Al novantesimo è finita uno a uno grazie alla rete di Ozil e al pareggio su rigore di Leonardo Bonucci. Poi, dopo i supplementari, ha deciso l'errore di Darmian e il gol di Hector dopo una maratona lunghissima di tiri dagli undici metri. Resta l'ottima prestazione della nazionale di Conte, andata oltre le più rosee aspettative
Una nazionale difficile da dimenticare. Anche se è la prima nella storia a perdere contro la Germania. Resiste fino ai rigori, grazie all’organizzazione tattica e alla voglia di combattere su ogni pallone. Alla fine decide Hector, con un penalty che passa sotto al braccio sinistro di Buffon che aveva già parato su Mueller allungando le speranze dell’Italia dopo un tiraccio di Zaza, seguito poi dagli errori di Pellè, Bonucci e Darmian. Nove, tanti ce ne sono voluti per piegare una nazionale che nessuno avrebbe dato ancora in vita fino al centoventesimo di un quarto di finale, contro i campioni del mondo e dopo aver eliminato la Spagna. I meriti, anche per il modo di stare in campo contro i tedeschi, privo di timori reverenziali, vanno ad Antonio Conte che chiude a Bordeaux la sua esperienza sulla panchina azzurra con l’amaro in bocca. Perché la Germania gioca sì meglio, ma per contenere quella squadra aggressiva e dominante vista contro la Spagna, è costretta a mettersi a specchio. E nonostante questo fatica e non poco per arrivare dalle parti di Buffon. Non c’è nulla da rimproverare né da recriminare. L’Italia è andata oltre ogni aspettativa, facendo tremare anche la nazionale più forte del pianeta in questo momento. Rispondendo alla mancanza di talento con la tattica, l’organizzazione, la voglia di aiutare e di stringere i denti andando poi a trovarsi le chance con corsa e verticalizzazioni. Di più non si poteva fare. Anche perché a lungo la palla è della Germania, le occasioni sono azzurre. La sintesi dei primi quarantacinque minuti è tutta qui.
I tedeschi controllano il campo e il ritmo della gara, ma vanno sistematicamente a sbattere contro il muro davanti a Buffon. Mentre l’Italia, con sempre più coraggio con il passare dei minuti, prova a colpire grazie alle ripartenze. Nonostante Loew provi a mettere il guinzaglio alle sponde di Pellè per Eder schierando a sorpresa la difesa a tre che porta alla rinuncia di Draxler. Ne viene fuori una partita bloccata, dove le occasioni sono davvero poche. L’unica per la Germania, con Kroos controllato da Pellè ed Eder, è un flipper in area, con colpo finale di Mueller controllato da Buffon. Arriva a quattro minuti dall’intervallo: ai tedeschi non accadeva dall’Europeo del 1980 di arrivare al tiro così tardi per la prima volta. Mentre gli uomini di Conte si infilano due volte dalle parti di Neuer, sempre con Giaccherini. Alla mezz’ora il taglio del centrocampista del Bologna è anticipato da Boateng, dopo un cross preciso di De Sciglio, tra i migliori in campo. Poi al 44′, come contro il Belgio, Bonucci lo lancia e lui riesce a piazzarla al centro: il tiro di Sturaro è nello specchio, ma Boateng lo devia.
La partita resta sulla stessa falsariga al rientro. L’Italia controlla, la Germania ha la palla tra i piedi ma con la rinuncia a Draxler non riesce a creare superiorità numeri dalla trequarti in su. I tedeschi devono giocare sugli errori italiani, che arrivano di rado. Uno lo commette Florenzi in uscita, sbagliando un appoggio che manda in tilt la difesa. Gomez porta a spasso Bonucci e Chiellini, riuscendo a liberare Mueller. Il tiro dell’attaccante, ancora a secco, supera Buffon ma trova proprio Florenzi in spaccata disperata sulla linea a deviare in angolo. Dopo quasi un’ora di gioco, i campioni del mondo fanno davvero paura. Aumentano il possesso palla, alzano il baricentro e chiudono gli spazi in difesa guadagnando metri. E alla lunga, il varco arriva. Ancora su una palla sghemba di Florenzi, questa volta di testa, che innesca Gomez. L’ex viola è bravo tenerla in campo, poi lancia il taglio di Hector, libero sulla mancata chiusura di Sturaro. Sul cross basso, Ozil è il più veloce ad arrivarci e batte Buffon. Che dieci minuti dopo tieni in piedi gli azzurri con una parata impossibile sul salvataggio disperato di Chiellini su Gomez, tenuto in gioco ancora da Florenzi.
E’ un’Italia che subisce l’onda tedesca, montata con il vantaggio. L’ingresso di Draxler dà maggiore brio, Conte vira sul 3-4-3 ma con gli stessi undici e la Germania – ancora imbattuta – si raccoglie dietro con ordine. Però se c’è una squadra abituata a sgretolare le certezze tedesche, quella è l’Italia. E allora basta un tocco di braccio di Boateng in area per ricalibrare la partita. La responsabilità se la prende Bonucci, in un Europeo dove i difensori non hanno avuto molta fortuna dal dischetto. Il centrale della Juventus è gelido, batte come se avesse il 10 sulle spalle mettendola lì dove Neuer non puoi mai e poi arrivare. Il pareggio è il miglior rinvigorente naturale per gli azzurri, in debito di lucidità. E infatti nell’ultimo quarto d’ora l’Italia non soffre mai. Anzi, prova ad affondare senza scoprirsi. Torna a costruire sull’asse Pellè-Eder, trova spazi sugli esterni e da lì arrivare l’unico pericolo nel finale con un tiro di De Sciglio sull’ennesimo sventaglio a cambiare lato dell’attaccante dell’Inter. Non accade più nulla. Si va ai supplementari, dove inizia a dominare la stanchezza. Le squadre non si scompongono, vince la prudenza. Non ci sono occasioni, solo una Germania che gestisce e l’Italia attenta e pronta ad appoggiare a un infinito Pellè per provare a guadagnare metri. Conte decide di giocarsi la carta Insigne per uno sfinito Eder e chiede a Sturaro di stringere i denti perché lì in mezzo non ha nessun altro uomo da battaglia. Eppure il centrocampista bianconero, sfinito da oltre cento minuti senza un attimo di tregua, corre ormai su una gamba non riuscendo a chiudere un contropiede tedesco sprecato da Draxler-Mueller. Poi si va ai rigori. Per l’Italia sbagliano Zaza, entrato appositamente, Buffon mura Mueller, Ozil sul palo, Pellè fuori. Il quinto è di Bonucci, parato. Ma anche Schweinsteiger manda alto. Poi sei reti consecutive, fino all’errore di Darmian e al gol di Hector. Finisce qui. Solo applausi.