Blackout al Tribunale e alla Procura di Reggio Calabria e attività sospese. Da ieri sera non c’è acqua e non c’è luce al Cedir. I tecnici dell’Enel sono al lavoro, ma nel frattempo non funzionano i metal detector e per motivi di sicurezza non si può entrare. Non ci sono le condizioni per lavorare per cui nessun processo può essere celebrato. “Udienze rinviate a data da destinarsi”. Su disposizione, quindi, del presidente facente funzioni del Tribunale Filippo Leonardo tutti a casa: magistrati, cancellieri e avvocati.

La giustizia in Calabria per l’ennesima volta si dimostra da terzo mondo, nonostante sia qui che viene indagata e processata la ‘ndrangheta, la più importante organizzazione criminale in Italia.

L’ufficio tecnico del Comune, proprietario del Cedir, ha spiegato che la mancata erogazione dell’energia elettrica è dovuta all’interruzione a un cavo a media tensione che ha anche provocato disagi idrici per via della mancata alimentazione di alcune pompe di sollevamento nei pressi del Palazzo comunale.

Il gruppo elettrogeno ha mantenuto attivo l’allarme fino a stamattina, ma adesso il palazzo è bloccato. Non funziona nulla per cui – è scritto in una nota del Comune – per motivi di sicurezza cittadini e operatori “sono invitati a non accedere al palazzo”.

I disagi si sommano al sistema giustizia che, a Reggio Calabria, va a rilento a causa della carenza cronica di personale che sta portando alla paralisi degli uffici giudiziari. Pochi giorni fa il procuratore Federico Cafiero De Raho ha raccontato, proprio dalle colonne del Fatto Quotidiano che nessun magistrato ha chiesto di lavorare in riva allo Stretto. Un problema che riguarda tutta la Calabria tranne la procura di Catanzaro (guidata dal procuratore Nicola Gratteri), l’unico ufficio dove ci sono più domande di trasferimento che posti liberi.

A Reggio, invece, non ci sono aspiranti per i 21 posti vacanti in tutto il Distretto. Il rischio è di non poter arrestare più mafiosi perché non ci sono pm per le indagini e giudici per le misure cautelari. L’ufficio Gip è al collasso così come lo è il Tribunale del Riesame.

Quanto al Palazzo di giustizia e al blackout di stamattina, i disagi per magistrati e avvocati sono ancora più evidenti se si considera che da anni è quasi pronto il nuovo Tribunale per il quale sono stati già spesi circa 80 milioni di euro. I lavori, però, sono stati bloccati dopo il fallimento della “Bentini”, la società che nel 2004 si era aggiudicata l’appalto ai tempi dell’ex sindaco Giuseppe Scopelliti, poi diventato governatore della Calabria.

Da ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma aveva affermato che mancavano 5 milioni di euro perché si potesse finire l’opera mastodontica che dovrebbe ospitare tutti gli uffici giudiziari di Reggio, oggi divisi tra il Cedir, il vecchio Tribunale e alcuni locali in affitto. Un’opera che avrebbe consentito ai magistrati di non passare più dai bagni (unico passaggio) per spostarsi da un ufficio all’altro.

Nell’agosto 2014, poi, Renzi promette di completare il nuovo Palazzo di Giustizia e, nel corso di un incontro in prefettura aveva afferma: “I denari per il Tribunale sono pronti. Occorre che la Regione faccia la richiesta formalmente a Palazzo Chigi. Il sottosegretario Delrio ha preso contatti in queste ore. Ma i denari per completare definitivamente il Tribunale sono a disposizione pronti per essere investiti e spesi”. Era il 14 agosto, in piena campagna elettorale per le comunali poi vinte dal sindaco Giuseppe Falcomatà (Pd). Sono passati due anni e il cantiere è fermo mentre al Cedir non c’è acqua e non c’è luce.

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