Lo scollamento tra la parte superiore, il Castello Pasquini – patchwork monolitico di pietra stratificato nei secoli dove si costruiscono, affinano e svolgono gli spettacoli – e la parte inferiore di Castiglioncello, nel livornese – scogli, mare, ville e la piazzetta con le macchine di grossa cilindrata – è ancora lì ben presente e, nella calma olimpica di pinete e infradito, gelati e fritture miste, fa frizione. Sembrano mondi separati, come se il Castello sulla collinetta sia stato trasportato, messo lì, appoggiato, portato da un altro mondo. Per una stazione di villeggiatura borghese le proposte di “Inequilibrio”, che da sempre punta sul teatro di ricerca e sperimentazione, risultano ostiche e respingenti senza nomi popolari di richiamo. D’altro canto il cartellone, per addetti ai lavori e operatori, è molto consistente (fin troppo con sei-sette proposte giornaliere) e confortevole, gustoso e fruibile.
Quest’anno due sono stati i crucci che hanno piegato, ma non spezzato, Armunia: la tensostruttura, che è stata dichiarata inagibile riducendo drasticamente gli spazi per il festival, e l’amministrazione comunale che dal prossimo anno riprenderà sotto la propria ala la gestione del Castello per eventi e manifestazioni spedendo l’organizzazione della rassegna, i due direttori Fabio Masi e Angela Fumarola, e lo staff di una decina di persone nei dintorni di Castiglioncello. Il Castello è fondamentale per la vocazione intima della kermesse, le residenze invernali che sono una grande risorsa soprattutto in termini di abbattimento dei costi. Per sopperire all’assenza del teatro-tenda circense sono stati utilizzati i limitrofi Teatro L’Ordigno di Vada per la prosa e la Sala Nardini di Rosignano per la danza. La maggior parte delle proposte sono prime nazionali.
Gli Omini infilano un successo dopo l’altro, infornate croccanti di drammaturgie popolari che affondano le radici in un sociale raccontato con uno sguardo, un aggettivo, un intercalare. Dopo “La Famiglia Campione”, scarto decisivo rispetto al percorso fin lì intrapreso, e “Ci scusiamo per il disagio”, questo “Più Carati” (con il supporto di Armando Pirozzi, penna attenta) apre il vaso di Pandora dell’importanza dei soldi e come questi (la mancanza come l’arrivo improvviso) possano distruggere amicizie e parentele. Ma il ritrovamento di soldi e gioielli è soltanto il modo per affondare la lama dentro la situazione a loro più congeniale, quell’uomo medio perdente che, abituato al disagio, al ritardo, al secondo posto, al quasi, al forse, sballottato nelle intemperie dei poteri e nelle vicissitudini della burocrazia, non riesce a gestire le gioie, le fortune, la positività, cercando sempre il pessimismo e il complottismo per giustificare le proprie mancanze, inadeguatezze, debolezze.