alyn Smith, ha lanciato un appello che ha riscosso molto successo durante una seduta dell’europarlamento: “Non abbandonate la Scozia – ha detto – Noi non vi abbiamo deluso. Ora, vi prego, non lasciateci soli”. E per evitare questo distacco Sturgeon ha subito annunciato la volontà di avviare dei colloqui tra l’Ue e la Scozia, oltre a non escludere l’opzione di un nuovo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito. In questo senso va letto l’incontro di mercoledì tra il primo ministro con il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, e, successivamente, con il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.
Le possibilità di ribaltare l’esito del referendum sono scarse. “Sturgeon fa propaganda”
Se la volontà del popolo scozzese sembra essere chiara, con il 62% degli aventi diritto che hanno votato in favore del Remain e i sondaggi che parlano di una maggioranza disposta a staccarsi dal Regno Unito, secondo Del Vecchio le leggi in vigore escludono quasi totalmente la possibilità per la Scozia di rimanere nell’Unione Europea. “Fino a quando il Paese rimarrà parte del Regno Unito, non sarà possibile per esso rimanere nell’Ue – dice la docente – Servirebbe un nuovo referendum, accettato anche dal governo centrale e, solo in caso di vittoria, l’avvio dei processi di inserimento previsti per tutti gli aspiranti Paesi membri”. Referendum che, tra l’altro, né il premier uscente, David Cameron, né il prossimo primo Ministro potrebbero avere intenzione di concedere.
È così che le parole e i proclami di Sturgeon sembrano perdere di valore. “Quella del primo Ministro scozzese – continua Del Vecchio – non è altro che propaganda che diffonde un messaggio da molti ritenuto di fondamentale importanza ma che non sembra potersi realizzare concretamente. Sa benissimo che un referendum per l’indipendenza e un successivo reinserimento del Paese nell’Ue è un processo che, se fattibile, richiederebbe anni. C’è da aggiungere che la battaglia portata avanti da Edimburgo riguarda anche la possibilità, nel caso di una separazione dalla Gran Bretagna, di sfruttare a pieno le risorse petrolifere del Mare del Nord, senza doverle dividere con tutte le altre regioni del Regno”.
Stessa cosa vale per la minaccia del Parlamento scozzese di mettere il veto sulla Brexit. Un potere che, secondo il capo del governo di Edimburgo, spetterebbe ai deputati dell’Assemblea, anche se non ne specifica le basi giuridiche. Secondo la legge britannica, su alcune tematiche riguardanti la Scozia, il Parlamento britannico deve, per poter procedere e rendere definitiva una decisione, avere il consenso dei colleghi scozzesi. Una procedura che, però, riguarda solo specifiche tematiche tra le quali non rientrerebbe l’uscita dall’Unione Europea.
L’unica speranza di una soluzione a breve termine in favore della causa del governo scozzese risiede nel voto dell’Assemblea centrale. La maggioranza dei membri, secondo le ultime stime, sarebbe in favore del Remain, ma è da molti considerato improbabile che questi ignorino il risultato della consultazione del 23 giugno. “L’ordinamento britannico prevede che certe decisioni spettino all’Assemblea centrale – conclude Del Vecchio – Mi sembra molto difficile, però, che questa si prenda la responsabilità di andare contro il voto popolare”.
Twitter: @GianniRosini