Per decidere bisogna avere le giuste informazioni. Altrimenti si vive ragionando “a spanne”. Il 25esimo rapporto Caritas Migrantes, pubblicato lo scorso 5 luglio, offre numerosi spunti di riflessione circa il fenomeno dei migranti. Il ritmo di crescita del numero di stranieri residenti in Italia anni è ben distante dal giustificare allarmi su una presunta “invasione”.  Nel 2014 gli stranieri ufficialmente residenti nel nostro Paese sono infatti cresciuti di appena l’1,9%, passando da 4 milioni e 922 mila a 5 milioni e 14 mila, pari all’8,2% della popolazione totale.

Il timore che una specifica cultura esogena possa alla lunga prevalere su tutte le altre è smentito dalla varietà delle provenienze geografiche dei flussi migratori: tra le principali si distinguono i Paesi dell’Europa Centro-Orientale (30%), dell’Africa settentrionale (20,7%), dell’Asia centro-meridionale (13,9%) e dell’Asia orientale (13,4%). Volendo ampliare lo sguardo al fenomeno dell’immigrazione irregolare, le stime evidenziano valori non così apocalittici come alcuni vorrebbero far credere: in base agli studi di Fondazione Ismu – Iniziative e studi sulla multietnicità, gli stranieri presenti in Italia senza un valido titolo di soggiorno sono stati, nel gennaio 2015, circa 400mila, pari allo 0,7% circa della popolazione italiana complessiva.

Quello che questi numeri non esprimono è inoltre il contributo al benessere sociale che persone provenienti da altre nazioni portano alla nostra società. Secondo le statistiche dell’Ocse, i migranti rappresentano il 70% dell’aumento della forza lavoro in Europa nel corso degli ultimi 10 anni; dal rapporto Migrantes apprendiamo inoltre che in Italia la percentuale di persone occupate tra la popolazione di origine straniera sopra i 15 anni è pari al 58% del totale, a fronte di un 41,9% tra la popolazione italiana e che la forza lavoro italiana è oggi costituita per il 7,8% da persone di origine straniera.

Ci “rubano” dunque il lavoro? Le cose non stanno proprio così: nella maggior parte dei Paesi europei, i migranti stanno supplendo alla carenza di manodopera in diversi settori nei quali i locali non sono più interessati a lavorare. Secondo il rapporto pubblicato nel mese di marzo da Concord Europe, nella maggior parte dei Paesi europei esiste un disallineamento tra domanda ed offerta di posti di lavoro scarsamente qualificati: la maggior parte dei cittadini dei Paesi “occidentali” tende infatti a rifiutare lavori umili e mal retribuiti, eppure le opportunità lavorative di questo tipo rappresentano quasi il 40% del totale nel nostro Paese. E’ pertanto importante, per il nostro tessuto produttivo, trovare persone disposte ad accettare questo genere di lavori, in particolare nei settori della vendita al dettaglio, della ristorazione, dell’assistenza personale e domestica, delle costruzioni e dei trasporti, in cui l’automatizzazione non è ancora particolarmente sviluppata.

Inoltre, la teoria del “furto” dei posti di lavoro si basa sull’errata concezione che il numero delle opportunità lavorative in un dato Paese sia fisso: al contrario, come sottolineato da Concord Europe, i flussi migratori creano nuove occasioni di lavoro anche per i cittadini dei Paesi di immigrazione, dal momento che i migranti sono anche consumatori di beni e servizi ed imprenditori; la loro età media decisamente più bassa, inoltre, consente di dare una boccata d’ossigeno al nostro sistema di welfare, sotto forte pressione a causa della progressiva senescenza della popolazione italiana.

Di tutto ciò ci viene conferma, oltre che dalle analisi dell’Ocse a livello internazionale, dal rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione in Italia pubblicato dalla Fondazione Leone Moressa nell’ottobre 2015, il quale ha evidenziato come la ricchezza prodotta dai 2,3 milioni di occupati stranieri nel nostro Paese abbia raggiunto i 125 miliardi di euro, pari all’8,6% del Pil nazionale. Nel 2014 i contribuenti stranieri hanno versato nelle casse dello Stato italiano un’Irpef netta di 6,8 miliardi di euro, mentre le imprese condotte da nati all’estero hanno prodotto 94,8 miliardi di valore aggiunto. Inoltre, con i 10,3 miliardi di euro dei contributi previdenziali dei lavoratori nati all’estero è possibile pagare la pensione a circa 620mila pensionati italiani. Nel complesso, a fronte di circa 17 miliardi di entrate provenienti allo Stato italiano dai lavoratori migranti, gli esborsi dello Stato destinati a persone nate all’estero sono pari a 13 miliardi circa, con un saldo di attivo per circa 4 miliardi.

Qualche numero che orienta in modo differente la questione migratoria.

(Grazie a Riccardo Facchini per la ricerca sui dati economici)

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