Il sì crolla, ma è sempre in vantaggio. Il no aumenta, ma è ancora minoritario. Gli indecisi rappresentano ancora un terzo dell’elettorato (33%), un oceano di voti dal quale le due fazioni possono pescare a piene mani, se imposteranno bene la loro campagna elettorale. Di certo il referendum costituzionale per Matteo Renzi si è trasformato da plebiscito a vicolo cieco. A dirlo è un sondaggio di Demos pubblicato oggi da Repubblica che non rileva il “sorpasso” (sia pure di misura) che registrano altri istituti di rilevazione, ma indica una flessione di 13 punti dei favorevoli al referendum nel giro di 4 mesi, dal 50 per cento al 37. Nel frattempo i no incrementano i propri voti del 6 per cento e arrivano al 30. Un distacco di 7 punti che si riduce a 3 (38-35) tra coloro che dicono che sicuramente andranno a votare.
Quanto abbia pesato l’atteggiamento del presidente del Consiglio sul referendum d’autunno lo spiega un altro quesito dell’istituto diretto da Ilvo Diamanti. Quel 37 per cento di sì, infatti, è la media del 53 per cento di chi esprime un giudizio positivo sul capo del governo e il 27 di chi invece esprime un giudizio negativo su Renzi (ma sostiene comunque il referendum). Questo apre uno scenario sul quale Renzi almeno a parole ha detto di confidare. Cioè: la conquista di voti che non siano dei partiti della maggioranza. E un margine, almeno sulla carta, c’è.
Lo scorporo degli orientamenti sul referendum sulle riforme costituzionali in base al voto dice che due elettori su 3 dell’area di centro voterà sì, così come il 62 per cento degli elettori del Pd. Ma il ddl Boschi raccoglie consensi anche dagli elettorati di varie forze politiche d’opposizione, M5s compreso.
Tra chi si definisce elettore di Forza Italia, per esempio, il 42 per cento voterà sì al referendum, una quota superiore di chi è contrario (35 per cento, il 23 per cento è indeciso). Questo in contrasto con la linea politica recente di Silvio Berlusconi (anche se applicata da Renato Brunetta e pochi altri), ma in coerenza con l’inizio dell’iter legislativo al quale partecipò anche Forza Italia (anche collaborando al testo) che poi cambiò idea perché non era d’accordo nella scelta del presidente della Repubblica. La Lega Nord ha la quantità di elettori più indecisi (36 per cento), anche se i contrari sono la maggioranza (36 contro il 26 dei favorevoli).
L’elettorato “più duro e puro” a sorpresa non è quello dei Cinquestelle. La quota di contrari più alta, infatti, si trova tra chi si dice elettore di Fratelli d’Italia (e il resto dei partiti di destra) o – all’estremo contrario – di Sinistra Italiana, Sel e gli altri di centrosinistra. In entrambi i casi si tratta del 45 per cento. In particolare la quantità di sì più bassa è proprio quella dell’elettorato di Sel e Sinistra Italiana (26 per cento). Si divide invece in modo più omogeneo l’elettorato M5s. Il 40 per cento si dice contrario alle riforme costituzionali, ma il 30 si dice favorevole e un altro 30 non sa o non risponde.