Il referendum sulle riforme sarà a ottobre, nessun rinvio, anzi “vorrei farlo il prima possibile”. Nessuna “personalizzazione”, però, sono “gli altri che lo usano coma battaglia politica”. Sull’Italicum, in Parlamento non c’è una maggioranza per una legge alternativa, e comunque non intende modificarla. E dopo le amministrative che hanno visto città importanti finire al Movimento 5 Stelle, il governo è a disposizione di tutti i sindaci per dare, se la vorranno, una mano”. Intervistato da Maria Latella su SkyTg24, Matteo Renzi ha affrontato molti temi dell’attualità politica, negando decisamente, fra l’altro, che sia in vista un rimpasto di governo. Ed è intervenuto anche sulla strage di Dacca, e sulla polemica sollevata da Claudio Cicchitto, che ha criticato “il comportamento del governo del Bangladesh che non ha voluto concordare con l’Italia la linea e gli interventi” in merito agli ostaggi italiani poi rimasti uccisi. “Era un commando pronto a tutto”, ha spiegato il presidente del Consiglio. “Abbiamo seguito in diretta ogni momento. Credo che tutto sia necessario tranne ricostruzioni che poi spesso sono false. Loro sono entrati lì per uccidere”. Quanto all’Isis, che ha rivendicato online l’azione, “sta perdendo sul terreno a livello militare, in Siria, in Iraq, in Libia. Lo spazio di territorio occupato dal cosiddetto Stato islamico è ridotto”. Ma, ha continuato, il “pugno di ferro” non basta: “Importante l’aspetto dell’educazione, dobbiamo distruggerli senza pietà ma anche evitare che la prossima generazione sia come questa”.
Tornando sul fronte interno, alla domanda se stesse pensando di proporre modifiche alla legge elettorale, per esempio dare il premio alla coalizione e non alle liste, Renzi ha replicato: “Mi piacerebbe avere il potere di vita e di morte sulle leggi in Parlamento. Ma anche se alcuni lo pensano questa non è dittatura”. E comunque “non vedo in Parlamento una maggioranza per una legge alternativa” all’Italicum.
E il referendum sulle riforme? Renzi ha smentito qualsiasi volontà di rimandarlo, anche alla luce degli insuccessi del Pd alle amministrative di giugno: “Io vorrei farlo il prima possibile”. La data “non dipende da me. Io lo farei subito, ma dipende dalla Corte di Cassazione e ricorsi successivi. Ragionevolmente direi a ottobre, se tutto va come deve tra il 2 e il 30”. Nessuna personalizzazione intorno alla figura del presidente del consiglio, peraltro: “Sono gli altri che vogliono personalizzarlo – ha aggiunto – perché usano il referendum come battaglia politica, ma è una visione che fa a pugni con la realtà”. Anche se lo stesso presidente del consiglio, in passato, ha gettato le basi per trasformarlo in un plebiscito su se stesso: “Se perdo il referendum considero fallita la mia esperienza politica”, diceva per esempio il 29 dicembre, seguito nella drammatizzazione dai suoi, a cominciare dal ministro Boschi.
Poi la battuta su Massimo D’Alema, che ha annunciato il suo “no”: “Ha tutti i diritti per votare quello che crede. E’ difficile imporre qualcosa a D’Alema“. Poi l’affondo: “Le riforme proposte da D’Alema con la Bicamerale erano molto più impattanti delle nostre, ma lui non riuscì a farle passare. Ma non sono le riforme l’unica cosa su cui D’Alema ha perso un’occasione. Non fece la riforma del mercato del lavoro, mentre noi abbiamo fatto il Jobs act. D’Alema purtroppo molto spesso parla ma i risultati delle sue azioni gli italiani li hanno visti negli ultimi vent’anni e sceglieranno loro…”. Così come è “lunare” la polemica, innescata dopo i risultati del voto locale, sulla sua doppia figura di segretario Pd e presidente del consiglio.
Il presidente del consiglio è tornato anche sulle amministrative, e sulle possibili difficoltà che potrebbero incontrare le amministrazioni “nemiche”, come Roma e Torino: “Tutti noi siamo coinvolti nelle sconfitte ma anche nelle vittorie. La serietà e il buon senso portino a dire che ci sono i nuovi sindaci, che hanno vinto, e basta con le polemiche: devono governare, e il governo è a disposizione di tutti i sindaci per dare, se la vorranno, una mano”.
Altra questione di grande attualità, la Brexit e le sue conseguenze sull’economia. Lo “scudo” per le banche non è un “antipasto” per altri interventi del governo a favore degli istituti, ha assicurato Renzi. “Sulla banche ho tanti sassolini da togliere”, ha premesso. “La Merkel ha messo 247 miliardi di euro nel sistema bancario, a qualcuno poteva venire in mente che bisognava rendere più forti le banche, ma allora l’Italia non l’ha fatto”. Renzi ha sottolineato: “Noi abbiamo fatto chiarezza e tolto i politici dalle banche”. Quanto a Mps, lo Stato italiano “sta già dentro” l’istituto senese in crisi. Possibile una sua “nazionalizzazione”? No, secondo Renzi: “La soluzione preferibile per Mps è una operazione di mercato”.