Attualità

Facebook, la (triste) verità sui “Mi piace”

Un divertissement di Michele Monina - Fatevene una ragione, se avete qualche decina, o anche centinaia di ammiratori non siete una top model, non siete uno scrittore, non siete un fotografo in grado di ambire al Pulitzer

Divertissement di Michele Monina

Da quando internet ha fatto irruzione nelle nostre vite, tecnicamente parecchi anni fa, più in concreto negli ultimi anni, il mondo è diventato un posto decisamente più piccolo. Non c’è bisogno di soffermarsi troppo su questa considerazione, lo sappiamo tutti e chi mai provasse a sostenere il contrario si ritroverebbe, in un nanosecondo, ricoperto di pece e piume e costretto a camminare davanti a tutti, con la sicurezza che poi il tutto finirebbe online e che quindi raggiungerebbe lo sguardo divertito e magari anche sorpreso di un cingalese o di un giapponese. Conoscete anche tutti la famosa battuta di Corrado Guzzanti, quella che fa, pressappoco così: “Grazie alla rete possiamo comunicare in tempo reale con un aborigeno dell’Australia. Ma che je dovemo dì, noi, a un aborigeno dell’Australia?”.

Sia come sia, il mondo è diventato questo posto piccolissimo. Mondo più piccolo, popolazione più ampia. Un bel casino, insomma. E in tutto questo ci siete voi. Voi, e la vostra autostima vacillante. La vostra volontà di mettervi al centro dell’attenzione. Operazione, questa, più semplice da fare rispetto al passato ma allo stesso tempo, più difficile. Come si può, infatti, diventare visibili se nel mentre stanno provando a farlo altri sette miliardi di nostri simili? È vero, non esageriamo: non tutti hanno tempo da perdere, non tutti hanno internet oppure non tutti hanno la necessità di mettersi in mostra.

Nei fatti, siamo in un campo di battaglia decisamente parecchio frequentato. Siamo… siete in un campo di battaglia decisamente parecchio frequentato, e per nutrire debitamente la vostra autostima non potete che usare mezzi che, un tempo, quando i confronti erano tutti reali, vis a vis, e non virtuali, vi sareste guardati bene dall’usare. Chi di voi, per dire, avrebbe passato tutto il tempo a stringere le braccia in pose innaturali pur di strizzare adeguatamente le tette a favore di camera? O chi avrebbe stretto la bocca in quella posa che la fa somigliare al culo di una gallina, contornata di un’espressione non esattamente intelligente? Chi avrebbe pensato mai di immortalare ogni minimo secondo dell’estate, documentando il tutto con i propri piedi a fare da costante? Chi avrebbe pensato di sottolineare un tramonto come una qualsiasi situazione emotivamente significativa con una frase che, se letta in un Bacio Perugina vi avrebbe spinto a contattare il Codacons per un’azione legale contro la Nestlè?

Ora siete lì che fate tutto questo e lo fate perché, per ragioni che sfuggono a ogni logica, in voi si è fatta largo la convinzione che avere tanti Mi Piace sui vostri social sia un segno di successo, di stima da parte degli altri, addirittura una conferma sociale al vostro esserci. Così pubblicate foto in cui mostrate le tette, facendo contorsioni degni di un derviscio rotante, e vi ritrovate cento Mi Piace. La cosa vi sembra davvero importante. Cento persone si sono soffermate sulla vostra pagina, qualcuno vi ha anche scritto in privato, uno addirittura vi ha mandato una foto del proprio pene, come improbabile cadeau: tutti si sono comunque soffermati su di voi e le vostre tette e hanno impiegato qualche secondo della propria esistenza per tributarvi un Mi Piace. Mica uno scherzo, oltre cento Mi Piace per un vostro selfie. Oltre cento Mi Piace per una vostra frase. Per un panorama con piede. Per un mare immortalato dalla vostra pancia, il vostro slip in primo piano.

Fermiamoci un attimo. Fermatevi un attimo. Ragionate. Cento Mi Piace. Sarebbero pochi, pochissimi se li voleste quantificare in un qualsiasi ambito commerciale. Cento unità non sono un mercato: porterebbero al fallimento di un qualsiasi brand. Ma non stiamo parlando di mercato, è vero. Pensiamolo allora in ambito social e, se possibile, proviamo poi a traslare il tutto nel mondo reale. Avete circa cinquemila contatti su Facebook. Molti sono arrivati, alla spicciolata, proprio a ogni pubblicazione di selfie vagamente hot. Ora, tolti quelli che avete bannato perché vi hanno poi contattato in privato mandato parti intime in fotografia (fotografie che però tenete conservate in un folder chiamato Cazzi su Facebook), diciamo che in un anno siete arrivati a cinquemila contatti. Cento su cinquemila fa appena il 2%. Nulla praticamente. A ogni vostra strizzata di tette appena il 2% dei vostri contatti decide di tributarvi il proprio interesse. E sono quasi sempre gli stessi.

Se però volessimo uscire dal ristretto ambito della rete, e muoverci per quel mondo che, proprio grazie alla rete è diventato improvvisamente così piccolo, beh, a quel punto lo sconforto dovrebbe cogliervi in maniera talmente violenta da far regredire le vostre tette così generosamente esibite al grado di pulsante per accendere la luce. Nel mondo ci sono tra i sette e gli otto miliardi di abitanti, e voi siete lì ad avere unìimpennata di autostima perché cento persone, sempre quelle, vi hanno messo Mi Piace a una foto di voi che, per attestare il vostro essere andate al mare, avete voluto far vedere il culo. Cento su sette miliardi. Volete davvero che vi dica di che percentuale si tratta? Vi basti sapere che neanche Rotondi, alle ultime elezioni, ha avuto una percentuale così bassa.

Fatevene una ragione, se avete qualche decina, o anche centinaia di ammiratori non siete una top model, non siete uno scrittore, non siete un fotografo in grado di ambire al Pulitzer. Siete solo una persona che ha cento persone che mettono Mi Piace a tutto quello che postate. Nel mentre il mondo diventa sempre più piccolo e sempre più popolato, e il solo valido motivo per strizzare le tette è che andando avanti di questo passo, tra un po’, non ci sarà più posto neanche per loro.

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