L'accusa di associazione mafiosa, la prima nella regione, al 51enne Giuseppe Iona. Lo rivela il Messaggero Veneto. Nella città in provincia di Gorizia agirebbe da più di 20 anni una "ndrina", frutto di un accordo con un boss operante in Lombardia, attiva sia nel traffico di droga che nel movimento terra. La vicenda svelata da un collaboratore di giustizia. I recenti allarmi del capo della Dda di Trieste Mastelloni: "Si rischia l'occupazione del territorio"
Per la prima volta un’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso è stata contestata in Friuli-Venezia Giulia: una “locale” di ‘ndrangheta, secondo gli investigatori, è attiva a Monfalcone, provincia di Gorizia. Lo ha rivelato il Messaggero Veneto in un’esclusiva che ricostruisce l’accusa a carico di Giuseppe “Pino” Iona, 51enne, considerato a capo, dal 2008 a oggi, di un’organizzazione strutturata “a immagine e somiglianza di una ‘ndrina”.
Le indagini, condotte dagli uomini della Direzione investigativa antimafia di Trieste, hanno raggiunto un punto di svolta qualche giorno fa, quando Iona si è presentato un invito a comparire che gli era stato notificato pochi giorni prima, insieme a un avviso di garanzia. L’accusato ha risposto alle domande del capo della Direzione distrettuale antimafia, Carlo Mastelloni e del sostituto procuratore Federico Frezza, titolare del fascicolo. I magistrati si sono quindi giocati una carta a sorpresa, l’ingresso nell’aula del gip un collaboratore di giustizia, noto a Iona.
Durante il faccia a faccia, in cui sono emerse radicali divergenze tra i due, il pentito ha ripetuto le accuse definendo Iona un vero e proprio boss, parte di un sodalizio criminale dedito principalmente al traffico di stupefacenti e al traffico illegale di armi provenienti dai paesi dell’est. Secondo gli inquirenti il clan, nel periodo tra il 2007 e il 2011, era capace di muovere fino a un chilo di cocaina alla settimana. Il presunto boss avrebbe avuto a disposizione una rete di affiliati, sui cui nomi vige il segreto istruttorio, che eseguivano prontamente. Per gli inquirenti «la ’ndrina si avvaleva della forza intimidatoria derivante dall’inserimento organico nella malavita organizzata calabrese, che veniva continuamente menzionata alle persone su cui fare pressione», riporta il Messaggero Veneto.
Il collaboratore di giustizia che accusa Iona è stato ritenuto credibile poichè avrebbe a sua volta retto una locale di Rho, in provincia di Milano, e garantito supporto logistico alla “cosca” friulana tramite un accordo stipulato più di vent’anni fa. L’ipotesi degli inquirenti è che Monfalcone versasse a Rho il 5 per cento dei guadagni illeciti. Gli accordi prevedevano inoltre che la ‘ndrangheta non si facesse notare in una terra fino a quel momento ritenuta immune da infiltrazioni mafiose, in modo tale da poter mantenere blandi i controlli delle forze dell’ordine.
Tra le varie accuse formulate nei confronti di Iona, il cui capo di imputazione è ancora in evoluzione, la più grave è quella di essere il mandate dell’omicidio del dj Paolo Grubissa. Una storia risalente al 2005, e passata per un delitto passionale, per cui fu condannato a 20 anni di reclusione Salvatore Allia, datore di lavoro di Grubissa.
Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016, il presidente vicario della Corte d’Appello di Trieste Alberto Da Rin aveva indicato la “It Costruzioni generali” di Monfalcone, di proprietà di Martino e Antonio Iona e di Teresa Antonella, come soggetto monitorato delle forze dell’ordine, definendo esplicitamente la stessa famiglia Iona come “costituente l’omonima associazione a delinquere di stampo mafioso “Ndrina” di Belvedere di Spinello, che è radicata ed opera in provincia Gorizia, nel ramo del trasporto e movimento terra“.
Il capo della Dda di Trieste Carlo Mastelloni già nel 2014 aveva richiamato l’attenzione dei media e della politica sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’estremo nordest, denunciandone i rapporti con le banche e le imprese, rimanendo perlopiù inascoltato. Nel rapporto annuale 2016 della Direzione nazionale antimafia, guidata da Franco Roberti, è riportato il monito di Mastelloni a procedere con una “rifondazione della cultura preventiva e repressiva da volgere verso le mafie e la loro progressiva infiltrazione nel territorio del Friuli-Venezia Giulia. Se non ci sarà questo rinnovamento, si rischia l’occupazione dello stesso territorio da parte della criminalità organizzata”.
“La Regione è pronta a dare il suo contributo nella prevenzione e nella lotta alle infiltrazioni della criminalità organizzata, combattuta in prima linea dalle Forze dell’ordine e dalle Autorità giudiziarie”, è così intervenuta la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani commentando la rivelazione del Messaggero Veneto. “Non si può sottovalutare in alcun modo questo episodio – ha detto il vicesegretario Pd – e anche se il nostro è un tessuto sociale sostanzialmente sano, non c’è territorio che oggi possa considerarsi un’isola felice e immune. Quindi, nell’ambito delle competenze attribuite alla Regione, ci consideriamo schierati“.