Qualche settimana fa, ho provato a scrivere a Clizia Gurrado. Per un’ex ragazza degli Anni 80, come me, Clizia era per luce riflessa il mito di tutte le dodicenni innamorate di Simon Le Bon. Clizia aveva scritto questo libricino “Sposerò Simon Le Bon”, possiamo pure definirlo un best seller, nel senso che ha venduto così tante copie da diventare un caso nazionale.
Nick Rhodes, Simon Le Bon e John Taylor dei Duran Duran
Ma il vero caso nazionale eravamo noi: le ragazzine degli Anni 80, con i capelli cotonati e le gonne di pizzo stile Like a Virgin. Amavamo tutte Simon Le Bon, il fatto che Clizia fosse riuscita a mettersi in mostra così – era il nostro chiodo fisso, perché lei sì e noi no – stringeva una sorellanza piena di competizione, ognuna nel segreto del suo cuore sapeva che soltanto lei (medesima) lo avrebbe sposato. Sposato. E invece il nostro amato sposò la modella di origini iraniane Yasmine Parvaneh. Coraggiosissima, immagino le macumbe dal mondo. Rovesciati con la tua maledetta barca, imprecavamo forse un po’ tutte le deluse del pianeta. Simon aveva un veliero e partecipava alle regate, eravamo preparatissime. Bé insomma poi è successo, Simon Le Bon ha rischiato il naufragio col suo veliero: non siamo state noi.
Clizia non ha mai risposto al mio messaggio. Siamo adulte adesso. Che fai di bello? Ti sei dimenticata Simon Le Bon? Ci pensi ancora? O forse abbiamo tutte capito che la bellezza dell’asino dura un tot poi anche Simon potrebbe apparirci del tutto simile a un hooligan di Manchester con il naso paonazzo di bevitore da pub, l’epa molle, e le braccia da contadino. Io l’ho dimenticato.
Da ex ragazzina degli Anni 80 mi sono portata dietro la tendenza all’enfasi e all’entusiasmo stucchevole che può appiccicarsi ovunque ad ogni sciocco dettaglio della vita, bisogna stare attenti con me. Entusiasmo e noia rapidissima, erano gli estremi schizofrenici su cui rovinavano, ora da una parte ora dall’altra, le ragazzine degli anni 80. Odio le spalline posticce, il mascara tra le ciglia raggrumate e i Camperos, adesso. Non ho mai avuto un motorino.
Perseguivamo gli stessi obiettivi: stai con Simon o con quello slavato di Tony Hadley degli Spandau Ballet. Fazioni che un altro po’ diventavano gang. E poi c’erano le credulone che stavano dietro alla virilità degli Wham. Oggi dovrei aggiungere che di musica ne capivamo poco e male, intanto perché abbiamo trascurato un tizio come King (il suo singolo era Love and Pride e andava moltissimo in radio). Ignoravamo Boy George o Sade Adu. Anche se cantavamo tutti i pezzi a memoria e con un’ottima pronuncia inglese, grazie a DeeJay television e a rubriche come video sing a song una specie di trisavolo del karaoke.
Il pomeriggio c’erano le dediche alla radio, c’erano le nostre canzoni preferite, era il solo modo per risentire mille volte la voce di Simon. Il pomeriggio c’era Derrick, però. Il grigiore mortale di quel giallo tedesco era qualcosa che andava bene per gli adulti. Gli adulti allora mi sembrava lo fossero davvero. C’era una vera distanza tra noi adolescenti e le nostre mamme e in generale con l’universo dei grandi. Mia madre non sarebbe mai andata in giro indossando unghia rosa shocking o pantaloncini inguinali o orribili hair extension come succede oggi, dove vai a capire chi è la madre e chi la figlia, salvo venirci incontro la verità di certe massime: dietro liceo, davanti museo.
I pomeriggi di un’adolescente negli Anni 80 finivano con Lady Oscar, mentre i grandi guardavano Derrick e poi il tg. La notte prima di dormire, le dodicenni di allora sognavano di diventare belle e misteriose così da sposare Simon. Lo chiamavamo Simon. Con questo stato d’animo ho scritto a Clizia, l’autrice di un libricino intitolato con il desiderio di ognuna di noi: “Sposerò Simon Le bon”. E siamo finite a preparare cotolette per un ragioniere, brav’uomo per carità, tutto casa e lavoro.