Società

La salute non è più cura, ma produzione di business

Da molti anni cerco di spiegare quali metodi possano modificare il concetto di bene comune inteso come volontà di far applicare un sistema di controllo sull’operato dei medici più vicino al paziente in modo da avere maggior salute e minore spesa sanitaria, in parte dovuta alla medicina difensiva, che si combini con la gestione soggettiva dei dati sanitari, che diventa a sua volta un controllo indiretto.

La politica resta sorda e non ha accettato alcun mio suggerimento e, tanto meno, vuole coinvolgere una persona che possa chiarire o far risparmiare: se non interessa la salute alla politica non interessa la vita delle persone. Questo solo perché il mondo politico ed economico ragiona in termini di Prodotto interno lordo (Pil) e non di benessere del cittadino.

Robert Kennedy nel suo storico discorso all’Università del Kansas del 18 marzo 1968 diceva: «Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del prodotto interno lordo. Il Pil comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani».

A nessuno interessa produrre salute, a tutti interessa produrre tutto quello che gravita intorno alla malattia, consumandolo appena prodotto. In questa ottica entra la produzione di strumentario diagnostico e chirurgico che cambia come per i cellulari, piccole modifiche per far diventare immediatamente obsoleto il precedente. In questa ottica gravita la produzione di farmaci spesso inutili o controversi come i vaccini antinfluenzali; superflui, come le lacrime artificiali che in Italia sono arrivate a circa duecento tipi differenti; costosi, come Lucentis inutilmente costoso rispetto al sovrapponibile Avastin.

A nessuno interessa la trasparenza e la legalità applicata alla salute dei cittadini ed al concetto di sanità uguale per tutti. A nessuno interessa andare a trovare nuovi sistemi di riduzione di spreco diagnostico, clinico, chirurgico o farmaceutico. Forse è venuto il momento di cambiare l’indicatore che misura lo stato di salute di un Paese partendo proprio da una radicale riforma dei sistemi e del concetto di salute e di benessere.