Il parlamentare del partito di Angelino Alfano, indagato nell'inchiesta della procura di Roma, si è fatto segnalare per le sue posizioni contro le telefonate intercettate e a favore dell'immunità parlamentare. E rivendicava l'inasprimento delle pene per i topi d'appartamento
Voleva modificare il sistema delle autorizzazioni a procedere per i parlamentari, limitare l’uso delle intercettazioni, punire i magistrati che si erano occupati d’inchieste su prostituzione e droga, dalle quali era poi emerso il nome dell’ex senatore a vita Emilio Colombo. E se c’era una cosa di cui andava fiero era l’inasprimento delle pene per i topi d’appartamento. Era un’attività frenetica quella di Antonio Marotta, il deputato del Nuovo Centrodestra indagato dalla procura di Roma per traffico d’influenza e ricettazione: per lui i pm Paolo Ielo e Stefano Rocco Fava avevano chiesto l’arresto con l’accusa di associazione a delinquere, riciclaggio e corruzione. Il gip del tribunale di Roma Maria Giuseppina Guglielmi ha però riqualificato le accuse nei confronti dell’esponente del Ncd, bocciando dunque la richiesta di arresto.
Dal Csm alla Camera: il fustigatore di toghe – A Montecitorio, dunque, non arriverà alcuna autorizzazione a procedere per l’esponente del partito di Angelino Alfano. Nato nel piccolo comune campano di Torchiara 69 anni fa, avvocato penalista dai primissimi anni ’70, Marotta sbarca in politica nel 1990 come sindaco del comune di Pellezzano, in provincia di Salerno. Il grande salto nella Capitale arriva nel 2002 quando viene eletto componente del Consiglio superiore della magistratura in quota Udc. È in quella veste che l’avvocato campano si fa subito notare come fustigatore di toghe: “Non è la prima volta che soggetti che non possono essere intercettati si ritrovano sovraesposti sulla stampa per il gioco delle intercettazioni disposte sull’utenza di altre persone. Per questo bisogna intervenire per evitare che situazioni del genere si ripetano”, dice il 23 novembre del 2003, preannunciando l’apertura di una pratica in prima commissione – quella che si occupa dell’incompatibilità dei magistrati – per i pm e il gip che si erano occupati di un’indagine su traffico di droga e prostituzione a Roma, che aveva coinvolto il senatore a vita Emilio Colombo. Passano due anni, e il consigliere laico del Csm approda in parlamento sempre nelle file dei neodemocristiani: va ad occupare una poltrona alla commissione giustizia di Montecitorio, non dimenticando mai di dettare alle agenzie dichiarazioni contro le toghe.
“Spostare il processo Mediaset: i pm potrebbero avere azioni” – Come l’11 novembre del 2005, quando auspica lo spostamento del processo Mediaset lontano da Milano. Il motivo? Nel capoluogo lombardo ci sono “tanti magistrati potenzialmente sospettabili di avere qualche interesse sull’esito del processo sui diritti televisivi Mediaset, in quanto possessori di azioni della stessa azienda”. Parole che gli valgono subito l’attenzione di Silvio Berlusconi, dato che nel 2006 è candidato sindaco di Salerno del centrodestra: sconfitto da Vincenzo De Luca, sarà eletto in consiglio comunale dove andrà a presiedere la commissione Trasparenza. Poco male perché nel 2008 viene quindi promosso al Senato dal Pdl e nominato al vertice del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del personale del Ministero della Giustizia. Nel 2013 torna alla Camera, condivide con Berlusconi la rifondazione di Forza Italia, ma un anno fa decide di seguire Alfano nell’avventura di Ncd, che lo nomina capogruppo in commissione giustizia. Fresco della nuova poltrona, ecco che Marotta torna alla carica, mettendo subito nel mirino le intercettazioni: “È chiaro che introdurre una delimitazione all’utilizzo disinvolto delle intercettazioni è un’esigenza avvertita anche dalla stessa magistratura: le intercettazioni, infatti,vanno utilizzate con razionalità e con parsimonia e solo quando sono indispensabili ai fini della prova”, dice il 16 febbraio del 2016, quando era sicuramente inconsapevole del fatto che l’inchiesta anticorruzione in cui è oggi indagato si è basata anche su telefonate intercettate.
Immunità al parlamentari, pugno di ferro coi topi d’appartamento – Pochi giorni, prima, invece, il parlamentare di Ncd aveva dedicato le sue attenzioni all’immunità parlamentare. “È necessario rivedere e intervenire sul meccanismo delle autorizzazioni a procedere per i parlamentari – aveva detto l’11 febbraio scorso- Infatti il principio introdotto dai padri costituenti nell’articolo 68 della Costituzione era ed è a garanzia delle intere istituzioni parlamentari, non dei singoli parlamentari, che sono emanazione diretta della sovranità popolare. Quindi si tratta di una architettura a tutela dell’intero sistema democratico“. Una dichiarazione che gli è probabilmente tornata in mente in queste ore, dato che il gip Guglielmo ha bocciato la richiesta d’arresto avanzata nei suoi confronti dalla procura di Roma.
E se per i parlamentari Marotta auspicava un uso limitato delle intercettazioni e una maggiore tutela nella richiesta di autorizzazioni a procedere, la musica cambia quando le ipotesi di reati riguardano altre categorie. Come nel caso dei topi d’appartamento. “Il via libera della commissione giustizia al potenziamento del contrasto ai furti in appartamento, agli scippi e alle rapine ci soddisfa pienamente”, gongolava il deputato di Ncd, rivendicando il triplice aumento delle pene minime per i furti in casa e gli scippi. Ed è proprio perché la pena per i reati contestati a Marotta non supera i tre anni – dopo che il gip ha riqualificato le accuse avanzate dalla procura – che non è scattata la custodia cautelare per il parlamentare Ncd: se fosse stato accusato di rapina, invece, sarebbe finito agli arresti. Quando si dice la provvidenza.