Lo so, è difficile. Perché è una donna, e questo comunque non si può negare. Ma se fosse diventato primo ministro Boris Johnson, non avremmo detto che il nuovo primo ministro in Gran Bretagna era un uomo.
Quindi, vabbè. E’ ovvio e naturale scrivere che il 76esimo primo ministro della Gran Bretagna sarà una donna e che si chiama Theresa May e che entrerà a Downing Street 26 anni dopo che quella soglia era stata varcata da Margaret Thatcher. Ma appunto, 26 anni sono passati. Il mondo è cambiato parecchio, nel frattempo. Intanto la May è una sorta di femminista a modo suo. E’ una che ha molto aiutato le donne ad entrare a Westminster e il suo motto è: “Non fate le vittime, ma solo il vostro lavoro al meglio”.
E se Margaret Thatcher era una mosca bianca, adesso un primo ministro donna non dovrebbe fare più notizia. Quindi potremmo anche smetterla di parlarne come di mosche bianche.
Ma non è così. Abbiamo Angela Merkel, che non è una novità. Avremo (speriamo, vista l’alternativa) Hillary Clinton presidente degli Stati Uniti. E in Gran Bretagna la deputata Angela Eagle ha lanciato la sfida a Jeremy Corbyn alla guida dei laburisti e la premier scozzese è Nicola (nome di donna) Sturgeon e la leader del partito gallese è Leanne Wood.
Negli ultimi anni ne abbiamo avute di assolutamente sconosciute e dai nomi impronunciabili. Come Iveta Radicova, premier delle Slovacchia. O Vigdìs Finnbogadottir o Johanna Sigurdardottir in Islanda. O Mari Kiviniemi e Tarja Kaarina Halonen in Finlandia, o Hannele Pokka in Lapponia, e Julia Gillard in Australia o Ewa Kopacz in Polonia.
Anche le sindache fanno notizia: Anne Hidalgo a Parigi, Ada Colau a Barcellona, Virginia Raggi a Roma e Chiara Appendino a Torino. L’elenco sarebbe lunghissimo, perché i piccoli comuni sono pieni di donne sindache.
Adesso tutti scrivono che è il momento delle donne, che quando il gioco si fa duro arrivano le dure (tesi numero uno).
Oppure al contrario che quando il gioco si fa duro gli uomini preferiscono lasciare la patata bollente alle donne (tesi numero due).
O ancora che le donne sono i volti nuovi necessari quando la politica tradizionale è in crisi (tesi numero tre, variante della numero due).
O che le donne hanno un valore aggiunto in quanto donne portatrici di valori diversi, concretezza e condivisione e meno testosterone in circolo (tesi numero quattro, altra variamente della due e della tre).
Di tesi al proposito se ne possono aggiungere quante volete.
Di fatto, nelle 196 nazioni del mondo, solo 15 hanno una donna come capo (presidente o capo del governo), meno dell’8 per cento. Non un granché.
Sheikh Hasina Wajed, Bangladesh;
Aung San Suu Kyi, Birmania;
Michelle Bachelet, Cile;
Park Geun-Hye, Corea del Sud;
Kolinda Grabar Kitarovic, Croazia;
Ellen Johnson-Sirleaf, Liberia;
Dalia Grybauskaite, Lituania;
Marie-Louise Coleiro Preca, Malta;
Hilda Heine, Isole Marshall;
Ameenah Gurib-Fakim, Mauritius;
Saara Kuugongelwa-Amadhila, Namibia;
Bidhya Bhandari, Nepal;
Erna Solberg, Norvegia;
Beata Szydlo, Polonia;
Tsai Ing-wen, Taiwan;
Per questo probabilmente fa ancora notizia quando una donna come la May diventa Primo Ministro.
Aspettiamo con trepidazione il giorno in cui non sarà più necessario scrivere un pezzo come questo. Perché vorrà dire davvero che diventare primo ministro ed essere donna non è più una notizia. E che le persone saranno giudicate dal loro operato e non dal genere.
Ps. Ci piace invece immaginare la fila dei vaticanisti (uomini) che dovranno andare ad omaggiare la nuova vice portavoce del Vaticano, la giornalista spagnola Paloma Garcìa Avejero, prima donna in sala stampa Oltretevere (questa sì che è una notizia).