Nel comune in provincia di Venezia sarà sufficiente raccogliere 1.600 firme per tre diverse forme di consultazione popolare: quello per valutare una decisione dell'amministrazione, quello per avanzare una proposta su materie di interesse locale e quello per cambiare una norma vigente
La nuova frontiera della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e all’amministrazione dei Comuni è il referendum senza quorum. A fare da apripista in questa forma di democrazia diretta senza filtri è il consiglio comunale di Mira, una città di oltre 38mila abitanti a una quindicina di chilometri da Venezia. Un tempo era una roccaforte “rossa”, ma nel 2012 la poltrona di sindaco fu conquistata da un giovane candidato del M5s, Alvise Maniero, che già allora aveva promesso che avrebbe fatto approvare decisioni amministrative direttamente ai cittadini. Quattro anni dopo, ecco il via libera alla riforma dello statuto comunale.
Il referendum senza quorum è stato approvato dai soli rappresentanti del M5s, mentre le minoranze si sono affrettate a denunciare il rischio di un depauperamento di spazi democratici. Adesso potrebbe essere introdotto in tutti i comuni a Cinque Stelle, come auspicato da Beppe Grillo, secondo cui “il quorum è un furto di democrazia”.
Bisognerà aspettare un mese perché lo statuto entri in vigore a Mira. Dopo di allora, sarà sufficiente raccogliere 1.600 firme per tre diverse forme di referendum: quello consultivo per valutare una decisione dell’amministrazione, quello propositivo per avanzare una proposta su materie di interesse locale e quello abrogativo per cambiare una norma vigente. Il limite numerico esiste solo nella fase di presentazione, non in quella di approvazione.
Il sindaco Maniero gioca d’anticipo e replica a quanti già denunciano il rischio di una espropriazione di potere del corpo elettorale. “Il quorum zero – dice – è molto importante da un punto di vista culturale. A decidere è chi vota. Il futuro della nostra città viene messo nelle mani di chi partecipa. È un approccio perfettamente contrario rispetto a chi, anche tra le più alte cariche dello Stato, invita al non voto oppure gioisce per un quorum non raggiunto”. Il riferimento, nient’affatto nascosto, è al recente referendum sulle trivellazioni.
Gli argomenti che possono essere assoggettati al referendum devono essere strettamente locali. Per arrivare all’approvazione, in consiglio comunale si è dovuta attendere la terza seduta, quando bastava la maggioranza semplice e non più una maggioranza qualificata. Contro le obiezioni della minoranza, il sindaco ha detto: “Dare voce ai cittadini è uno dei punti fondamentali del nostro programma per arrivare al bilancio partecipato. I cittadini devono contare sempre di più e noi vogliamo responsabilizzarli, educandoli a decidere. Mi lascia perplesso chi guarda con tanto orrore agli strumenti di partecipazione diretta”.
Sull’altra sponda le critiche non si sono fatte attendere. “E’ uno spot, più che un esempio di democrazia: le possibilità per incidere nelle scelte sono veramente poche. E poi si introduce un modo per fare prendere a pochi le decisioni per tutti” ha detto Maurizio Barberini, consigliere del Pd. “Se per assurdo vanno a votare in dieci, quei dieci decideranno per tutti?” è il commento di Roberto Marcato, ex sindaco e capogruppo della lista civica “Noi per Mira”.
Il referendum pone anche questioni di rilievo costituzionale, proprio a causa della mancanza di una soglia di validità (come in Gran Bretagna). Ad esempio, la legge di riforma costituzionale del governo Renzi prevede nei referendum abrogativi la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera, se le firme raccolte sono almeno 800 mila.. Negli ordinamenti regionali ci sono diversi quorum: spesso è la maggioranza degli aventi diritto, ma anche la maggioranza dei votanti delle ultime regionali (Toscana), il 40 per cento degli aventi diritto (Provincia di Bolzano) o un terzo degli elettori (Sardegna).