Un viaggiatore cosmico si appresta a raggiungere la propria destinazione tra le stelle. Una divinità dell’Olimpo sta per incontrare il proprio sposo. Nel giorno in cui gli Usa celebrano il 240esimo anniversario della Dichiarazione d’indipendenza dall’impero britannico, il 4 luglio 2016, Giove sarà raggiunto dalla sonda Nasa “Juno” (Jupiter near-polar orbiter). Ancora poche ore e la sonda, dopo un lungo viaggio di cinque anni e quasi tre miliardi di chilometri, s’inserirà nell’orbita polare del gigante gassoso, il più grande pianeta del Sistema solare. La conferma dovrebbe arrivare sulla Terra alle 20:18 del 4 luglio, ora del Pacifico, quando in Italia saranno all’incirca le 5 del mattino del 5 luglio.
La missione della Nasa, di cui il nostro Paese, con l’Agenzia spaziale italiana (Asi), è partner principale, consentirà nei prossimi 20 mesi, attraverso 37 orbite, di studiare approfonditamente il pianeta, come mai si era fatto prima d’ora. Juno sarà la prima missione a volare sui poli di Giove, ruotando su se stessa come una trottola spaziale. Sarà la più lontana sonda umana alimentata a energia solare, grazie agli 11 pannelli che tappezzano i sue 3 bracci lunghi 9 metri e mezzo, che coprono una superficie grande come un bilocale, pari a circa 60 metri quadri. Juno analizzerà il campo gravitazionale e magnetico di Giove, proverà a penetrare le fitte nubi che lo avvolgono interamente generando enormi vortici. Misurerà, inoltre, l’abbondanza di acqua, e cercherà di scoprire se il pianeta contiene un nucleo solido.
Ma per farlo, dovrà prima di tutto completare l’inserimento nell’orbita di Giove. Un’operazione tutt’altro che semplice. L’ambiente che Juno incontrerà sarà, infatti, molto ostile. “Giove è un mostro, con una gravità in grado, come una fionda, di scagliare lontano intere comete – affermano senza mezzi termini gli scienziati della Nasa in un video in cui raccontano, in stile hollywoodiano, le numerose sfide della missione -. Quello che ci spaventa di Juno è l’ignoto. La maggior parte dell’ambiente che dovremo affrontare è sconosciuto. Numerosi sono, infatti, i segreti che si celano all’interno di Giove, avvolti dal più forte campo magnetico e dalle radiazioni più letali del Sistema solare. Il 4 luglio – spiegano gli esperti della Nasa – Juno si tufferà in un territorio inesplorato, entrando nell’orbita del gigante gassoso e passando più vicino al pianeta di quanto abbia mai fatto in precedenza qualunque altro veicolo spaziale”. Per sapere se tutto sarà andato bene, e se Juno avrà effettuato correttamente la manovra d’inserimento in orbita, dovremo aspettare circa 50 minuti dalla fine dell’operazione. Questo il tempo impiegato dal segnale, viaggiando alla velocità della luce, a percorrere gli oltre 800 milioni di chilometri che separano la Terra dal gigante gassoso.
Il ruolo dell’Italia nella missione Juno è fondamentale. A bordo della sonda sono, infatti, presenti due strumenti italiani, entrambi con il supporto e il coordinamento dell’Asi. Il cuore scientifico di Juno è la camera a infrarossi con spettrometro “Jiram” (Jovian infrared auroral mapper), realizzata da Leonardo-Finmeccanica sotto la guida scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf). Il suo compito sarà lo studio delle aurore e della composizione dell’atmosfera gioviana. Il secondo concentrato di tecnologia made in Italy è lo strumento di radioscienza “Kat” (Ka-band translator), realizzato da Thales Alenia Space Italia, sotto la responsabilità scientifica della Sapienza Università di Roma, per analizzare la composizione interna di Giove e il suo campo gravitazionale.
“Con Juno adesso e Bepi Colombo tra un anno e mezzo su Saturno, avremo completato il novero di pianeti del Sistema solare intorno ai quali orbitano missioni spaziali con strumenti italiani a bordo – sottolinea Enrico Flamini, chief scientist dell’Asi -. Solo gli Usa, con la Nasa, possono vantare questo record. Una dimostrazione dell’eccellenza scientifica e tecnologica dell’Italia”. A testimonianza del forte legame esistente tra il nostro Paese e Giove, a bordo di Juno c’è una targa raffigurante Galileo Galilei, il primo, più di quattro secoli fa, a volgere il proprio sguardo verso Giove con il suo cannocchiale. Insieme alla targa anche la riproduzione di alcuni appunti del padre della scienza moderna sulla scoperta dei principali satelliti gioviani: Io, Europa, Ganimede e Callisto.