In questi ultimi mesi ho visitato una ragazza di anni 17 che presentava un episodio psicotico legato temporalmente con l’inizio dell’uso di cannabinoidi. Si tratta di una grave patologia in cui gli elementi principali sono allucinazioni, deliri, paranoia e chiusura in se stessi. Fortunatamente con un mese di cure è nettamente migliorata e non presenta più questi sintomi. Ha raccontato a me e ai miei collaboratori che da circa un anno aveva cominciato a fumare hashish con gli amici. I genitori avevano notato una maggiore irritabilità, scarsa concentrazione, insonnia ma non ci avevano fatto troppo caso. Successivamente sono cominciate le difficoltà scolastiche con tendenza a non frequentare e difficoltà a prestare attenzione per poi sfociare nella psicosi.
La domanda che si può porre è se sia stato l’uso di cannabiniodi a scatenare la psicosi o se vi fosse già una patologia latente in evoluzione concomitante al consumo dalla sostanza stupefacente. I fattori da studiare sono molteplici in quanto si tratta di un disturbo in cui gli elementi implicati sono diversi partendo da quelli genetici, ambientali fino all’uso di medicamenti o sostanze. Nel 2011 sul British Medical Journal sono comparsi i risultati di una ricerca durata 10 anni di Rebecca Kuepper ed altri che ha messo in evidenza come ci sia una notevole probabilità che l’uso prolungato di cannabinoidi determini un aumento del rischio di psicosi. Soprattutto questi autori hanno riscontrato come l’uso di sostanze, negli anni successivi alla comparsa del malessere, diminuisce molto la percentuale di coloro che guariscono facendo persistere i sintomi.
Nell’età adolescenziale la plasticità neuronale è in evoluzione e il rischio che sostanze psicoattive – dall’alcol alle droghe leggere fino agli psicofarmaci e alle droghe pesanti – agiscano determinando degli effetti permanenti è concreto. Per questo motivo occorrerebbe molta attenzione da parte degli educatori e dei mezzi di comunicazione di massa nel lanciare messaggi rassicuranti sull’uso di sostanze psicoattive. Note personalità affermano che la cannabis è meno dannosa rispetto al fumo di sigaretta. Questo è presumibilmente vero a livello polmonare o rispetto alle patologie oncologiche ma, fermo restando che anche il tabacco determina una dipendenza cerebrale, dobbiamo avvertire i giovani sul rischio per la loro salute mentale legato all’uso di cannabis. Si tratta di una sostanza che determina dipendenza (desiderio di usarla di nuovo e difficoltà a smettere), tolleranza (necessità di aumentare il dosaggio per avere gli stessi effetti) e astinenza (malessere più o meno rilevante, a seconda dell’entità dell’uso, nel momento che si sospende).
Fortunatamente solo in casi circoscritti si arriva alla psicosi ma sono molto frequenti attacchi di panico e stati ansiosi collegati all’uso di cannabinoidi. Nella mia personale attività clinica ho seguito in 30 anni una decina di casi in cui l’accostamento di sostanze cannabinoidi e psicosi era presente mentre i pazienti affetti da disturbi ansiosi correlati sono stati centinaia. E’ difficile dire in quante persone, rispetto alla platea dei consumatori, si determinano malattie mediche in quanto l’uso viene spesso tenuto nascosto e quindi non si conoscono i dati epidemiologici.
In questo scritto non affronto il tema della legalizzazione delle droghe leggere in quanto presenta una notevole complessità rispetto alle conseguenze che potrebbero determinarsi sul mercato dello spaccio e sull’uso più facile da parte della popolazione. Su questo terreno si scontrano visioni ideologiche con connotazioni politiche. Sottolineo solo che è quasi impossibile prevedere le conseguenze di una legge a tavolino in quanto intervengono molteplici fattori. Chi si dice sicuro di quello che accadrebbe mente per ottenere consenso. Ad esempio si tende a non considerare il fatto che gli spacciatori non stanno certo con le mani in mano, ma si adattano alle leggi e cercano di cogliere le nuove opportunità. Negli ultimi anni gli spacciatori fanno marketing cedendo, senza informare il cliente, cannabinoidi imbevuti di altre sostanze per abituarlo a nuove droghe con lo scopo di vendergliele in futuro.
Quello che mi preme sottolineare è la necessità che emerga un messaggio psicologico di attenzione e pericolo nei confronti di tutte le sostanze psicotrope: dall’alcol, ai farmaci fino alle droghe soprattutto nei giovani. Anche sostanze che, se usate correttamente sono utili e benefiche, come i farmaci o i cannabinoidi in certe patologie, possono diventare dannose specie per i giovani.