Nuovi fermi e la pista dei “cattivi maestri”. A poco meno di tre giorni dalla mattanza nell’Holey Artesan Bakery di Dacca, la polizia del Bangladesh ha iniziato a inserire altre tessere nel mosaico della strage. Gli agenti hanno fermato tre persone e individuato tre predicatori d’odio seguiti da almeno due dei giovani terroristi. Intanto la procura di Roma potrebbe chiedere a breve, tramite rogatoria internazionale, di avere copia degli atti dell’inchiesta. Contestualmente, il pm Francesco Scavo, titolare degli accertamenti, potrebbe chiedere di interrogare il terrorista arrestato. In assenza di un trattato di reciproca assistenza giudiziaria tra Italia e Bangladesh, la magistratura della capitale confiderebbe in quello che in gergo è chiamato “atto di cortesia”.
TRE PERSONE FERMATE: C’È ANCHE PROFESSORE UNIVERSITARIO
Hasnat Karim, il professore universitario che era nel locale per festeggiare un compleanno, è finito in manette perché è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza mentre fumava in terrazza con i membri del commando; Karim cinque anni fa era docente della North South University (NSU) di Dacca e figurava insieme alla moglie e due figlie, fra gli ostaggi sopravvissuti. Il docente nel 2012 fu citato insieme ad altri tre professori della NSU perché tutti sospetti di avere contatti con il movimento clandestino Hizb-ut-Tahrir. Gli autori della strage, secondo la Cnn news18 emittente indiana, sono stati studenti di quell’ateneo.
La polizia ha trovato nella tasca di uno dei terroristi uccisi un appunto con su scritto l’indirizzo di casa di Karim identificato come il misterioso uomo calvo notato da testimoni oculari e ripreso in alcune immagini a parlare con due dei terroristi sulla terrazza del ristorante alle 5.00 nella notte della strage. “Lo abbiamo preso in custodia“, ha spiegato al Telegraph Mahbub Alam, un detective della polizia di Dacca. “Abbiamo trovato un appunto nella tasca di un militante ucciso in cui era scritto l’indirizzo di casa di Hasnat”.
L’uomo è stato interrogato, la sua casa perquisita e un suo computer portatile sequestrato. Altre due persone che si trovano in ospedale e di cui non è stata resa nota l’identità sono sospettate di avere avuto un ruolo nell’attacco che ha provocato 20 morti, tra cui nove italiani.
I “CATTIVI MAESTRI” SEGUITI DAI GIOVANI TERRORISTI
Le indagini sulla matrice dell’assalto, rivendicato dallo Stato Islamico anche se le autorità bengalesi non sono tutte concordi sul punto, hanno permesso anche di ricostruire i rapporti di due terroristi con tre presunti reclutatori dell’Isis. Secondo il Bangladesh Daily Star in particolare il 22enne Nibran Islam seguiva su Twitter dal 2014 due controversi religiosi, Anjem Choudary e Shami Witness. L’altro miliziano, Rohan Imtiaz, aveva diffuso su Facebook l’appello del predicatore Zakir Nayek “a tutti i musulmani di essere terroristi”.
Quest’ultimo è stato bandito da Regno Unito, Canada e Malaysia ed è molto discusso nel suo Paese natale, l’India. Ma è molto popolare in Bangladesh attraverso un canale televisivo Peace Tv. La polizia ha confermato che i sette aggressori erano di origini bengalesi, perlopiù studenti benestanti e senza apparenti contatti con l’Isis e cinque di loro erano ricercati.
Tra gli attentatori, secondo i media locali, c’era anche il figlio di un importante leader politico bengalese dell’Awami League. Il giovane Rohan Ibne Imtiaz – di cui non si avevano notizie da febbraio – è stato identificato attraverso controlli incrociati sulla base anche di informazioni fornite da amici. Tra le altre cose, alcuni suoi ex compagni di classe hanno postato una foto combo con il volto del giovane accanto a quella di uno terroristi, ed apparentemente si tratta della stessa persona. Rohan Ibne Imtiaz è il figlio di Imtiaz Khan Babul, uno dei principali esponenti del partito di maggioranza in Bangladesh.
GLI OSTAGGI UCCISI NEI PRIMI VENTI MINUTI
Gli ostaggi sono stati uccisi nei primi venti minuti dell’assalto. Il capo della polizia bengalese Akm Shahidul Haque risponde così alle critiche dei media che hanno accusato gli agenti di essere intervenuti con ritardo: “Alcuni media stanno dicendo che abbiamo agito troppo tardi con il blitz, ma non è vero. Abbiamo portato a termine l’operazione in 12 ore, mentre in altri Paesi come il Kenya ci sono voluti 4 giorni per affrontare una situazione simile”.
LUTTO NAZIONALE IN BANGLADESH
Nel secondo giorno di lutto nazionale la premier Sheikh Hasina ha reso omaggio alle vittime durante i funerali di Stato. Il primo ministro bengalese ha deposto delle corone di fiori sui feretri nel corso della cerimonia che si è aperta alle 10 ora locale, nello stadio dell’esercito nell’area di Banani. All’interno dello stadio, le bare sono state collocate in una piattaforma rialzata con le bandiere di India, Italia, Bangladesh, Giappone e Stati Uniti, le nazioni di appartenenza delle vittime straniere. Alla cerimonia hanno partecipato anche rappresentanti delle autorità italiane, indiane, giapponesi e americane. Sheikh Hasina ha presentato le condoglianze personali e di tutto il popolo bengalese, all’ambasciatore d’Italia Mario Palma, con cui si è intrattenuta in un lungo momento di cordoglio. In serata la messa con il nunzio apostolico Kocherry e, in contemporanea, un’ulteriore cerimonia, denominata ‘Tributo al lume di candela alle anime perdute per l’omicidio di massa della Holey Artisan Bakery a Gulshan’, il quartiere diplomatico della capitale”, si terrà in un luogo vicino al ristorante colpito sulla strada 79.
IL RITORNO DELLE SALME IN ITALIA
Le salme delle vittime italiane saranno trasferite in Italia tra domani sera e mercoledì. All’arrivo a Roma i corpi saranno portati nel policlinico Gemelli per le autopsie. “Non è da escludere che l’obiettivo fosse proprio colpire appartenenti alla comunità italiana, anche se non mi sento in questo momento di confermarlo in via definitiva. Quel locale – afferma il presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, in un’intervista al QN – era frequentato da occidentali e in particolare dagli italiani. Che solitamente ce ne fossero tanti in quel posto era noto”. Allo stato però non risulta agli inquirenti della Procura di Roma che il commando di jihadisti in azione a Dacca sapesse che all’interno del ristorante ci fossero degli italiani. Per avere una ricostruzione dei fatti, il pm Scavo sentirà appena sarà possibile Gian Galeazzo Boschetti, marito di Claudia D’Antona, l’imprenditrice torinese di 56 anni uccisa nel massacro di Dacca, scampato miracolosamente alla morte. Non è escluso che la procura, se matureranno le condizioni, possa inviare nella capitale bengalese una task force di investigatori per prendere parte alle indagini.