Alitalia, “Ancora tu, ma non dovevamo vederci più”, cantava Battisti. Quasi due anni fa, dopo l’ennesimo salvataggio-vendita Matteo Renzi disse: “Allacciatevi le cinture stiamo decollando davvero” mentre il Ceo di Etihad affermò: “Ci sposiamo con la compagnia aerea più sexy del mondo”. E un anno dopo, ancora una volta, siamo alle solite. A lanciare l’allarme è il presidente della compagnia Luca Cordero di Montezemolo: “Perdiamo 500mila euro al giorno, serve responsabilità da parte di tutti”. Si preannunciano così nuovi aiuti (mascherati) di Stato e l’appello rivolto dopo il recente sciopero dei sindacati alla maggiore collaborazione sembra un invito agli azionisti pubblici, cioè Poste e banche: presto, dovrete rimettere mano al portafoglio per coprire le nuove e inaspettate perdite. Del resto questo periodo è stato speso per discutere e trovare una soluzione “innovativa” alle nuove divise e al look del personale di volo e per decidere di uscire dall’alleanza con Air France mentre il socio Etihad entrava nella stessa partnership di Sky Team. Neppure è bastato il siluramento dell’ex Ad Silvano Cassano (uomo Benetton) che era in conflitto d’interessi essendo Benetton proprietario dello scalo (Fiumicino) ma anche tra i principali azionisti di Alitalia, su cui opera e fa base la ex compagnia di bandiera per migliorare i conti dell’azienda. E così siamo punto a capo.
Serve ricordare che uno studio di Mediobanca ha accertato che nel periodo 1974-2014 la storica compagnia aerea italiana ha macinato 7,4 miliardi per il suo continuo salvataggio prima alla compagine statale e successivamente a quella privata dei “capitani coraggiosi”. Sorprendente è l’invito di Montezemolo a rompere con le vecchie logiche ma la politica, i sindacati e gli interessi corporativi sembrano arrivare sempre prima e solo poi quelli dei passeggeri e i conti della compagnia. Alitalia si poggia ancora su questi “assi strategici” consociativi nonostante l’ingresso al 49% della potente compagnia emiratina Etihad. Ingresso forse più interessato a neutralizzare un competitor sull’importante bacino di traffico nazionale piuttosto che allo sviluppo di strategie comuni.
Resta incredibile uno dei motivi dello sciopero di qualche giorno fa del personale: continuare ad avere i biglietti gratis della compagnia, nel caso che ci siano posti vuoti a bordo, e senza pagare le tasse aeroportuali cosa che invece fanno i colleghi delle altre compagnie. Proprio quella tassa, tra cui i 9 euro del Fondo speciale del trasporto aereo con un gettito di 30 milioni l’anno pagato dai passeggeri che servono ad alimentare il Fsta, una sorta di welfare aggiuntivo utilizzato per alimentare una cassa integrazione “d’oro”, gli stessi addetti Alitalia non la vogliono pagare. Questa gabella andrebbe abolita perché serve a loro per un trattamento economico privilegiato ed iniquo, dai 3 ai 20mila euro lordi al mese (unico Paese al mondo in cui è stata istituita) rispetto agli addetti degli altri settori che percepiscono in cassa “solo” 1.200 euro al mese e con durata limitata mentre per l’Alitalia si arriva anche a ben 7 anni. Tassa la cui finalità potrebbe anche non essere discussa se valesse anche per le altre categorie di lavoratori (commercio-industria-servizi ecc) per vere e non promesse ristrutturazioni aziendali e non fosse usata a fini corporativi e di consenso politico.
Se si chiede ai dipendenti Alitalia di rinunciare parzialmente a un privilegio unico in Europa – volare gratis facendo pagare una tassa sul loro welfare aggiuntivo a tutti gli altri passeggeri – la risposta è lo sciopero.