I reati contestati sono associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Sequestrati beni per 1,2 milioni. Il sistema ruotava attorno a un faccendiere che tesseva i rapporti tra imprenditori e politici: si tratta di Raffaele Pizza, il fratello di Giuseppe, ex sottosegretario del governo Berlusconi che rivendica l'uso del simbolo della Dc, a sua volta iscritto nel registro degli indagati
Giuseppe Pizza, l’ex sottosegretario del governo Berlusconi che rivendica l’uso del simbolo della Dc, il fratello Raffaele, faccendiere con ufficio nei pressi del Parlamento e Antonio Marotta, deputato del Nuovo Centrodestra in carica, più due funzionari dell’Agenzia delle Entrate. Sono questi i nomi più importanti coinvolti nell’ultima operazione anticorruzione della procura di Roma. Stamattina, infatti, i militari del nucleo speciale valutario della Guardia di Finanza hanno eseguito 24 ordinanze di custodia cautelale (dodici in carcere e dodici ai domiciliari), cinque misure interdittive (obbligo di dimora e divieto di attività professionale) e sequestrato più di 1,2 milioni di euro tra immobili, conti correnti e quote societarie a carico di altrettanti indagati, oltre a condurre sul territorio nazionale decine di perquisizioni disposte dalla procura guidata da Giuseppe Pignatone: i reati ipotizzati vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale alla corruzione, dal riciclaggio alla truffa ai danni dello Stato e all’appropriazione indebita.
L’operazione, ribattezzata Labirinto, ha portato allo scoperto un sistema criminale costruito attorno a un faccendiere che faceva da perno nei rapporti tra politica e imprenditoria: si tratta di Raffaele Pizza, il fratello di Giuseppe Pizza, l’ex sottosegretario all’Istruzione del governo Berlusconi tra il 2008 e il 2011, che si attribuisce la proprietà del simbolo originale della Democrazia Cristiana, a sua volta indagato. Indicato come al vertice dell’organizzazione anche il commercialista Alberto Orsini. Raffaele Pizza, scrivono i pm, “per esercitare e perpetuare il potere di influenza che gli è notoriamente riconosciuto nell’ambiente degli imprenditori gravitanti nel settore degli appalti pubblici, sfruttando i legami stabili con influenti uomini politici, spesso titolari di altissime cariche istituzionali, si adoperava costantemente per favorire la nomina, ai vertici degli enti e delle società pubbliche, di persone a lui vicine, così acquisendo ragioni di credito nei confronti di queste che, dovendo successivamente essergli riconoscenti, risulteranno permeabili ai suoi metodi di illecita interferenza nelle decisioni concernenti il conferimento di appalti pubblici ed attività connesse”.
Nell’inchiesta è indagato anche Antonio Marotta, parlamentare del Nuovo Centrodestra, il partito guidato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, mentre sono stati arrestati due dipendenti dell’Agenzia delle Entrate. Marotta, che di professione fa l’avvocato, è un ex componente del Consiglio Superiore della magistratura, dal 2008 siede a Montecitorio tra i banchi dell’Udc prima, di Forza Italia poi, prima di seguire Alfano nell’avventura di Ncd: i pm lo avevano indagato per partecipazione ad associazione a delinquere, corruzione, finanziamento illecito dei partiti e riciclaggio, chiedendone l’arresto. Richiesta bocciata dal gip Maria Giuseppina Guglielmi, che non ha ritenuto sussistente l’ipotesi di associazione per delinquere, ha riqualificato il reato di corruzione in traffico di influenza illecita, e quello di riciclaggio in ricettazione.
Alla luce delle considerazioni del gip, quindi, i fatti contestati a Marotta prevedono una pena non superiore ai tre anni per la quale non è previsto l’arresto in sede di indagini preliminari. Nel dettaglio, dunque, Marotta è accusato di aver aiutato nelle attività di illecita intermediazione lo stesso Pizza. Il fratello dell’ex sottosegretario del governo Berlusconi, originario della Calabria, annoverava tra le sue relazioni rapporti con personalità di vertice della politica e di enti e società pubbliche. In pratica costituiva lo snodo tra il mondo imprenditoriale e quello degli enti pubblici e dei ministeri, svolgendo un’incessante e prezzolata opera di intermediazione nell’interesse personale e di imprenditori interessati ad aggiudicarsi gare pubbliche.
Il faccendiere, sfruttando i legami stabili con la politica e il mondo del potere romano, si adoperava anche per favorire la nomina, ai vertici di enti e di società pubbliche, di persone a lui vicine, in modo di acquisire ragioni di credito nei confronti di queste che, riconoscenti, risultavano permeabili alle sue richieste. Pizza utilizzava uno studio sito accanto al Parlamento, in una nota via del centro, per ricevere denaro di illecita provenienza, occultarlo e smistarlo, avvalendosi anche della collaborazione del parlamentare di Ncd.
Le indagini, coordinate dai pm capitolini Paolo Ielo e Stefano Rocco Fava, hanno ricostruito l’operatività di una struttura imprenditoriale illecita che ha movimentato oltre dieci milioni di euro giustificati da fatture false a scopo di evasione e per costituire riserve occulte da destinare a finalità illecite, attraverso una galassia di società cartiere (costituite e gestite con il concorso di numerosi indagati). Per “ammorbidire” eventuali controlli fiscali e agevolare le pratiche di rimborso delle imposte, l’organizzazione criminale si avvaleva anche della collaborazione di due dipendenti infedeli dell’Agenzia delle Entrate di Roma, arrestati nel corso dell’operazione. Le perquisizioni sono andate in onda praticamente in tutta Italia: oltre cento indirizzi tra Roma, il Lazio, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, l’Umbria e la Campania.