Singolare città Cosenza, luogo libertario sospeso tra eresia ed utopia che non finisce mai di stupire. Padre Fedele Bisceglia, sandali ai piedi, una vita col saio a contrastare le povertà, ingiustamente accusato di violenza sessuale su una suora dissoltasi nel nulla, quasi che fosse una bolla di sapone, entra nel municipio bruzio dalla porta principale. Tante volte l’aveva attraversata, anni fa, quando era sindaco Giacomo Mancini. La ragione? Sempre la stessa: reclamare attenzione per quell’Oasi francescana, un tetto ed una tavola per gli ultimi che, con tenacia, aveva contribuito a costruire. A volerlo, oggi, nella sua giunta è Mario Occhiuto, sindaco visionario mandato a casa anzitempo e poi rieletto sfiorando al primo turno il 60% dei consensi. Un primo cittadino che ha saputo raccogliere il voto antisistema, in spregio di quei poteri mummificati, da perdita di connessione sentimentale con la collettività. Siederà nella stessa giunta Vittorio Sgarbi, che sarà assessore ad uno dei centri storici più struggenti del sud d’Italia.
Rewind, riavvolgiamo il nastro. 10 anni fa Cosenza, tranquillo capoluogo di provincia del Mezzogiorno, guadagna la ribalta delle cronache nazionali e annesse trasmissioni teletrash a caccia d’audience. Il motivo? L’arresto del monaco anticonformista più famoso della città. Lui è Padre Fedele, frate cappuccino, certo non un santo benché anche medico in Madagascar, linguaggio maccheronico e bussola sempre orientata sugli ultimi. Il più amato dagli ultrà, domenica sciarpa rossoblu al collo e tifo in curva sud per il “Magico Cosenza”. Accusato d’aver abusato d’una consorella (accusa imbarazzante, tanto più per un prete), sarà sospeso a divinis. Lei è Suor Tania, forse eccessivamente esposta e per questo diventata, suo malgrado, fenomeno mediatico.
Una vicenda singolare: all’epoca dell’arresto Padre Fedele gestisce l’Oasi francescana, rifugio di tanti. E in tanti aleggerà il sospetto, nemmeno tanto vago, d’una trama ordita per mettere le mani su un luogo divenuto appetibile. Perché anche a sud può accadere che il sociale, magari l’accoglienza per gli stranieri, i Cara… diventino un grande affare. Il Tribunale di Cosenza lo condanna in primo grado a 9 anni e 2 mesi. Lo scorso 9 giugno, dopo l’assoluzione in Corte d’Appello, un nuovo capovolgimento: la Cassazione lo assolve con formula piena e sentenza definitiva. Le dichiarazioni della suora bollate di scarsa credibilità. Una storia che oggi, a 10 anni di distanza, sa di macchina del fango, di gogna mediatica. E un sistema giustizia che fa acqua da tutte le parti. Da riformare. All’epoca la città si divide tra colpevolisti e innocentisti. Oggi una sentenza sancisce la sua innocenza.
E sbaglia chi pensa di poter cavalcare la polemica politica; peggio ancora chi tenta strumentalizzazioni su un terreno, quello della violenza alle donne, così sensibile, così tremendamente vero. Che, al netto delle ipocrisie, le sentenze vanno rispettate è chiaro. 10 anni non facili per il monaco. E in questi giorni potevi incontrarlo sull’isola pedonale, tra le statue del Museo all’aperto Carlo Bilotti, sguardo sorridente, serenità anni luce lontana dal rancore, cassetta di legno per raccogliere fondi a sostegno dei suoi poveri, statua vivente d’una vita spesa in difesa degli altri. Oggi assume la delega al “contrasto alle povertà, al disagio, alla miseria umana e materiale, al pregiudizio razziale e religioso, alla discriminazione sociale”. E di miserie umane dovrà combatterne tante, in verità non solo materiali, anche sottilmente immateriali. Sarà ambasciatore degli invisibili e degli ultimi.
E, nell’epoca della comunicazione affidata ai social e che viaggia veloce tra saperi condivisi, il sindaco, con un gesto che sa di simbolica resa del maltolto, l’annuncia dal suo profilo Fb. In meno di 24 ore più di 4mila like, più di 1600 condivisioni e qualche storcimento di naso veterofemminista. Euforia e stramazzi a sinistra. “Il mio impegno sarà quello di costruire un dormitorio, perché nessuno debba trovarsi a dormire in strada” dirà a caldo. Certo, Cosenza non è Parigi, dove i poveri dormono finanche sui marciapiedi di Sant-Germain-de-Près. Eppure le povertà con cui dovrà confrontarsi son tante. Troppe. Non ultime quelle dell’anima. Saprà combatterle, tutte, con la determinazione di sempre. Forse meglio di prima.
Buon lavoro Fedele.