43 anni dopo, Corleone, Italia
Alle 10,40, sotto gli alberi, Renato Cortese riunisce i suoi uomini per un breefing operativo. Mette a punto il piano d’intervento. I 26 poliziotti sono pronti. Tra le foglie bagnate da una leggera pioggerellina si scorgono brandelli di cielo grigio; i prati umidi sono di un verde lucentissimo.
Tum, tum, tum: la tensione accelera il battito dei cuori, aggroviglia le budella, sale e stringe così forte da non far passare nemmeno la saliva. Il silenzio adesso è assoluto, quasi irreale. In lontananza, su una collinetta, Giovanni Marino passeggia davanti alla sua masseria. Visto da qui, visto dagli alberi sembra quasi una vedetta. Dentro, nel casolare, Binu guarda la tv. Sul video scorrono le immagini dei politici in giacca e cravatta che commentano i risultati elettorali ancora non definitivi: l’Unione dice di aver vinto, la Casa della Libertà spiega di non aver perso.
Berlusconi per ora tace, durante la notte ha convocato a Palazzo Grazioli, dove vive, il ministro dell’Interno Beppe Pisanu. E Pisanu, incredibilmente, ha abbandonato il Viminale per incontrarlo di persona. Dicono che sia stato un faccia a faccia teso. Dicono che siano voltate parole grosse. Dicono che abbiano discusso dello spoglio. Dicono che il premier, adirato, abbia parlato di quelle poche migliaia di voti che lo hanno diviso dalla vittoria, di quel niente che sarebbe bastato per rovesciare la partita.
Le voci che arrivano dal televisore rimbalzano sulle pareti di uno stanzone spoglio dominato da un forte odore di ricotta appena fatta. Il capo dei capi è seduto in un angolo, in jeans larghi e sdruciti. Su un fornello sporco c’è un pentolone incrostato dai resti della cicoria bollita. Sul tavolo, accanto alla macchina da scrivere Brother ax410 e a circa 300 pizzini, molti dei quali arrotolati, ci sono un rosario di legno e dei fogli di carta carbone. Evidentemente tutte le sue lettere Provenzano, da buon ragioniere, le ha sempre scritte in duplice copia: una per il destinatario e una per sé. Un po’ perché la memoria, quando si parla di appalti e di percentuali, può giocare dei brutti scherzi e quindi, a distanza di anni, può essere necessario andare a rivedere come si è comportata in passato un’impresa o una cosca mafiosa. E un po’ perché la conoscenza è potere e lo schedario del Padrino vale più di mille pistole: è un archivio pieno di segreti, di nomi, di storie con cui è possibile ricattare una Nazione. Dove si trovi lo sa solo lui. Di certo non è lì. Non è nella masseria e non è nemmeno nell’ovile del suo pastore-guardiano dove tra i cestelli per la ricotta appoggiati a un tavolaccio, una lupara e alcune fotocopie di patenti, spuntano pure i facsimili dei manifestini elettorali del vice-presidente dell’Udc, Savatore Cuffaro, candidato al Senato e quelli del sindaco di Corleone, Nicolò Nicoli, in lista con il minuscolo movimento Patto per la Sicilia.
Tum, Tum, Tum: sotto gli alberi i segugi sono immobili, fermi, pietrificati. Ancora pioggia, ancora silenzio. Poi un rumore, anzi due: un fuoristrada bianco, seguito a poca distanza da un furgone, percorre via del Calvario a bassa velocità, imbocca lo sterrato, si dirige verso il casolare. All’improvviso il guidatore dà gas. Tutto di un botto. Il motore ruggisce, i due veicoli sbucano come dal niente dietro la masseria. Cortese apre lo sportello quando l’auto è ancora in movimento. Giovanni Marino, il pastore guardiano, lo vede e fa per andargli incontro. Forse pensa che sia qualcuno arrivato fin lì per comprare dei formaggi. Forse non pensa niente. Non ne ha il tempo. È per terra già immobilizzato.
Tum,tum,tum,tum,tum: Cortese corre veloce verso la casa. Pistola in pugno rompe il vetro di una finestra, entra in lampo assieme ad altri quattro ispettori, due di Roma e due di Palermo. Passano altri 10 secondi, ma da fuori non si sente trambusto. Alle 11,21, riecheggia solo un urlo: «Preso! preso!». Ed è un urlo che squarcia la quiete, è un urlo che fa accapponare la pelle, mentre gli altri agenti circondano il casolare e lo mettono in sicurezza.
Bernardo Provenzano viene fatto di nuovo sedere. A guardarlo così rannicchiato su una sedia tutto solo, con un giubbotto di blu che gli casca addosso e il foulard bianco al collo per nascondere la cicatrice della vecchia operazione alla tiroide, sembra ancora più malconcio di quanto non pensassero gli investigatori. Quando dopo pochi minuti le trasmissioni vengono interrotte dai tg che danno la notizia del suo arresto del boss, il Padrino prima di alzarsi per seguirli in caserma si rivolge ai poliziotti e dice: «Non sapete quello che state facendo».
Poi a voce bassissima aggiunge: «Sia fatta la volontà di Dio».
*I Complici – Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento – Fazi Editore – 2007 – di Lirio Abbate e Peter Gomez – Capitolo 11 – pagg 281-302