“Un complotto ai danni dell’Eni e di Matteo Renzi? Se i fatti esposti dal Fatto Quotidiano sono veri, si tratta di un’azione gravissima contro la sicurezza nazionale”. A commentare gli articoli sul presunto complotto contro l’amministratore delegato Claudio Descalzi e il premier è il senatore Pd Stefano Esposito. “O ‘Il Fatto’ è bene informato”, ha detto all’agenzia Adnkronos, “e allora c’è da domandarsi come sia potuta trapelare una notizia che rischia di ostacolare il lavoro dei magistrati nell’accertamento dei fatti (e quindi andrebbe perseguito il responsabile), oppure si tratta di un falso e in quel caso ne risponderà il giornale. Io però mi attenderei una presa di posizione da parte della Procura di Siracusa, che smentisse, se c’è da smentire”. Esposito ha chiesto anche un intervento del ministro della Giustizia Andrea Orlando: “Credo che sarebbe opportuno che si attivasse nell’ambito delle sue prerogative, affinché la Procura si pronunciasse. Perché si ha il diritto di sapere, e io voglio sapere, se c’è un complotto nei confronti del presidente del Consiglio italiano e della più grande azienda del Paese. Da troppo tempo queste operazioni vere o presunte avvelenano la storia italiana”.

Intanto il procuratore di Siracusa Francesco Paolo Giordano ha detto di “non avere nulla da dichiarare”. L’inchiesta, di cui il Fatto ha dato conto negli ultimi giorni, mira a far luce su un dossier contro Descalzi, inviato per prima alla Procura di Trani e poi a Siracusa, con il probabile obiettivo di farlo sostituire nell’incarico al vertice dell’Eni, coinvolgendo anche il presidente del Consiglio che sarebbe accusato di essere stato finanziato dal Mossad. Uno scenario complesso sul quale la Procura di Siracusa indaga ormai da diversi mesi. Dagli uffici al quinto piano del Palazzo di giustizia nei giorni scorsi era arrivata solo la conferma dell’esistenza sull’inchiesta.

Un’ipotesi investigativa, secondo quanto ha pubblicato il ‘Fatto quotidiano’, è che soggetti collegati alla finanza internazionale e a grandi aziende italiane abbiano in qualche modo pilotato interventi e posizioni all’interno del Consiglio d’amministrazione di Eni Spa al fine di indebolire il ruolo dell’ad Descalzi veicolando notizie “false e tendenziose”. Per raggiungere questo obiettivo sarebbe stato architettato anche un falso dossier contro il presidente del Consiglio, con l’accusa di essere stato finanziato dai servizi segreti israeliani. Sullo sfondo un intrigo con faccendieri nigeriani e iraniani che hanno forti interessi negli affari petroliferi gestiti dall’Eni. Al momento, secondo la ricostruzione del ‘Fatto’, solo una persona risulta indagata con l’accusa di corruzione internazionale: si tratta di Massimo Gaboardi, tecnico commerciale di impianti industriali. Gaboardi avrebbe ricevuto la promessa di denaro dal governo nigeriano per facilitare un cambio al vertice dell’Eni, da qui nascerebbe l’accusa nei suoi confronti.

Nei giorni scorsi sono stati interrogati in Procura, dal sostituto procuratore Giancarlo Longo, che collabora all’inchiesta, l’imprenditore Andrea Bacci, amico di Renzi, e Vincenzo Armanna, ex manager dell’Eni, attualmente indagato dai magistrati di Milano per concorso in corruzione internazionale. Entrambi sono stati sentiti come persone informate sui fatti. Nei prossimi giorni la Procura di Siracusa potrebbe ascoltare altri testimoni vicini al premier: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti e l’imprenditore Marco Carrai.

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