“Non possiamo parlare con nessuno”. Personale e studenti statunitensi della John Cabot University di Roma schivano le domande dei giornalisti, dopo la notizia del ritrovamento del corpo del diciannovenne statunitense Beau Solomon, avvenuto ieri, nelle acque del Tevere a pochi metri da Ponte Guglielmo Marconi e per il quale nelle ultime ore c’è da registrare il fermo di un romano, senza fissa dimora, di 41 anni, che risponde dell’accusa di omicidio aggravato. Secondo la procura si tratterebbe di omicidio: nella notte di giovedì 30 giugno, dopo aver subito una rapina, il ragazzo sarebbe stato fatto precipitare da Ponte Garibaldi, come affermano anche due testimoni oculari. Restano ancora poco chiari gli ultimi movimenti dello studente e le sue condizioni al momento della scomparsa, avvenuta solo un paio di giorni dal suo arrivo, in uno dei quartieri più frequentati di Roma. “Giovedì sera ero qui, ho visto la sua foto oggi, il suo è un volto che non passa inosservato, ma fosse entrato da quella porta me lo sarei ricordato” riferisce un lavoratore di uno dei locali dove Solomon è stato visto l’ultima volta dai suoi compagni, intorno all’una del mattino di venerdì. Qui, come in molti altri locali di Trastevere, si ritrovano gli statunitensi, i turisti e gli studenti della John Cabot, la cui sede è poco distante da Piazza Trilussa
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