La sua casa è un cubotto di cemento e lamiera, nel cortile un albero di mango per cercare ombra da temperature che arrivano a 45 gradi. Tutto attorno le abitazioni di cemento sono collegate a quelle di terra da polverose strade popolate da moltissimi animali. Questo il profilo di Bolgatanga, cittadina di 70mila abitanti, capitale della Regione Nordorientale, una delle aree più povere del Ghana. In questa città vive un solo italiano, Giulio Cocchini, coordinatore nazionale per il Ghana della ong francese Association La Voûte Nubienne. Il suo lavoro in breve? Fare costruire quante più case sostenibili per il maggior numero di persone e nel più breve tempo possibile. Non è la prima esperienza africana per il 29enne di Milano, che prima di trascorrere due anni in Ghana ha passato un anno di formazione in Burkina. Ma dopo tre anni di continente nero “il cuore mi dice che è tempo di tornare – racconta Giulio – e in Italia spero di non trovare un lavoro che mi faccia rimpiangere di avere lasciato l’Africa”.
“Il cuore mi dice che è tempo di tornare e in Italia spero di non trovare un lavoro che mi faccia rimpiangere di avere lasciato l’Africa”
Alcuni suoi parenti gli danno del pazzo ma il vero motivo per cui Giulio è venuto in Africa è fare un lavoro che non gli facesse odiare il lunedì, oltre a volere “scoprire contesti radicalmente diversi non da turista ma da abitante”. Perché il cooperante 29enne, dopo una laurea triennale in matematica all’Università di Milano, un’occupazione stabile in Italia come consulente alle imprese la aveva anche trovata. “Un primo lavoro a cui sarò sempre grato – racconta Giulio ricordando i pochi giorni passati presso la multinazionale – perché mi ha fatto capire esattamente tutto quello che non volevo fare”. Un mese è bastato per farlo scappare dall’azienda e iscriversi a una magistrale in Economia dello sviluppo a Firenze: l’idea era di non perdere il background matematico ma “aprirsi la strada a lavori più sociali”. Nella testa di Giulio i racconti del nonno che in Africa aveva fatto guerra e prigionia. “Credo che la curiosità per il continente nero sia nata lì e cresciuta in sordina”. Un desiderio che esplode subito dopo la magistrale quando, “praticamente senza esperienza”, il giovane laureato va a bussare alla porta della ong francese che, dopo qualche mese da volontario in Francia, “un bel giorno, ha deciso di inviarmi in Africa come coordinatore”.
“L’obiettivo è fare emergere un mercato locale per costruire abitazioni con una tecnica che utilizza solo la terra”
Da quell’inizio in sordina, ormai tre anni, ogni mattina sono le galline a svegliarlo alle sei e mezza. Poi la sua amata moto gli fa strada tra le polverose via africane per iniziare le missioni su campo. “L’obiettivo è fare emergere un mercato locale per costruire abitazioni con una tecnica che utilizza solo la terra. Non regaliamo case né le vendiamo, sicuramente sarebbe più facile ma non permetterebbe l’emergere di un vero mercato autonomo sul lungo periodo”. Le mansioni sono varie: dalle visite in cantiere alla formazione dei muratori locali fino alla sensibilizzazioni nei villaggi accompagnato dai colleghi ghanesi. Una scelta, quella di lasciare l’Italia e trasferirsi in un piccolo villaggio africano, che non è stata certamente economica. “Prendo 800 euro netti al mese, uno stipendio piuttosto basso per la posizione che ricopro”. “Soldi con cui in Italia farei la fame”, mentre in Africa riesce a risparmiare quasi 500 euro ogni mese. Il vero guadagno del 29enne? “Ho l’impressione di fare qualcosa di utile, o quantomeno di non dannoso”.
“Prendo 800 euro netti al mese. Soldi con cui in Italia farei la fame, mentre in Africa risparmio quasi 500 euro al mese”
Dopo tre anni, sono diverse le spinte che muovono Giulio a volere tornare a casa. “La causa principale è che facendo questa scelta mi sono allontanato dalla donna della mia vita”, racconta mentre assapora la possibilità di provare a vivere con lei. “La mia compagna non solo ha capito ma ha anche appoggiato la mia decisione: non gliene sarò mai abbastanza grato”. Il secondo motivo è la voglia, realizzata proprio in Africa, di entrare a far parte di coloro che “provano a rendere la loro terra un paese migliore”. Il terzo, il crescente flusso di migranti. “Vorrei occuparmi dell’accoglienza dei rifugiati, quindi in un certo senso continuare a lavorare con le stesse persone, ma stavolta con loro nel ruolo di stranieri”. Trovare “un bel progetto di formazione e inserimento lavorativo per chi cerca nuova vita nel Belpaese” è quel che il 29enne milanese spera di trovare una volta rientrato in Italia. Un po’ come ricambiare il favore verso un continente che ha saputo accoglierlo e farlo sentire a casa.
“L’Italia mi spaventa per mille motivi e soprattutto perché so che le migliori opportunità le troverei all’estero”
Ma nonostante tre anni di esperienza come coordinatore e una laurea presa con il massimo dei voti, “tornare a casa” potrebbe non essere così facile per il 29enne. “L’Italia mi spaventa per mille motivi e soprattutto perché so che le migliori opportunità le troverei all’estero, per questo temo il momento in cui dovrò iniziare a mandare il curriculum”. Eppure, è proprio l’Italia la terra dove Giulio sente di volere tornare a vivere, anche se non riuscisse a offrirgli il lavoro che cerca. “Potrei comunque provare ad aprire qualcosa di nuovo da me”. Non si spaventa mentre prepara le valigie per dire addio alla terra che l’ha portato a lasciare un futuro certo come consulente in azienda. Per ora il biglietto di ritorno è quasi prenotato. Poi, “vedrò come va col mal d’Africa”.